Pubblicazione legale:
La recente sentenza del Consiglio di
Stato (II, 14.5.2025 n. 4128) affronta la complessa questione del regime
edilizio degli impianti fotovoltaici. La materia è, infatti, caratterizzata da
esigenze contrapposte: da un lato, “l’interesse alla massima diffusione
degli impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili (c.d. favor per le
rinnovabili ..), che vuole una disciplina autorizzatoria improntata alla
semplificazione amministrativa ed all’unicità e concentrazione dell’amministrazione
e del procedimento, in applicazione di esigenze sia di tutela ambientale che di
natura economica e di rispetto degli impegni assunti dal nostro Paese in sede
unionale" e dall’altro, la "necessità, spesso
confliggente, di tutela di altri beni e valori (costituzionalmente rilevanti),
tra cui il paesaggio ovvero, più in generale, il governo del territorio”
(id.).
Il Dpr n. 380/2001, cd. T.U. Ed., per
molto tempo non ha previsto nulla di specifico. Solo nel 2021 è stata inserita al
suo interno una norma apposita, ovvero la lett. e quater dell’art. 6, che includeva
detti impianti nell’elenco delle ipotesi di edilizia libera, a patto però
che ricorressero le complesse condizioni ivi indicate. Detta norma è stata
successivamente abrogata dal dl.gs. n. 190/2024.
A livello europeo, infatti, la
direttiva 2018/2001 ha sancito la regola “per cui le norme nazionali in
materia di procedure amministrative di autorizzazione e di certificazione degli
impianti di produzione di energia da fonti rinnovabili e delle relative reti
debbano essere proporzionate e necessarie e contribuire all’attuazione del
principio energy efficiency first (articolo 15)” (id.). Il d.lgs. n.
199/2021, di recepimento di tale direttiva, è intervenuto dunque, “con
finalità semplificatoria, sulla pregressa sistematizzazione dei regimi generali
di autorizzazione per la costruzione e l’esercizio di impianti a fonti
rinnovabili (articolo 18), prevedendo altresì una disciplina per
l’individuazione delle aree idonee e non idonee all’istallazione degli impianti
a FER (articolo 20) e la riduzione dei tempi per i procedimenti autorizzativi
relativi ad impianti ricadenti in aree idonee (articolo 22)” (id.). Anche
tali disposizioni sono state però in larga parte abrogate dal d.lgs. n.
190/2024.
L’art. 26 co. 4 della legge n. 118/2022
(l. sulla concorrenza 2021), ha infatti previsto “una dettagliata delega al
Governo ad adottare uno o più decreti legislativi di riordino e semplificazione
della normativa in materia di fonti rinnovabili: da qui il d.lgs. 25 novembre
2024, n. 190, che non a caso è andato ad interpolare direttamente il d.P.R. n.
380 del 2001, sia nella parte definitoria (abrogazione della lettera e quater dell’art.
6), che in quella regolatoria (soppressione di specifiche disposizioni che
avrebbero finito per sovrapporsi alla nuova disciplina contenute nell’art. 123)”
(id.).
Ritiene pertanto il Collegio che non vi siano allo stato disposizioni cui possa “essere attribuita portata derogatoria generalizzata delle rimanenti disposizioni del T.u. Ed., nel senso che al di fuori dei rigorosi ambitivi descritti, lo stesso torna(va) ad applicarsi in tutte le sue implicazioni (ivi comprese il differente regime di legittimazione preventiva, in ragione della consistenza dell’intervento e del suo impatto sul territorio)” (id.), in altri termini secondo le disposizioni ordinarie. Tale principio è già stato affermato da una precedente sentenza del Consiglio di Stato, secondo cui deve “ritenersi che la tendenziale derogabilità delle norme del TUED, prevista dall’articolo 9 del citato d.l. n. 17 (ndr del 2022) per la realizzazione di impianti fotovoltaici, valga solo allorquando l’interessato dimostri di non avere possibilità alternative, cioè tecnicamente equivalenti, di installazione in altri luoghi. E comunque, a condizione che, da quest’ultima, egli non ottenga indebiti incrementi di volumetrie e superfici utilizzabili per altri scopi, che non siano strettamente connessi ad esigenze tecniche perché, in quest’ultimo caso, è evidente che l’intervento comunque richiede la necessità del titolo edilizio maggiore, ossia il permesso di costruire” (Cons. Stato, sez. IV, 9 ottobre 2024, n. 8113).