Pubblicazione legale:
Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con la sentenza n.
23093 dell’11 agosto 2025, hanno definitivamente riconosciuto la
legittimità della rinuncia unilaterale alla proprietà
immobiliare, anche per motivi puramente personali, con
acquisizione automatica del bene al patrimonio dello Stato
ai sensi dell’art. 827 c.c.
La decisione trae origine da due
giudizi nei quali i proprietari avevano rinunciato, con atto
notarile, ai rispettivi immobili ormai privi di utilità economica,
gravati da vincoli e oneri tali da renderne impossibile l’uso o la
valorizzazione.
Il Ministero dell’Economia e l’Agenzia del
Demanio avevano impugnato gli atti, sostenendo che nel nostro
ordinamento non esisterebbe una facoltà di rinuncia abdicativa alla
proprietà immobiliare e che, quindi, tali atti sarebbero contrari
alla legge o comunque privi di causa meritevole di tutela.
La questione ha riacceso un
dibattito antico: da un lato la funzione sociale della
proprietà sancita dall’art. 42 Cost., dall’altro il
diritto del proprietario di disporre liberamente del bene
riconosciuto dall’art. 832 c.c.
Con una pronuncia destinata a
segnare un punto fermo, la Cassazione ha stabilito che il
proprietario può liberarsi del proprio bene immobile
mediante un atto unilaterale non recettizio, senza che sia
necessario il consenso dell’Amministrazione o che questa possa
opporsi.
Il rifiuto della rinuncia – spiega la Corte –
equivarrebbe a imporre al cittadino un “dovere di restare
proprietario”, privo di fondamento costituzionale. L’art.
42 Cost., infatti, non impone la proprietà come obbligo per motivi
di interesse generale.
La Suprema Corte ha inoltre
chiarito che non è sindacabile il fine “egoistico”
del proprietario che intenda rinunciare: il giudice non può
valutarne la meritevolezza, salvo che il legislatore introduca limiti
specifici. L’effetto automatico dell’acquisizione statale è una
semplice conseguenza legale della vacanza del bene, e non un elemento
che incide sulla validità dell’atto.
L’atto di rinuncia deve essere
redatto per atto notarile e trascritto nei registri
immobiliari, con successiva comunicazione all’Agenzia
del Demanio. La sua validità, tuttavia, non dipende da quest’ultima
formalità.
La Corte ha precisato che la rinuncia non può
essere usata come strumento elusivo per
sottrarsi a responsabilità pregresse o a obblighi già maturati,
come il pagamento di imposte o l’esecuzione di ordinanze di
bonifica. Restano, inoltre, esercitabili dai creditori eventuali
azioni revocatorie nei confronti del
rinunciante.
La pronuncia delle Sezioni Unite
segna una svolta storica: la proprietà non è più un
vincolo ineludibile, ma un diritto liberamente disponibile
anche in senso “negativo”.
In un’epoca in cui molti
immobili perdono valore o diventano fonte di oneri insostenibili, la
Corte riconosce al cittadino la possibilità di restituire il
bene allo Stato, affermando un principio di libertà
proprietaria coerente con la realtà economica contemporanea.