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Successioni e diritti ereditari: i diritti dei legittimari

Scritto da: Monica Battaglia - Pubblicato su IUSTLAB

Pubblicazione legale:

Quando una persona viene a mancare, si presenta il problema della ripartizione del patrimonio tra i legittimi eredi. Forse non tutti sanno che esiste una "quota legittima" a cui hanno diritto figli, ascendenti e coniuge: queste figure possiedono tali diritti sia nel caso di successione senza testamento, sia in caso di successione testamentaria, anche se con alcune differenze. Scopriamo quali.

La quota legittima

Per quanto riguarda il patrimonio, esistono due quote complementari: la quota legittima e la quota disponibile. Il codice civile definisce la quota di cui i vari legittimari hanno diritto, costituendo anche uno speciale diritto al coniuge del defunto che sussiste anche in presenza di testamento. Sono diversi, dunque, gli aspetti che concorrono alla determinazione delle singole quote: in primis, il rapporto di parentela, seguito da eventuali categorie di successibili e, ovviamente, alla presenza di più legittimari. In caso di separazione, il coniuge separato senza addebito può avvalersi degli stessi diritti di un coniuge non separato; nel caso di divorzio, invece, l'ex coniuge non godrà più dei diritti di quota legittima.

A chi spetta la quota legittima

Abbiamo già accennato che i legittimari sono figli e discendenti, coniugi e ascendenti, che sussistono solo col verificarsi di determinati requisiti.

Se il figlio è uno solo, a lui spetterà almeno la metà del patrimonio lasciato in eredità. Se, invece, i figli sono più di uno, avranno diritto ad almeno due terzi del patrimonio. Se, al contrario, il defunto non aveva figli, agli ascendenti andrà un terzo del patrimonio ereditario. Qualora questi ultimi concorressero col coniuge, avranno diritto a un quarto, mentre al coniuge andrà metà del patrimonio. E ancora, se il coniuge non si trovasse a concorrere con altri legittimari o con i soli ascendenti, avranno diritto, oltre alla metà del patrimonio come già specificato, ai diritti di abitazione nella residenza della famiglia, inclusiva dei mobili.

Se, infine, il coniuge si trovasse a concorrere con un figlio, ciascuna delle due parti avrà diritto ad almeno un terzo a testa, mentre se i figli sono più di uno avranno congiuntamente diritto ad almeno metà del patrimonio; al coniuge, di conseguenza, spetterà una legittima di un quarto.

Come si calcola la quota legittima

Il calcolo della quota legittima da ripartire tra gli eredi è un'operazione complessa, regolata dall'articolo 556 del codice civile. Bisogna, infatti, sommare tutte le entità patrimoniali (da intendersi al netto di eventuali debiti) con le entità patrimoniali di eventuali donazioni dirette e indirette eseguite dal defunto quando era ancora in vita. Il risultato verrà considerato la quota disponibile, pronta da suddividere tra figli, coniugi e ascendenti.


Avv. Monica Battaglia - Avvocato civilista a Roma

Studio fondato nel 1948 dall'Avv. Giuseppe Battaglia (1922-1995). L'Avv. Monica Battaglia, laureata presso l'Università La Sapienza di Roma con votazione di 110/110 e Lode, svolge la professione di avvocato da oltre 30 anni nel settore civile e amministrativo con particolare riferimento al diritto ereditario, di famiglia, immobiliare, contrattuale. Cassazionista e Mediatore presso l'Organismo di Mediazione Forense di Roma. Aree di Attività: Amministrativo, Civile, Condominio, Famiglia e Successioni, Lavoro, Locazioni, Immobiliare




Monica Battaglia

Esperienza


Diritto immobiliare

Seguo il cliente nelle compravendite immobiliari dalla fase delle trattative fino alla stipula del rogito. Curo il rapporto plurimo, con la controparte contrattuale, con il mediatore immobiliare, con l'ente erogatore dell'eventuale mutuo. E' importante che tutti gli aspetti ricevano assistenza scrupolosa e attenta: dalle problematiche di regolarità urbanistica dell'immobile alla provvigione dell'agenzia immobiliare, dai rapporti con la controparte alla conclusione del preliminare, dalla fissazione dei termini al versamento della caparra. Nell'ambito del diritto immobiliare curo anche azioni a difesa della proprietà e del possesso.


