RACCONTO DI NATALE (Ovvero, sull’elogio dell’incoerenza: tra pandemia, legislazione emergenziale e mutamenti giurisprudenziali)

Scritto da: Marco Laddomada - Pubblicato su IUSTLAB




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Articolo di: Marco Laddomada, Natale 2020

 

La storia del mondo è il cammino dell’incoerenza. Da sempre, qualunque sia il punto di riferimento, dalla natura allo spirito, dalla religione alla scienza, dall’etica alla politica, dal diritto alla legge, il nostro pianeta è testimone di uno squisito e inspiegabile manifestarsi dell’incoerenza. Come quando l’Universo, settanta milioni di anni fa, decise di spedire un meteorite sul Golfo del Messico al deliberato scopo di cancellare animali meravigliosi, per poi ripopolare il medesimo pianeta con esseri dotati di una più sottile intelligenza e di una malvagità più pura. Come quando la Chiesa condannava il denaro e l’usura per poi decidere che per un certo periodo la proficua pratica della vendita delle indulgenze poteva ammettersi. E’ la storia, insomma, di chi predica il bene e poi infligge il male; di chi afferma la pace per fare la guerra; di chi esagera coi dolci per poi correre in palestra. E non c’è bisogno di tornare all’estinzione del Cretaceo-Paleocene per vedere questa incoerenza esibirsi in tutta la sua magnificenza. E’ la stessa assurdità che ha permesso a Woody Allen di passare da film come “Io e Annie” a “To Rome with Love” senza troppi pensieri; oppure a Mozart di esprimersi indistintamente tanto con la “Marcia Turca” che con l’ “Eine Kleine Nacthmusik” o con il “Requiem”. E’ la stessa incoerenza che permette al politico di sostenere il bianco per poi applicare il nero e al saggio di coglierne le mille sfumature di grigio. La stessa incoerenza insomma, a dirla con Oscar Wilde, con cui il Libro dei Libri inizia con un uomo e una donna in paradiso e poi finisce con l’Apocalisse.

In senso proprio, si definisce incoerenza la mancanza di coesione fra le parti di un corpo. Che poi, in senso figurato, è la mancanza di connessione logica, di uniformità, di coerenza nelle proprie affermazioni o nel modo di procedere, di fedeltà ai propri principî. Ed evidentemente non esiste solo in natura, aprendo altresì la più grande tematica della psicopatologia, dove tale concetto corrisponde al disturbo dell’ideazione, tipico della schizofrenia, caratterizzato dal susseguirsi di idee senza alcuna continuità e nesso logico.

E’ la stessa incoerenza, a ben vedere, in forza della quale il destino ha deciso che, il giorno prima, il maggior problema dell’uomo dovesse riassumersi con i roghi in Amazzonia, l’incendio di Notre Dame o l’impeachment di Trump; il giorno dopo, come trovare il vaccino per fronteggiare una pandemia mondiale. Ed ancora è la storia di come, una volta trovati i primi vaccini, il virus abbia deciso di mutare la sua forma. Una storia fatta di incoerenze e assurdità, appunto.

E tali assurdità le conosce bene anche l’operaio del diritto: chi, abituato a spalare quotidianamente carbone correndo per i più tetri corridoi dei palazzi di giustizia, è spettatore di tale pervasiva incoerenza. Verità e giustizia, Nomos e Dike, legge e diritto, già son concetti in eterna tensione tra loro. Perché, solo per rammentare qualche esempio, se un tempo si ripudiava lo scioglimento del matrimonio, oggi il divorzio è istituto di ordine pubblico, dovendosi garantire l’irreversibilità della scelta. Seppur con l’ulteriore discrasia di relegarlo a mero istituto e mantenere il matrimonio come istituzione, nonostante la recente Cirinnà, nel regolamentare i più inaspettati profili, si dimentichi poi di prevedere l’obbligo di fedeltà per gli uniti civilmente. Ricordandosi forse il legislatore, a voler parafrasare ancora una volta l’esoso scrittore, che la bigamia è avere un partner di troppo. Ma, probabilmente, lo è anche la monogamia.

E’ la stessa incoerenza che si manifestò allorquando, dopo decenni in cui si sosteneva che l’art. 2043 del Codice Civile, scrigno del neminem laedere, rappresentasse norma di carattere secondario, si decise di affermare non soltanto che è norma di carattere primario, ma che risarcibile deve essere il danno a qualunque interesse giuridico meritevole di tutela. Con i conseguenti e ben noti andamenti altalenanti sul danno risarcibile, tra patrimoniale e non patrimoniale. E, a seguito del moltiplicarsi delle voci descrittive, con San Martino i dubbi non si sono affatto arrestati ma continuano ad impegnare i più curiosi giuristi. Perché quel neminem laedere, in fondo, è diretta espressione dell’effettività della tutela prevista dall’art. 24 della Costituzione. Così come, con altrettanta contraddizione, si passò dal sostenere che l’art. 700 del Codice di procedura civile da mera tutela atipica fosse da considerarsi espressione del medesimo principio costituzionale, dovendosi al contrario ritenere l’ordinamento monco, per incompletezza dei mezzi volti a garantire l’effettività della tutela. E con buona pace dell’animo di Calamandrei che tanto ammirava la tutela cautelare.

