Avvocato Natascia Carignani a Lucca

Natascia Carignani

Avvocato esperto in diritto della famiglia

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Stalking: anche una sola telefonata e pochi messaggi WhatsApp giustificano la condanna

Scritto da: Natascia Carignani - Pubblicato su IUSTLAB

Pubblicazione legale:

Per la configurazione del reato di stalking, anche in assenza di un incontro fisico tra vittima ed imputato, sono sufficienti pochi messaggi via WhatsApp ed una telefonata dal tono minaccioso, che portano a modificare le abitudini della persona offesa. È quanto stabilito dalla Cassazione penale con sentenza 2 gennaio 2019, n. 61.

Con la pronuncia in esame, la Corte di Cassazione, nel ribadire i principi già espressi in altre sentenze, chiarisce che - indipendentemente dall’incontro fisico tra vittima e imputato – il reato di atti persecutori si configura nel momento in cui la condotta minacciosa del reo destabilizzi l’equilibrio psichico della persona offesa.

Infatti, accertato che il tenore di dette comunicazioni era chiaramente minaccioso (ad es. ti faccio vedere io) e che si faceva riferimento esplicito alla famiglia dell’interlocutrice ed alla città nella quale viveva, per i Giudici della Cassazione risulta credibile il racconto della persona offesa la quale aveva riferito che, dopo tali conversazioni, nel timore che l’imputato potesse raggiungerla, aveva modificato il proprio stile di vita, pernottando, provvisoriamente, presso un’altra abitazione e sospendendo la propria attività professionale.

Partendo da questi presupposti, la Suprema Corte di Cassazione ha considerato integrato il reato de quo posto che si era realizzato l'evento di danno richiesto dalla norma, escludendo, al contempo, che il comportamento tenuto dall’imputato potesse rientrare nelle fattispecie meno gravi di molestie o minacce.

Pertanto, i Giudici di legittimità hanno ritenuto configurato il reato di cui all'art. 612-bis c.p. sul presupposto che l’imputato, con una telefonata e 12 messaggi di WhatsApp inviati, avesse adottato reiteratamente un comportamento persecutorio idoneo a cagionare nella vittima uno dei tre eventi, alternativamente previsti, dalla norma incriminatrice.

Sul punto è bene precisare che il delitto di stalking rientra nella categoria dei reati abituali e si differenzia dal reato di minaccia e molestia in quanto richiede, innanzitutto, la presenza di condotte reiterate, anche in tempi e contesti differenti, e tali condotte devono cagionare alla vittima, alternativamente, un perdurante e grave stato di ansia o di paura, oppure un fondato timore per l'incolumità propria, di un prossimo congiunto o di persona legata alla vittima da una relazione affettiva, oppure l'alterazione delle abitudini di vita della persona offesa.

Quanto al contenuto di tali condotte è bene precisare che, già in precedenza, la giurisprudenza ha ritenuto configurato il delitto di cui all’art. 612 bis c.p. indipendentemente dalla presenza fisica dello stalker.

Pertanto, oltre ai comportamenti di semplice controllo quali i pedinamenti, le visite sotto casa o sul posto di lavoro, sono stati considerati atti persecutori anche il ripetuto invio di e-mail, sms, messaggi sui social network, telefonate, lettere e persino murales e graffiti, tutti dal contenuto ingiurioso, minaccioso o sessualmente offensivo.

Appare opportuno chiarire che l’elencazione appena fatta individua le condotte che sono state più frequentemente denunciate e, pertanto, non deve essere considerata esaustiva ma semplicemente esemplificativa.

Come accennato in precedenza, trattandosi di un reato di evento, la reiterazione delle condotte di minaccia o di molestia non è sufficiente da sola alla sua integrazione, in quanto occorre verificare che le medesime siano idonee a cagionare le tre possibili conseguenze alternative, individuate nella norma, ognuna delle quali è sufficiente a delineare il delitto in parola.

