È possibile rinunciare a una proprietà? Cosa prevede la legge in questi casi? La dottrina prevalente sembra propendere per questa opportunità: vediamo più nel dettaglio cosa affermano gli esperti.
La rinuncia alla proprietà è una manifestazione di volontà unilaterale, non recettizia, da esprimere in forma scritta se riguarda beni immobili o beni mobili registrati e soggetta a trascrizione. Nel momento in cui essa viene espressa, si ha un effetto immediato di abdicazione del diritto, nonché altri effetti successivi, indiretti ed eventuali, che riguarderanno per esempio l'accrescimento della quota degli altri comproprietari.
L'ammissibilità della rinuncia al diritto di proprietà è oggetto di ampi dibattiti tra gli interpreti, che si trovano a far fronte a casi specifici nella prassi quotidiana, spesso controversi. La rinuncia potrebbe, infatti, venire manifestata per ottenere dei vantaggi particolari: è il caso, per esempio, del coniuge comproprietario di un immobile acquistato con benefici per la prima casa, che rinuncia alla sua quota per acquistare una nuova casa e usufruire di nuove agevolazioni.
La rinuncia alla proprietà può, in questi casi, evitare il ricorso a fattispecie come le vendite simulate o le donazioni senza animus donandi, permettendo di realizzare l'interesse delle parti senza ricorrere a finzioni. Nel nostro ordinamento, tuttavia, non esiste una norma che disciplini in maniera esplicita l'istituto della rinuncia, la cui definizione viene ricavata da diverse fattispecie presenti nel Codice Civile, aprendo dunque a interpretazioni di varia natura.
Le opinioni sul tema della rinuncia alla proprietà sono molto diverse tra loro. La tesi negativa porta a suo favore diverse argomentazioni, che partono proprio dalla mancanza di una regolamentazione generale del tema e dal fatto che l'istituto può prestarsi facilmente ad abusi da parte di privati che mirano ad aggirare tasse e oneri. La rinuncia, inoltre, andrebbe in contrasto con il carattere perpetuo del diritto di proprietà e permetterebbe a un soggetto di incidere sulla sfera giuridica di un terzo senza il suo consenso.
D'altro canto, i favorevoli criticano tali argomentazioni osservando che, pur non esistendo una norma specifica in materia, non esiste comunque alcuna norma che vieti tale scelta. L'analisi delle varie norme presenti nel codice porterebbe, anzi, a evidenziare una generale ammissibilità dell'istituto. In quanto diritto disponibile, la proprietà deve essere considerata rinunciabile, senza difficoltà per ciò che riguarda il principio di perpetuità della proprietà, che non può essere considerato un carattere indefettibile del diritto di proprietà.
In virtù delle argomentazioni brevemente espresse e di altre approfondite nel corso degli anni, si può affermare che la dottrina prevalente ammette la rinunciabilità del diritto di proprietà, che oggi sembra condivisa anche dalla giurisprudenza.