E’ la storia, forse, di una incoerenza che nasconde dei necessari compromessi. La Costituzione è forse il nostro più grande esempio di compromesso giuridico-politico. Ma non c’è bisogno di scomodare la Carta Fondamentale, ormai non più tanto di moda, per scoprire l’affinità inevitabile che sussiste – almeno nel mondo giuridico – tra incoerenza e compromessi. Si pensi al concordato giurisprudenziale raggiunto in quel Caffè Greco, a Roma, tra D’Amelio e Santi Romano, così ponendo la parola fine al problema del riparto tra giurisdizione ordinaria e amministrativa, optando per la teoria della causa petendi – o meglio, del petitum sostanziale – ed aprendo tuttavia le porte all’immenso problema di distinguere il diritto soggettivo dall’interesse legittimo. E’ la stessa meravigliosa incoerenza che si trova in tutti i settori del diritto. Nel penale può essere ora il tema dei decorsi causali alternativi, ora il tema della prova scientifica; ora il tema della responsabilità omissiva; dalla Franzese alla Gelli-Bianco il trend è decisamente oscillante. Ma anche in ambito europeo, basti pensare a quanto hanno stabilito le Corti sovranazionali in ambito di famiglia, laddove si è deciso che la materia non può più considerarsi un’isola che può essere solo lambita dal diritto: la vita privata e familiare, così è stato detto, dovrà essere tutelata in maniera rigorosa, in linea con quanto previsto dalla Carta di Nizza e dalla Cedu.

Insomma, nel mondo giuridico le incoerenze si manifestano con forza e sono le medesime che si sono accentuate a seguito della pandemia: dai primi decreti-legge emergenziali, al Cura Italia fino al recente Decreto Natale (decreto-legge 18 dicembre 2020, n. 172), oggi si assiste ad una crisi d’identità, trovandosi il cittadino un giorno di un colore, un giorno di un altro, tra zona rossa, arancio o gialla. Eppure, a dispetto del Covid, la vita deve andare avanti con le sue fisiologiche incoerenze. Ne sono una prova non soltanto i vari Dpcm che con le loro incongruità hanno tentato di regolare questo nuovo e inaspettato evento. Ma la stessa giurisprudenza recente, mentre il virus commetteva i suoi crimini, ha continuato a vivere, manifestando le solite assurdità che abbiamo detto essere insite in tutte le cose. Ed allora si è deciso che l’investitore potrà sì far valere le nullità di protezione, e potrà farlo in maniera selettiva: però attenzione perché esiste il limite dato dall’eccezione di buona fede, così mettendo in crisi il principio di non interferenza tra regole di validità e regole di condotta e proseguendo nell’opera di frantumazione delle nullità. E’ stato detto che l’assegno divorzile non può basarsi sui criteri esterni dell’autosufficienza o del tenore di vita, ma sul contemperamento tra i più ampi principi di solidarietà e autoresponsabilità. E’ stato detto che l’usura sopravvenuta – che è problema ben minore, a questo punto, rispetto alla vendita delle indulgenze di cui si diceva – in fondo non esiste; però attenzione all’abuso del diritto ed al rispetto della buona fede perché allora, forse, il tema non è troppo definito. E’ stato ammesso il negozio fiduciario con libertà di forma e parallelamente si è deciso che il diritto reale di uso esclusivo viola il principio del numerus clausus; e si è detto che il prezzo della grandezza è dato dalla responsabilità, così affermando la natura contrattuale della banca negoziatrice.

Tanto si è visto, in fin dei conti, tra produzione legislativa e giurisprudenziale. Sempre con estrema e naturale incoerenza.

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E’ allora forse possibile lasciare una linea guida ai nostri figli, un filo conduttore in grado di mettere ordine in questo mondo di illogicità?

La verità risiede forse nel fatto che l’Universo, nel suo elogio dell’entropia, è composto dal disordine. Ed allora sono gli opposti che si regolano tra loro. È il caldo che determina il freddo; il dolore che rende più apprezzabile la gioia; la buona fede che limita l’autonomia contrattuale. E’ la tensione che crea il bilanciamento. L’incoerenza che regola il disordine.

Se mi venisse chiesto di lasciare un insegnamento a mia figlia, le direi di non seguire a tutti i costi la coerenza, ultimo rifugio delle persone prive di immaginazione. Di non fronteggiare in maniera testarda l’incoerenza, che paradossalmente porta equilibrio, ma di imparare ad abbracciarla, moderando gli estremi che offre la vita, regolando la ragione con l’istinto, la felicità con la tristezza, lo spirituale col materiale. Allo stesso modo l’incoerenza del diritto e delle leggi sarà, se non spiegabile, almeno più facilmente accettabile. E così la vita, croce e delizia dell’essere umano, in ogni caso abbiamo detto che è composta da schizofreniche assurdità. Inutile prefissarsi una meta, unico trucco è navigare l’onda, cercando di non affondare. Così, a dispetto delle intemperie, sarà possibile affrontare oggi la pandemia, domani qualsiasi altro evento che il destino, con la sua macabra ed originale fantasia, sarà in grado di inventarsi.

Ma arduo, in poche battute, provare a lasciare qualche serio insegnamento ai nostri figli. Che inizialmente amano i genitori. Poi ci giudicheranno. Raramente, se non mai, ci perdoneranno.

Ed allora meglio non esagerare in arroganza. E’ l’esperienza la migliore maestra, che può aiutare da sola a comprendere o almeno ad accettare l’estinzione dei dinosauri, la pandemia mondiale o i mutamenti giurisprudenziali. E tutto quanto detto fino ad ora aveva dunque il solo scopo di provare a spiegare come il disordine a volte sia necessario e di come l’incoerenza possa naturalmente rendere ordine nel caos. Ma tale scopo, come già ammesso, non solo è arduo ma particolarmente arrogante e difficilmente potrà aversi successo in ambizioni tanto elevate.

Male che vada, cercando di essere realisticamente più umili, queste considerazioni sparse potranno restare delle semplici storie. Da poter narrare ai nostri figli, volendo. Come un racconto di Natale.

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Pubblicato da:


Marco Laddomada

Avvocato Civilista - Famiglia e Successioni




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