La valutazione di idoneità deve essere condotta in concreto dal giudice, sulla base “della dimostrazione del nesso causale tra la condotta posta in essere dall'agente e i turbamenti derivati alla vita privata della vittima" così per come stabilito, ex plurimis, dalla Corte Costituzionale nel 2014 con la sentenza n. 172.

Le conseguenze che detti comportamenti devono causare alla persona offesa sono state espressamente individuate nella norma ed esse consistono nel cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura nella vittima, ovvero nell’ingenerare nella stessa un fondato timore per la propria incolumità o per quella di un prossimo congiunto o di persona alla medesima legata da relazione affettiva, ovvero nel costringerla ad alterare le proprie abitudini di vita.

Sul punto occorre specificare che non è necessario che la vittima individui o descriva con esattezza uno o più degli eventi alternativi del delitto, potendo la prova di essi desumersi dalla condotta dell’agente e dal complesso degli elementi fattuali altrimenti acquisiti (cfr. Cass. pen, Sez. V, 28/12/2017, n. 57704).

Con riferimento al perdurante e grave stato di ansia o di paura sofferto dalla persona offesa, la giurisprudenza maggioritaria ritiene che, ai fini della sussistenza del reato de quo, sia sufficiente che gli atti persecutori abbiano avuto un effetto destabilizzante della serenità e dell'equilibrio psicologico della vittima, non ritenendo pertanto, necessario l'accertamento di uno stato patologico, precisando, altresì che “lo stato d'ansia e di paura deve essere accertato mediante l'osservazione di segni e indizi comportamentali, desumibili dal confronto tra la situazione pregressa e quella conseguente alla condotta dell'agente”(Cfr. Cass. pen., Sez. V, 14/4/2015, n. 28703).

Mentre per quanto riguarda il fondato timore che si ingenera nella persona offesa per la propria incolumità o per quella di un soggetto terzo, per così dire, qualificato per la consumazione del reato occorre accertare la concretezza e l'oggettività della situazione di paura vissuta dalla vittima.

Infine, per quanto concerne il riferimento all'alterazione delle proprie abitudini di vita occorre verificare se la vittima, a seguito dell'intrusione rappresentata dall'attività persecutoria, ha modificato quel complesso di comportamenti che una persona solitamente mantiene nell'ambito familiare, sociale e lavorativo.

Per quanto concerne l'elemento soggettivo del reato la sentenza in commento, ribadisce, infine, il principio consolidato secondo il quale “nel delitto di atti persecutori, l'elemento soggettivo è integrato dal dolo generico, che consiste nella volontà di porre in essere le condotte di minaccia e molestia nella consapevolezza della idoneità delle medesime alla produzione di uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice; esso, avendo ad oggetto un reato abituale di evento, deve essere unitario, esprimendo un'intenzione criminosa che travalica i singoli atti che compongono la condotta tipica, anche se può realizzarsi in modo graduale, non essendo necessario che l'agente si rappresenti e voglia fin dal principio la realizzazione della serie degli episodi”.

Non è necessaria, dunque, una rappresentazione anticipata del risultato finale, essendo sufficiente la coscienza e la volontà delle singole condotte con la consapevolezza che ognuna di esse andrà ad aggiungersi alle precedenti formando un insieme di comportamenti offensivi.

Tant’è che si parla di dolo in "itinere" quale rappresentazione di tutti gli episodi già posti in essere, della loro frequenza e del nesso che li collega all'ulteriore apporto criminoso.

Dalla lettura dell’intera sentenza si evince che i Giudici, nel confermare i principi già espressi in precedenti pronunce, hanno voluto ribadire che per la configurazione del reato di stalking non è necessario né un arco temporale ampio né tanto meno un numero elevato di telefonate o messaggi dal contenuto minaccioso.


Avv. Natascia Carignani - Avvocato esperto in diritto della famiglia

L’Avv. Carignani opera nell'ambito del diritto civile e prevalentemente si occupa di diritto di famiglia dall'inizio della sua esperienza professionale. Laureatosi all’Università di Giurisprudenza di Pisa ha fin da subito intrapreso la carriera legale seguendo quella che ritiene essere la sua vocazione: il diritto di famiglia. Durante la sua esperienza ha seguito centinaia di casi fra separazioni, divorzi e questioni patrimoniali.




