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I diritti del convivente di fatto

Scritto da: Mauro Pietrangeli Bernabei - Pubblicato su IUSTLAB




Pubblicazione legale:

La convivenza di fatto è disciplinata dalla L. 76/2016 (c.d. L. Cirinnà).
A differenza del matrimonio e delle unioni civili, la convivenza di fatto è aperta a tutti: etero ed omosessuali: l’elemento essenziale è che vi sia uno stabile legame affettivo.
RAPPORTI PERSONALI TRA CONVIVENTI DI FATTO
Dal punto di vista del rapporto personale la novella introduce tre fondamentali diritti del convivente:
a. Il diritto di visita in caso di malattia o ricovero di uno dei due conviventi, nonché il diritto di accedere alle informazioni personali, alla stessa stregua del coniuge o di un familiare;
b. Il diritto di designare l’altro convivente quale proprio rappresentante, attraverso un atto da redigersi in forma scritta ed autografa o, in alternativa, alla presenza di un testimone. In tali ipotesi il convivente designato potrà prendere sia decisioni in materia di salute, nel caso in cui l’altro sia affetto da una malattia che comporta incapacità d’intendere e di volere, sia decisioni in materia di donazioni di organi, modalità di trattamento del corpo e celebrazioni funerarie per il caso che l’altro muoia;
c. Il diritto di nominare il proprio convivente quale proprio tutore, curatore o amministratore di sostegno, qualora si versi in stato di interdizione, inabilitazione ovvero ricorrano i presupposti di cui all’articolo 404 del Codice civile.
RAPPORTI PATRIMONIALI TRA CONVIVENTI DI FATTO
Per quanto riguarda i rapporti patrimoniali, la legge riconosce in ogni caso al convivente di fatto tre fondamentali diritti patrimoniali:
a. Il diritto ad esser preferiti nelle graduatorie per l’assegnazione delle case popolari, nell’ipotesi in cui l’appartenenza ad un nucleo familiare costituisca titolo di preferenza;
b. Il diritto di lavorare nell’azienda familiare dell’altro convivente, partecipando così agli utili ed agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, in misura proporzionale alla qualità e alla quantità del lavoro svolto.
c. Il diritto a ricevere il risarcimento del danno nel caso in cui l’altro convivente muoia per una causa derivante da fatto illecito compiuto da terzi ex articolo 2043 del Codice civile (risarcimento peraltro già riconosciuto, se adeguatamente provato, precedentemente all’emanazione della L. Cirinnà).
d. In caso di cessazione della convivenza di fatto, la legge prevede il diritto del convivente, che versi in stato di bisogno e non sia in grado di provvedere al proprio mantenimento, di ricevere dall’altro gli alimenti. Si precisa che gli alimenti cono cosa diversa dal mantenimento.
Fuori da questi casi, che vengono riconosciuti in ogni caso al convivente di fatto, esiste la figura del contratto di convivenza con il quale i conviventi possono regolare fra di loro i rapporti patrimoniali come meglio credono.
I CONTRATTI DI CONVIVENZA
Con i contratti di convivenza siamo nell’ambito dell’autonomia negoziale delle parti, nella misura in cui il ricorso a tale fattispecie è volto a regolare liberamente i rapporti patrimoniali tra conviventi.
L’autonomia negoziale è quella disciplinata al capoverso dell’articolo 1322 del Codice civile e che, conseguentemente, non può sottrarsi al controllo di meritevolezza e di legittimità previsto dalla legge.
PROFILI SUCCESSORI TRA CONVIVENTI DI FATTO
Il legislatore ha voluto positivizzare determinati diritti successori in capo ai conviventi:
a. Il diritto di abitazione della casa di comune residenza:
L’incipit della norma fa salvo quanto previsto dall’articolo 337-sexies del Codice civile per il caso in cui vi siano figli minorenni o maggiorenni non economicamente autosufficienti: in tal caso viene assegnato al convivente, su provvedimento giudiziale conseguente alla cessazione del rapporto di convivenza, un diritto personale di godimento (non il diritto di abitazione) sulla casa familiare.
Fuori da questa ipotesi, nei casi di premorienza di uno dei due conviventi, l’altro ha diritto all’abitazione per due anni ovvero per un periodo pari alla convivenza, se superiore, e comunque non oltre i cinque anni.
Ove con la coppia di conviventi coabitassero figli minori o figli disabili del convivente superstite, il medesimo ha diritto di continuare ad abitare nella casa di comune residenza per un periodo non superiore a tre anni.
Chiaramente il diritto di abitazione viene meno nel caso in cui il convivente superstite cessi di abitarvici stabilmente, contragga matrimonio od unione civile, ovvero intraprenda una nuova convivenza di fatto;
b. Il diritto di succedere al convivente premorto nel contratto di locazione della casa adibita a comune residenza da quest’ultimo stipulato.
c. Resta in ultima istanza pienamente valido un testamento che istituisca erede o legatario il convivente di fatto, in tal caso dovendosi solo valutare gli eventuali profili di illegittimità scaturenti dalla possibile lesione dei diritti riconosciuti dalla legge ai legittimari.



Pubblicato da:


Mauro Pietrangeli Bernabei

Avvocato civilista, lavorista e tributarista