Eredità e successioni

Tratto abitualmente la materia delle successioni: problematiche legate all'invalidità di testamenti e relative impugnazioni, lesioni dei diritti dei legittimari, assistenza nella predisposizione di volontà testamentarie, controversie sulla gestione di beni ereditari. La rappresentanza legale è ovviamente garantita anche nella fase della mediazione obbligatoria, preventiva alla eventuale azione giudiziaria; fondamentale avere un approccio costruttivo durante la mediazione, che può condurre ad accordi di riconoscimento dei diritti con reciproca soddisfazione e in un tempo breve.


Diritto di famiglia

Il diritto di famiglia va trattato con cautela e competenza, non potendo ridursi a una guerra sulle questioni economiche. Il mio punto di vista è sempre la tutela delle persone, tanto più se vittime della crisi familiare, come sono, primi fra tutti, i minori. Per queste ragioni, il mio approccio alla separazione o al divorzio è principalmente razionale e tende a raggiungere il massimo risultato per il cliente senza trascinarlo in un contenzioso sfibrante. Nell'ambito della mia esperienza, ho curato anche gli interessi di minori adolescenti nell'ambito delle problematiche di famiglia.


Altre categorie:

Separazione, Divorzio, Affidamento, Contratti, Locazioni, Diritto civile, Recupero crediti, Arbitrato, Mediazione, Negoziazione assistita, Matrimonio, Stalking e molestie, Cassazione, Domiciliazioni, Unioni civili, Tutela dei minori, Diritto commerciale e societario, Proprietà intellettuale, Marchi, Diritto assicurativo, Pignoramento, Diritto del lavoro, Licenziamento, Diritto penale, Violenza, Diritto amministrativo, Ricorso al TAR, Diritto condominiale, Sfratto, Diritto dei trasporti terrestri, Incidenti stradali, Tutela del consumatore, Malasanità e responsabilità medica, Risarcimento danni.


Referenze

Pubblicazione legale

Violazione delle distanze fra costruzioni e risarcimento del danno

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La violazione delle norme sulle distanze fra costruzioni comporta il diritto, per il proprietario confinante, di ottenere sia la tutela in forma specifica (ripristino della situazione antecedente l’illecito, mediante demolizione) che la tutela risarcitoria. A lungo la Giurisprudenza ha ritenuto che chi agiva per il risarcimento del danno da violazione delle distanze dovesse dimostrare la sussistenza e l’entità del pregiudizio subìto. Le più recenti pronunce della Suprema Corte di Cassazione, al contrario, sono nel senso di considerare il danno in re ipsa , senza necessità che il danneggiato ne fornisca la prova. Il pregiudizio del confinante si ritiene quindi effetto diretto, certo e indiscutibile, dell’abusiva imposizione di una servitù nel proprio fondo, e quindi della limitazione del relativo godimento, che si traduce in una diminuzione temporanea (fino alla demolizione dell’opera abusiva) del valore della proprietà. Resta sempre salva, ovviamente, la possibilità, per la parte che ha realizzato la costruzione in violazione delle distanze, di dimostrare che il danno non sussiste, ad esempio per le particolari caratteristiche dei luoghi, oppure per le modalità in cui si è realizzata la lesione.

Pubblicazione legale

I diritti reali: diritto di accessione e comunione

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Una recente sentenza della Cassazione a Sezioni Unite ha chiarito uno dei punti più controversi in materia di diritti reali, ossia il contrasto tra accessione e comunione. La decisione nasce dal caso specifico portato innanzi al Tribunale di Venezia, nel quale un attore proprietario pro-indiviso di un terreno chiedeva lo scioglimento della comunione, con attribuzione delle proprie quote di spettanza in relazione ai fabbricati edificati al piano interrato e seminterrato dal solo altro comproprietario. La società comproprietaria del terreno chiedeva, dunque, in proprio favore, la proprietà esclusiva del corpo edilizio interrato, ricevendo parere favorevole del Tribunale. Diritto di accessione e terzietà del costruttore Nel caso specifico, la domanda alla base del problema sollevato riguardava la necessità della terzietà del costruttore rispetto alla proprietà del bene. Secondo alcuni membri del Collegio, l'istituto dell'accessione andrebbe applicato anche nei casi in cui il costruttore non sia soggetto terzo rispetto al proprietario; mentre un orientamento più recente vede l'accessione come un istituto applicabile solo quando chi costruisce è un soggetto terzo rispetto al proprietario del bene. Nel dirimere la questione, la Cassazione ha inteso applicare l'istituto dell'accessione senza alcuna limitazione o differenza relativa al soggetto che ha eseguito l'opera, fondando la sua decisione sul fatto che l'accessione costituisca un'espressione del carattere assoluto del diritto di proprietà. Il diritto di accessione si applica, dunque, a prescindere dal fatto che il costruttore sia proprietario o meno del fondo: nello stabilire tale principio, la Cassazione sottolinea come nessuna norma del codice civile affermi che l'accessione si applichi solo se chi costruisce è un soggetto terzo ma, anzi, l'art. 934 c.c. non contiene alcun riferimento soggettivo al costruttore. Accessione e disciplina della comunione La definizione di accessione non contrasta con la disciplina della comunione. Secondo la Corte, infatti, le norme in materia di comunione regolano i rapporti tra comproprietari nell'uso e nel godimento della cosa comune, ma non incidono sui modi di acquisto della proprietà o sulle azioni attuate per mutare l'assetto della proprietà. Tali norme, anzi, escluderebbero che uno solo dei comproprietari possa divenire proprietario esclusivo dell'opera e del suolo comune su cui essa insiste. Le Sezioni Unite arrivano dunque a criticare la sentenza della Corte di Appello di Venezia anche in merito al punto secondo cui il bene diverrebbe di proprietà comune solo se eseguito in conformità alle regole che disciplinano la comunione. La Corte sottolinea infatti come tale ragionamento rischi di premiare chi viola la disciplina della comunione. La Cassazione afferma dunque che la soluzione della Corte di Appello di Venezia, secondo cui il comproprietario non costruttore possa perdere la proprietà della cosa comune per semplice iniziativa dell'altro comproprietario, sia da considerare “contraria a ogni logica e al senso comune e al senso di giustizia”

