Il matrimonio nell'ordinamento italiano

Scritto da: Natascia Carignani - Pubblicato su IUSTLAB




Pubblicazione legale:

Il matrimonio è un negozio giuridico ed è regolato nell’ordinamento giuridico italiano dal Libro Primo del Codice Civile cosiddetto “Delle persone e della famiglia“. La collocazione del matrimonio nell’ambito del Primo Libro del Codice Civile esclude che l’istituto del matrimonio sia da ricomprendersi nella disciplina dei contratti che viene trattata nel Libro Quarto del Codice Civile. La convenzione matrimoniale è il contratto con il quale i coniugi stabiliscono un regime patrimoniale coniugale diverso dalla comunione legale, e cioè il regime di separazione dei beni o di comunione convenzionale.

La Costituzione italiana dedica alla famiglia tre articoli (collocati all’interno del Titolo II intitolato “Rapporti etico-sociali”).

L’art. 29 stabilisce che

“La Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio.

Il matrimonio è ordinato sulla eguaglianza morale e giuridica dei coniugi, con i limiti stabiliti dalla legge a garanzia dell’unità familiare”.

L’art. 30 stabilisce che

“È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori del matrimonio.

Nei casi di incapacità dei genitori, la legge provvede a che siano assolti i loro compiti.

La legge assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale, compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.

La legge detta le norme e i limiti per la ricerca della paternità”.

L’art. 31 stabilisce che

“La Repubblica agevola con misure economiche e altre provvidenze la formazione della famiglia e l’adempimento dei compiti relativi, con particolare riguardo alle famiglie numerose.

Protegge la maternità, l’infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo”.

Diversi tipi di matrimonio in Italia

In Italia sono previste tre forme di matrimonio, quello civile, quello solo religioso e quello religioso con effetti civili (matrimonio concordatario). I matrimoni religiosi i cui effetti sono riconosciuti civilmente dallo Stato italiano sono quelli celebrati davanti a un ministro di culto della confessione religiosa che ha stipulato un’intesa con lo Stato italiano. Il matrimonio cattolico valido solo ai fini religiosi viene definito matrimonio canonico. Attualmente sono riconosciuti i matrimoni celebrati davanti a ministri di culto delle seguenti confessioni religiose:

Matrimonio concordatario

Nel diritto civile italiano, il matrimonio concordatario è il matrimonio canonico trascritto al quale lo Stato riconosce, a certe condizioni, effetti civili. Attualmente è regolato dall’art. 8 della legge 25 marzo 1985, n. 121[1] e dall’art. 4 del Protocollo addizionale che costituisce parte integrante dell’accordo.

Come per il matrimonio civile, occorre che la celebrazione sia preceduta dalle pubblicazioni da effettuarsi, oltre che presso la parrocchia degli sposi, anche presso la casa comunale secondo le norme del codice civile e dell’ordinamento di stato civile.

Trascorsi tre giorni dal compimento del termine per le pubblicazioni, l’ufficiale di stato civile, ove non gli sia stata notificata alcuna opposizione e nulla gli consti ostare al matrimonio, rilascia un certificato, in cui dichiara che non risulta l’esistenza di cause che si oppongano alla celebrazione di un matrimonio valido agli effetti civili.

La celebrazione è regolata quasi esclusivamente dalle norme del diritto canonico. La legge civile prevede alcuni adempimenti per il prodursi degli effetti civili, ma essi vengono compiuti soltanto dopo la celebrazione. Questi adempimenti consistono nella lettura agli sposi, da parte del ministro del culto, degli artt. 143, 144 e 147 (riguardanti i diritti e doveri dei coniugi) e nella redazione da parte del parroco dell’atto di matrimonio in duplice originale, il secondo dei quali destinato ad essere trasmesso all’ufficiale di stato civile.

Nell’atto possono essere inserite le dichiarazioni dei coniugi consentite secondo la legge civile (scelta del regime patrimoniale di separazione dei beni ed il riconoscimento di un figlio naturale).

L’atto di matrimonio, formato dal celebrante e sottoscritto dagli sposi e dai testimoni, deve essere trasmesso entro cinque giorni all’ufficiale di stato civile per la trascrizione nei registri di stato civile, trascrizione che ha efficacia costitutiva del vincolo nell’ordinamento italiano. L’ufficiale di stato civile effettua la trascrizione entro ventiquattro ore dal ricevimento dell’atto e ne dà notizia al parroco.

La trascrizione opera retroattivamente: gli effetti civili del matrimonio si producono quindi dal giorno della sua celebrazione. In presenza di impedimenti inderogabili secondo la legge civile, la trascrizione non può avere luogo. Se il termine di cinque giorni non viene rispettato, si ha trascrizione tardiva che però è ammessa solo su richiesta concorde dei coniugi o su richiesta di uno solo di essi, ma con la conoscenza e senza l’opposizione dell’altro. Non è ammessa la trascrizione post mortem.

Per la legge italiana la trascrizione nei registri dello stato civile del matrimonio canonico (valido solo per la Chiesa), con la sua trasformazione quindi in matrimonio concordatario (valido anche per lo Stato), non è affatto obbligatoria, mentre è fortemente consigliata dalla Chiesa al punto tale che per contrarre un matrimonio solo canonico necessita l’autorizzazione del Vescovo competente.

Una caratteristica fondamentale che distingue il matrimonio concordatario da quello civile è la possibilità del riconoscimento da parte dello Stato italiano delle sentenze di nullità matrimoniale pronunciate dalla giustizia ecclesiastica, di cui la Rota Romana (ex Sacra Rota) rappresenta l’ultimo grado di giudizio. In base all’art. 8 del nuovo Concordato del 1984 di regola queste sentenze, salvo casi particolari, devono essere riconosciute dallo Stato (tramite la Corte d’appello competente attraverso un giudizio cd. di delibazione) con la conseguenza che, in caso di delibazione avvenuta, non si applica, se non in minima parte, la legislazione italiana sul mantenimento del coniuge economicamente debole, sulla base della considerazione naturale che il matrimonio annullato giuridicamente è come mai celebrato (non si tratta perciò di divorzio). Resta fermo l’obbligo del mantenimento dei figli, che non grava sui coniugi ma sui genitori.

L’annullamento (tecnicamente “dichiarazione di nullità”) del matrimonio, secondo il diritto canonico non è libero (come il divorzio civile) ma è concesso solo se il vincolo matrimoniale presentava determinati vizi del consenso già al momento della celebrazione e non invece per problemi sorti tra i coniugi nel corso della vita matrimoniale. Tra questi vizi del consenso, che è sufficiente siano presenti anche in un solo coniuge, ve ne sono alcuni molto simili a quelli previsti dal diritto civile per tutti i contratti (violenza, dolo, errore, incapacità psichica), ma ve ne sono altri di natura esclusivamente spirituale (mancata accettazione della durata del vincolo per tutta la vita, volontà di non volere dei figli, non accettazione della fedeltà) che per la Chiesa rivestono la massima importanza per dare senso o meno al proprio matrimonio, ma quasi del tutto assenti nel matrimonio civile, che prevede condizioni di accesso al matrimonio molto meno stringenti.

Per proporre istanza (libello) di annullamento del matrimonio canonico, diversamente dal divorzio, non è necessaria la preventiva separazione civile. Abilitati alla difesa presso i tribunali ecclesiastici sono solo gli avvocati ecclesiastici, abilitati dalla Santa Sede e non i comuni avvocati civili.



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Avvocato Natascia Carignani a Lucca
Natascia Carignani

Avvocato esperto in diritto della famiglia