Pubblicazione legale:
In materia di responsabilità per danni da cose in custodia, la norma di riferimento della fattispecie è l’art. 2051 c.c., secondo cui “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito.”
II Comune, quindi, in qualità di proprietario e custode delle strade che si trovano nel proprio territorio, risponde delle lesioni subite dal danneggiato a causa della strada ammalorata, fatta salva l’ipotesi in cui in cui dimostri il caso fortuito. Pertanto, la responsabilità del Comune ha natura oggettiva, poiché la normativa prevede una presunzione di responsabilità che inverte l’onere probatorio rispetto alla regola generale in tema di illecito extracontrattuale posta dall’art. 2043 c.c., sicché il comportamento del danneggiato-conducente può assumere rilevanza causale ai fini dell’esclusione del risarcimento del danno, ex art. 1227 c.c., solo se riveste natura eccezionale, abnorme e non sia immediatamente prevedibile o eliminabile dal custode, neppure con la più diligente attività di manutenzione della strada.
Tuttavia, nella giurisprudenza di merito e di legittimità si sta via via sviluppando un orientamento a dir poco creativo ed incompatibile con il dato letterale, nonché contrastante con gli ordinari canoni di attribuzione degli obblighi e delle conseguenti responsabilità in capo alla Pubblica Amministrazione.
Invero, ai sensi del suddetto orientamento della giurisprudenza, fortunatamente non univoco e che deve ritenersi assolutamente non condivisibile, le buche sulle strade costituiscono insidie, con conseguente responsabilità del Comune-custode dei danni subiti dall’utente della strada, solo allorché le stesse non risultino visibili, evitabili e prevedibili dall’utente della strada.
Ad esempio, Cassaz. n. 17433/2019 sostiene che il danneggiato, caduto rovinosamente dal motorino all’ora di mezzanotte circa, non ha diritto al risarcimento del danno, neanche in misura parziale, nonostante si tratti di strada priva di illuminazione e di asfalto, nonché cosparsa di buche ricoperte da foglie e ricolma di acqua, solo ed esclusivamente perché il danneggiato stesso poteva essere edotto della presenza delle buche, trattandosi di strada che conduceva all'abitazione della madre. Pertanto, secondo la Cassazione, la circostanza che le buche non risultino visibili, nonché che la strada sia priva di asfalto e completamente dissestata, non rileva, giacché il danneggiato, conoscendo lo stato dei luoghi, avrebbe potuto evitarle, adottando le ordinarie regole di cautela.
A nostro avviso, invece, ben avrebbe fatto la Cassazione, al massimo, a ritenere sussistente un concorso di colpa tra Comune e conducente del ciclomotore, ex art. 1227 c.c., con attribuzione preponderante della responsabilità a carico del Comune stesso.
Una parte della giurisprudenza, quindi, sulla scorta di un’interpretazione creativa del dato letterale, solleva totalmente il Comune dalla responsabilità e dal conseguente risarcimento del danno da cose in custodia, attribuendo la responsabilità esclusiva dell’evento dannoso all’utente della strada, a meno che le buche siano non visibili, imprevedibili e non evitabili con l’uso dell’ordinaria diligenza.
Un orientamento di tal genere, peraltro, nel momento in cui esime il Comune da responsabilità laddove la buca risulti “visibile”, “prevedibile” ed “evitabile” (si può pensare quindi ad un orario di giorno e, ad esempio, al tragitto che ognuno percorre quotidianamente per andare a lavoro) potrebbe risultare assai pericoloso, perché costringe il conducente a guardare, oltre che la strada, anche le eventuale buche site sul manto della stessa, con conseguente pericolo per sé stesso e per gli altri utenti, di fatto legittimando una condotta della Pubblica Amministrazione contrastante con i doveri costituzionalmente imposti.