Natascia Carignani

Esperienza


Diritto di famiglia

Ho seguito numerosi divorzi e separazioni, a partire dalle coppie con figli che non riescono più a convivere, fino ad arrivare ai casi più complessi di tradimento e di violenza familiare. La terminazione del rapporto coniugale comporta punti critici che mi trovo spesso ad affrontare, quali ad esempio l’affidamento e le questioni patrimoniali. Fornisco sia assistenza per il divorzio congiunto che giudiziale, qualora non si riuscisse ad ottenere un accordo condiviso. In quanto madre di due figli posso comprendere a fondo le dinamiche familiari non solo da un punto di vista legale ma anche pratico.


Separazione

Ho seguito separazioni di ogni tipo, seguendo coppie che non riescono più a convivere e che devono disciplinare la gestione dei figli. La terminazione del rapporto coniugale comporta punti critici che mi trovo spesso ad affrontare, quali ad esempio l’affidamento e le questioni patrimoniali. Ho seguito anche coppie con figli non unite in matrimonio che si sono rivolte al mio studio per disciplinare i loro rapporti e doveri genitoriali. Fornisco sia assistenza per la separazione consensuale che giudiziale, qualora non si riuscisse ad ottenere un accordo condiviso.


Divorzio

Ho seguito vari divorzi, dando ai coniugi qualsiasi tipo di supporto, sia legale che pratico. Accompagno i coniugi in tutto il percorso, dal primo incontro in studio sino alla definizione dei loro rapporti mediante emissione di un provvedimento da parte del Tribunale. Fornisco sia assistenza per il divorzio congiunto che giudiziale, qualora non si riuscisse ad ottenere un accordo tra i coniugi.


Altre categorie:

Diritto penale, Diritto civile, Recupero crediti, Pignoramento, Contratti, Violenza, Stalking e molestie, Reati contro il patrimonio, Locazioni, Sfratto, Domiciliazioni, Risarcimento danni.


Referenze

Esperienza di lavoro

Avvocato - Studio Legale Carignani

Dal 1/2017 - lavoro attualmente qui

Lo Studio Legale Carignani offre un’attività di consulenza ed assistenza legale in materia di famiglia, separazione e divorzio, unioni civili, modifiche condizioni, filiazione etc., dando una assistenza, anche telefonica, a causa delle problematiche che a volte nascono improvvisamente tra soggetti separati e con prole. Inoltre, lo Studio svolge attività di assistenza e consulenza nella redazione di testamenti, nelle divisioni, nelle azioni di riduzione ed in genere di contenzioso tra eredi.

