Interessi moratori e altre componenti ai fini della determinazione del tasso usuraio Ordinanza Cass., sez. I, 22.10.2019 n. 26946 di rimessione alle Sezioni Unite
L’incerto panorama che da tempo contrassegna la materia di determinazione del tasso usurario ha recentissimamente registrato un ennesimo delicato passaggio con la Ordinanza della prima Sezione della Cassazione che ha rimesso alle Sezioni Unite l’intricata problematica sui criteri di determinazione dell’usura.
Per ovvie ragioni di brevità non starò qui ad illustrare i termini dell’articolato dibattito alimentato negli anni da insigni autori certamente più qualificati di chi scrive, sullo scottante tema della incidenza sul tasso soglia degli interessi moratori e sulle modalità di computo di questi, più semplicemente mi limiterò a qualche breve riflessione sui quei profili problematici che finora non hanno trovato adeguata risposta tampoco con la pure nota recente pronuncia a Sezioni Unite del 20.6.2018 (Cass. S.U. 20.6.2018 n. 16603) che pareva avere, in qualche modo, sopito i contrasti di poi puntualmente riaffiorati con la successiva Sentenza della terza sezione (c.f.r. Cass. Sez. III - 30.10.2018 n. 27442 – rel. Dr. Rossetti) nella quale tutto è stato rimesso in discussione con l’affermazione “è nullo il patto col quale si convengono interessi convenzionali moratori che, alla data della stipula, eccedano il tasso soglia di cui all’art. 2 della l. 7.3.1996 n. 108, relativo al tipo di operazione cui accede il patto di interessi moratori convenzionali”
Il ragionamento in sintesi estrema ruota sul rilievo che le rilevazioni del tasso effettivo globale medio (T.E.G.M.) vengono effettuate trimestralmente sulla base di rilevazioni statistiche che fanno esclusivo riferimento ai tassi corrispettivi e che analoghe rilevazioni non sono state, invece, mai compiute con riferimento ai tassi di mora, ciò, è stato spiegato, sarebbe dovuto al fatto della loro natura non necessaria, bensì, come prima accennato, meramente eventuale, in quanto dovuti soltanto nel caso di inadempimento.
Se dunque è vera la circostanza che il T.E.G.M. (e conseguentemente il tasso soglia) sono stabiliti in forza di rilevazioni statistiche condotte esclusivamente con riferimento agli interessi corrispettivi (oltre alle spese, commissioni e oneri accessori all’erogazione del credito), tutto questo porta ovviamente a concludere come, allo stato, non si possa pretendere di confrontare la pattuizione relativa agli interessi di mora con il tasso soglia così determinato, al fine di accertare se i primi siano o meno usurari. Così operando, infatti, si giunge a una rilevazione priva di qualsiasi affidabilità scientifica e logica, prima ancora che giuridica, in quanto si pretenderebbe di raffrontare fra di loro entità disomogenee (il tasso di interesse moratorio pattuito ed il tasso soglia calcolato in forza di un T.E.G.M. che non considera gli interessi moratori, ma solo quelli corrispettivi). In sostanza, quindi, secondo questa impostazione, pur volendo ritenere corretto il principio di diritto più volte enunciato dai Giudici di legittimità, ad oggi, tuttavia, una verifica in termini oggettivi della natura usuraria degli interessi di mora risulta impedita dall’assenza di un termine di raffronto, ossia di un tasso soglia, che sia coerente con il valore che si vuole raffrontare. Pertanto, fino a quanto non verrà prevista a livello ministeriale una rilevazione del T.E.G.M. specifico anche per gli interessi di mora non sarà possibile operare uno scrutinio di questi ultimi in termini di usura oggettiva. Come a dire che il tasso moratorio in teoria ed in linea di principio necessita anch’esso di una verifica in termini di usurarietà oggettiva, ma in pratica ciò non è (ancora) possibile per mancanza del termine di raffronto.
E’ stato pure sostenuto il principio della necessaria simmetria tra tasso globale medio e tasso effettivo globale del singolo rapporto, il che dovrebbe comportare la conseguenza (e la posizione delle Sezioni unite della Suprema Corte appare chiara in tal senso) che, laddove tale simmetria non venisse rispettata, i decreti ministeriali trimestrali di rilevazione del TAEGM che non includano taluni elementi, tra cui gli interessi di mora ed altre importanti voci, attesa la natura di provvedimenti amministrativi, questi andrebbero ritenuti illegittimi per violazione della legge 108/96 e succ. int. in quanto fonti secondarie adottati in applicazione della predetta fonte legislativa e perciò suscettibili di essere disapplicati da parte del Giudice ordinario.
Venendo, infine, all’Ordinanza di rimessione alle Sezioni Unite di recente conio, la n. 26946 del 22.10.2019, appare chiara la preoccupazione della Suprema Corte di pervenire in breve ad una sintesi definitiva che finalmente crei stabilità in questo delicato settore nel quale si registra un contenzioso giunto a livelli non più controllabili che tanto disorientamento sta disseminando nei vari fori con pronunce spesso a dir poco sorprendenti e con pesanti riflessi sull’economia e sul mercato del credito più in generale. Come i più avranno avuto modo di leggere, i quesiti proposti dalla prima sezione remittente sono di una puntualità tale che difficilmente la Sezioni Unite in questa occasione si sottrarranno dal fornire quel decisivo orientamento nomofilattico che tutti ci attendiamo. Si parte dal primo quesito nel quale la remittente sezione chiede se la lettera degli articoli 644 c.p. e 2 l. n. 108/1996, nonchè le indicazioni emergenti dai lavori preparatori di quest’ultima legge (altro fondamentale canone interpretativo ricompreso pure nell’art. 12 delle disp. sulla legge in generale – c.d. preleggi) escludano l’assoggettamento degli interessi di mora alla disciplina antiusura in quanto non costituenti oggetto di rilevazione ai fini della determinazione del TEGM, nonché (e siamo al secondo quesito) se ai fini della verifica in ordine al carattere usurario degli interessi, sia sufficiente la comparazione con il tasso soglia determinato in base alla rilevazione del TEGM di cui all’art. 2, comma 1, l. n. 108/1996, oppure se la mera rilevazione del relativo tasso medio imponga di verificarne l’avvenuto superamento nel caso concreto e con quali modalità. Come ben si vede siamo ad un passaggio cruciale che speriamo conduca ad approdi significativi e stimoli, finalmente l’indolente legislatore ad assumersi le sue responsabilità ponendosi, così fine a questa infinita fase di supplenza della giurisdizione i cui effetti sono purtroppo sotto gli occhi di tutti.
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