Pubblicazione legale

La rinuncia alla proprietà: tutte le interpretazioni

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È possibile rinunciare a una proprietà? Cosa prevede la legge in questi casi? La dottrina prevalente sembra propendere per questa opportunità: vediamo più nel dettaglio cosa affermano gli esperti. Come rinunciare alla proprietà La rinuncia alla proprietà è una manifestazione di volontà unilaterale, non recettizia, da esprimere in forma scritta se riguarda beni immobili o beni mobili registrati e soggetta a trascrizione. Nel momento in cui essa viene espressa, si ha un effetto immediato di abdicazione del diritto, nonché altri effetti successivi, indiretti ed eventuali, che riguarderanno per esempio l'accrescimento della quota degli altri comproprietari. L'ammissibilità della rinuncia al diritto di proprietà è oggetto di ampi dibattiti tra gli interpreti, che si trovano a far fronte a casi specifici nella prassi quotidiana, spesso controversi. La rinuncia potrebbe, infatti, venire manifestata per ottenere dei vantaggi particolari: è il caso, per esempio, del coniuge comproprietario di un immobile acquistato con benefici per la prima casa, che rinuncia alla sua quota per acquistare una nuova casa e usufruire di nuove agevolazioni. La rinuncia alla proprietà può, in questi casi, evitare il ricorso a fattispecie come le vendite simulate o le donazioni senza animus donandi, permettendo di realizzare l'interesse delle parti senza ricorrere a finzioni. Nel nostro ordinamento, tuttavia, non esiste una norma che disciplini in maniera esplicita l'istituto della rinuncia, la cui definizione viene ricavata da diverse fattispecie presenti nel Codice Civile, aprendo dunque a interpretazioni di varia natura. Opinioni sulla rinuncia alla proprietà Le opinioni sul tema della rinuncia alla proprietà sono molto diverse tra loro. La tesi negativa porta a suo favore diverse argomentazioni, che partono proprio dalla mancanza di una regolamentazione generale del tema e dal fatto che l'istituto può prestarsi facilmente ad abusi da parte di privati che mirano ad aggirare tasse e oneri. La rinuncia, inoltre, andrebbe in contrasto con il carattere perpetuo del diritto di proprietà e permetterebbe a un soggetto di incidere sulla sfera giuridica di un terzo senza il suo consenso. D'altro canto, i favorevoli criticano tali argomentazioni osservando che, pur non esistendo una norma specifica in materia, non esiste comunque alcuna norma che vieti tale scelta. L'analisi delle varie norme presenti nel codice porterebbe, anzi, a evidenziare una generale ammissibilità dell'istituto. In quanto diritto disponibile, la proprietà deve essere considerata rinunciabile, senza difficoltà per ciò che riguarda il principio di perpetuità della proprietà, che non può essere considerato un carattere indefettibile del diritto di proprietà. In virtù delle argomentazioni brevemente espresse e di altre approfondite nel corso degli anni, si può affermare che la dottrina prevalente ammette la rinunciabilità del diritto di proprietà, che oggi sembra condivisa anche dalla giurisprudenza.

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