Esperienza di lavoro

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Pubblicazione legale

DIVORZIO CONGIUNTO O GIUDIZIALE

Pubblicato su IUSTLAB

Il divorzio congiunto è una procedura giudiziaria con la quale si persegue l’obiettivo dello scioglimento del matrimonio . La “particolarità” rispetto agli altri procedimenti che hanno come obiettivo quello di conseguire una simile finalità, è legata al fatto che la procedura è avviata consensualmente da entrambi i coniugi , dopo aver stabilito di comune accordo le condizioni che dovranno disciplinare la fine del proprio vincolo coniugale (a titolo di esempio non esaustivo: la gestione dei beni comuni , l’ assegno divorzile , le visite ai figli , e così via). Da quanto sopra dovrebbe esser piuttosto chiara la differenza tra il divorzio congiunto e divorzio giudiziale . Quest’ultimo identifica infatti un procedimento finalizzato alla cessazione degli effetti del matrimonio avviato su ricorso di uno solo dei due coniugi, anche se l’altro non ha prestato il consenso. Ne deriva che generalmente si ricorre al divorzio giudiziale quando tra i due coniugi non è stato possibile trovare un accordo su come andrà “gestita” la parte finale del proprio matrimonio, e gli effetti conseguenti. Si tratta in buona sostanza del procedimento omologo a quello di separazione consensuale : anche in questo caso è necessario il previo accordo dei coniugi per la formalizzazione degli accordi. La domanda congiunta di divorzio Introdotto quanto sopra, e accennato brevemente quali sono le caratteristiche e le finalità del divorzio congiunto, possiamo certamente rammentare come la procedura del divorzio congiunto segua un iter ben più rapido ed economico rispetto a quello che andrebbe a caratterizzare il divorzio giudiziale. Peraltro, così come il divorzio giudiziale, anche il divorzio congiunto prevede che la forma con la quale presentare la domanda sia quella del ricorso , indirizzato al tribunale competente (quello nel luogo di residenza o di domicilio di uno dei due coniugi). La domanda di divorzio congiunto dovrà necessariamente includere alcuni elementi essenziali ai fini della validità del ricorso quali, in particolare: i fatti e gli elementi di diritto sui quali si fonda la domanda di scioglimento del matrimonio o di cessazione dei propri effetti civili (in caso di matrimonio concordatario); l’esistenza di figli di entrambi i coniugi; le condizioni relative ai figli e ai rapporti economici; le ultime dichiarazioni dei redditi di ogni componente della coppia; l’atto di matrimonio, lo stato di famiglia, il certificato di residenza di entrambi i coniugi, la copia autentica del verbale di separazione consensuale o della sentenza di separazione giudiziale e la nota di iscrizione a ruolo. Divorziare mediante la negoziazione assistita Con il Decreto Legge 132 del 2014 si è reso possibile divorziare congiuntamente anche a mezzo dell’istituto della “ negoziazione assistita “ . La negoziazione assistita non è alto che un mezzo attraverso il quale i coniugi possono raggiungere e perfezionare un accordo . Tale accordo è valido anche in presenza di figli minori. Può essere formalizzato davanti ai rispettivi difensori. L’utilizzo di questo istituto presuppone ovviamente che ci sia un accordo su tutti gli aspetti, anche patrimoniali, riguardanti il divorzio. Ai coniugi non sarà dunque necessario presenziare ad alcuna udienza . Lo studio legale si occuperà poi del deposito degli accordi intercorsi presso la Procura della Repubblica . Solitamente il nulla osta (necessario per il caso in cui vi siano figli non autosufficienti) è concesso entro pochi giorni dal deposito. L’avvocato avrà infine il compito, entro dieci giorni dalla sottoscrizione degli accordi raggiunti, di trasmettere i relativi documenti al competente Ufficio di Stato Civile presso il Comune in cui il matrimonio è stato celebrato. Il fine è quello dell’annotazione a margine dell’atto di matrimonio della cessazione degli effetti civili del matrimonio. Divorzio congiunto: la presenza dei coniugi Una volta che i coniugi hanno presentato il ricorso per divorzio congiunto, le parti verranno chiamate a comparire personalmente davanti al giudice per il tentativo di conciliazione . Anche in questa procedura, è prevista l’audizione dei coniugi. Il giudice che tenderà ad accertare che la comunione tra i due non possa essere ricostituita o conservata, e che le condizioni stabilite dai coniugi non siano contrarie all’interesse della prole. Una volta effettuate tali verifiche, e riscontrata l’esistenza degli elementi soggettivi e oggettivi richiesti dalla legge, il giudice pronuncerà il divorzio con sentenza. Nel caso contrario, invece, il tribunale emetterà i provvedimenti urgenti in favore del coniuge debole e dei figli, nominando un giudice istruttore. Presupposti per il divorzio congiunto Ad ogni modo, per poter pronunciare divorzio congiunto con sentenza non si potrà che verificare la sussistenza dei presupposti richiesti dalla legge. Questi devono essere costituiti dalla presenza di almeno una delle seguenti condizioni: i coniugi sono separati legalmente da almeno 6 mesi (in caso di separazione consensuale) o da almeno 12 mesi (in caso di separazione giudiziale); uno dei due coniugi è stato condannato per un reato per cui il nostro ordinamento prevede una pena pari all’ergastolo o superiore a 15 anni; in alternativa, per un reato – a prescindere dalla pena – individuati dall’art. 3 della legge sul divorzio (ad esempio, tentato omicidio ai danni del coniuge); uno dei due coniugi è cittadino straniero e ha ottenuto l’annullamento o lo scioglimento del matrimonio all’estero, o ha contratto un nuovo matrimonio all’estero; il matrimonio non è stato consumato; uno dei due coniugi ha visto passare in giudicato la sentenza di rattifica dell’attribuzione del sesso. I costi del divorzio congiunto o consensuale Per quanto concerne i costi del divorzio congiunto , così come abbiamo anticipato in apertura del nostro approfondimento, tale ipotesi è certamente la più economica tra le ipotesi di divorzio. Pertanto, oltre ad essere la procedura che grava meno sugli aspetti psicologici della coppia, è altresì l’iter che comporta costi più contenuti rispetto a una procedura giudiziale. Gli onorari professionali variano, a seconda delle modalità scelte, dai mille ai tremila euro circa a coniuge. Con la negoziazione assistita i costi possono essere inferiori. Ricordiamo in tal senso che il contributo unificato per il procedimento di divorzio congiunto è pari a 43 euro, e non è prevista alcuna marca da bollo. I documenti necessari per la procedura di divorzio consensuale Quando è presentato il ricorso per ottenere il divorzio congiunto, oppure si procede con negoziazione assistita , è necessario allegare: L’estratto integrale dell’atto di matrimonio, da richiedersi presso l’ufficio Stato Civile del Comune di celebrazione del matrimonio. Lo Stato di Famiglia di ciascun coniuge, da richiedersi presso l’ufficio anagrafe del Comune di residenza di ciascun coniuge. I certificati di residenza di ciascun coniuge da richiedersi presso l’ufficio anagrafe del Comune di residenza. La copia autentica del verbale di separazione consensuale con i relativo decreto di omologa oppure della sentenza di separazione giudiziale con la relativa attestazione che la stessa sia passata in giudicato. Tali documenti possono richiedersi presso la Cancelleria del Tribunale che ha pronunciato i relativi provvedimenti. Le dichiarazioni dei redditi degli ultimi tre anni di ciascun coniuge. Copia dei documenti di identità e dei codici fiscali di ciascun coniuge. Divorzio congiunto e assistenza dell’avvocato Sempre in relazione ai costi di tale procedura – ma non solo – è opportuno ricordare come contrariamente a quanto avviene nel divorzio giudiziale, dove ogni coniuge deve necessariamente essere rappresentato da un diverso difensore, nel divorzio congiunto la coppia potrà essere rappresentata in giudizio da un unico avvocato . Nel caso il divorzio sia congiunto ma a mezzo di negoziazione assistita, sarà invece necessaria l’assistenza di un avvocato per ciascun coniuge. Rammentiamo altresì come da alcuni anni opinione giurisprudenziale comune abbia chiarito come la presentazione della domanda di divorzio mediante ricorso debba essere effettuata ricorrendo alla difesa tecnica. Non è dunque possibile limitarsi alla sola presentazione personale. A rendere più trasparente tale aspetto è stata la nota sentenza Cass. n. 6365/2011 , con i giudici della Suprema Corte che hanno evidenziato come il provvedimento di divorzio congiunto abbia carattere decisorio, e dunque preveda l’osservanza della regola della difesa tecnica, trattandosi di un provvedimento che può incidere su status e su diritti soggettivi, e che viene assunto mediante una sentenza che è destinata a passare in giudicato. In altri termini, gli ermellini hanno sottolineato come il fatto che il divorzio sia congiunto non significa che sia consensuale. Spetta solamente al tribunale la verifica dei suoi presupposti di legge. Come abbiamo già visto, i presupposti sono costituiti dalla rispondenza dell’accordo all’interesse della prole delle condizioni concordate dagli istanti.

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