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Stalking: anche una sola telefonata e pochi messaggi WhatsApp giustificano la condanna

Scritto da: Natascia Carignani - Pubblicato su IUSTLAB

Pubblicazione legale:

Per la configurazione del reato di stalking, anche in assenza di un incontro fisico tra vittima ed imputato, sono sufficienti pochi messaggi via WhatsApp ed una telefonata dal tono minaccioso, che portano a modificare le abitudini della persona offesa. È quanto stabilito dalla Cassazione penale con sentenza 2 gennaio 2019, n. 61.

Con la pronuncia in esame, la Corte di Cassazione, nel ribadire i principi già espressi in altre sentenze, chiarisce che - indipendentemente dall’incontro fisico tra vittima e imputato – il reato di atti persecutori si configura nel momento in cui la condotta minacciosa del reo destabilizzi l’equilibrio psichico della persona offesa.

Infatti, accertato che il tenore di dette comunicazioni era chiaramente minaccioso (ad es. ti faccio vedere io) e che si faceva riferimento esplicito alla famiglia dell’interlocutrice ed alla città nella quale viveva, per i Giudici della Cassazione risulta credibile il racconto della persona offesa la quale aveva riferito che, dopo tali conversazioni, nel timore che l’imputato potesse raggiungerla, aveva modificato il proprio stile di vita, pernottando, provvisoriamente, presso un’altra abitazione e sospendendo la propria attività professionale.

Partendo da questi presupposti, la Suprema Corte di Cassazione ha considerato integrato il reato de quo posto che si era realizzato l'evento di danno richiesto dalla norma, escludendo, al contempo, che il comportamento tenuto dall’imputato potesse rientrare nelle fattispecie meno gravi di molestie o minacce.

Pertanto, i Giudici di legittimità hanno ritenuto configurato il reato di cui all'art. 612-bis c.p. sul presupposto che l’imputato, con una telefonata e 12 messaggi di WhatsApp inviati, avesse adottato reiteratamente un comportamento persecutorio idoneo a cagionare nella vittima uno dei tre eventi, alternativamente previsti, dalla norma incriminatrice.

Sul punto è bene precisare che il delitto di stalking rientra nella categoria dei reati abituali e si differenzia dal reato di minaccia e molestia in quanto richiede, innanzitutto, la presenza di condotte reiterate, anche in tempi e contesti differenti, e tali condotte devono cagionare alla vittima, alternativamente, un perdurante e grave stato di ansia o di paura, oppure un fondato timore per l'incolumità propria, di un prossimo congiunto o di persona legata alla vittima da una relazione affettiva, oppure l'alterazione delle abitudini di vita della persona offesa.

Quanto al contenuto di tali condotte è bene precisare che, già in precedenza, la giurisprudenza ha ritenuto configurato il delitto di cui all’art. 612 bis c.p. indipendentemente dalla presenza fisica dello stalker.

Pertanto, oltre ai comportamenti di semplice controllo quali i pedinamenti, le visite sotto casa o sul posto di lavoro, sono stati considerati atti persecutori anche il ripetuto invio di e-mail, sms, messaggi sui social network, telefonate, lettere e persino murales e graffiti, tutti dal contenuto ingiurioso, minaccioso o sessualmente offensivo.

Appare opportuno chiarire che l’elencazione appena fatta individua le condotte che sono state più frequentemente denunciate e, pertanto, non deve essere considerata esaustiva ma semplicemente esemplificativa.

Come accennato in precedenza, trattandosi di un reato di evento, la reiterazione delle condotte di minaccia o di molestia non è sufficiente da sola alla sua integrazione, in quanto occorre verificare che le medesime siano idonee a cagionare le tre possibili conseguenze alternative, individuate nella norma, ognuna delle quali è sufficiente a delineare il delitto in parola.

La valutazione di idoneità deve essere condotta in concreto dal giudice, sulla base “della dimostrazione del nesso causale tra la condotta posta in essere dall'agente e i turbamenti derivati alla vita privata della vittima" così per come stabilito, ex plurimis, dalla Corte Costituzionale nel 2014 con la sentenza n. 172.

Le conseguenze che detti comportamenti devono causare alla persona offesa sono state espressamente individuate nella norma ed esse consistono nel cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura nella vittima, ovvero nell’ingenerare nella stessa un fondato timore per la propria incolumità o per quella di un prossimo congiunto o di persona alla medesima legata da relazione affettiva, ovvero nel costringerla ad alterare le proprie abitudini di vita.

Sul punto occorre specificare che non è necessario che la vittima individui o descriva con esattezza uno o più degli eventi alternativi del delitto, potendo la prova di essi desumersi dalla condotta dell’agente e dal complesso degli elementi fattuali altrimenti acquisiti (cfr. Cass. pen, Sez. V, 28/12/2017, n. 57704).

Con riferimento al perdurante e grave stato di ansia o di paura sofferto dalla persona offesa, la giurisprudenza maggioritaria ritiene che, ai fini della sussistenza del reato de quo, sia sufficiente che gli atti persecutori abbiano avuto un effetto destabilizzante della serenità e dell'equilibrio psicologico della vittima, non ritenendo pertanto, necessario l'accertamento di uno stato patologico, precisando, altresì che “lo stato d'ansia e di paura deve essere accertato mediante l'osservazione di segni e indizi comportamentali, desumibili dal confronto tra la situazione pregressa e quella conseguente alla condotta dell'agente”(Cfr. Cass. pen., Sez. V, 14/4/2015, n. 28703).

Mentre per quanto riguarda il fondato timore che si ingenera nella persona offesa per la propria incolumità o per quella di un soggetto terzo, per così dire, qualificato per la consumazione del reato occorre accertare la concretezza e l'oggettività della situazione di paura vissuta dalla vittima.

Infine, per quanto concerne il riferimento all'alterazione delle proprie abitudini di vita occorre verificare se la vittima, a seguito dell'intrusione rappresentata dall'attività persecutoria, ha modificato quel complesso di comportamenti che una persona solitamente mantiene nell'ambito familiare, sociale e lavorativo.

Per quanto concerne l'elemento soggettivo del reato la sentenza in commento, ribadisce, infine, il principio consolidato secondo il quale “nel delitto di atti persecutori, l'elemento soggettivo è integrato dal dolo generico, che consiste nella volontà di porre in essere le condotte di minaccia e molestia nella consapevolezza della idoneità delle medesime alla produzione di uno degli eventi alternativamente previsti dalla norma incriminatrice; esso, avendo ad oggetto un reato abituale di evento, deve essere unitario, esprimendo un'intenzione criminosa che travalica i singoli atti che compongono la condotta tipica, anche se può realizzarsi in modo graduale, non essendo necessario che l'agente si rappresenti e voglia fin dal principio la realizzazione della serie degli episodi”.

Non è necessaria, dunque, una rappresentazione anticipata del risultato finale, essendo sufficiente la coscienza e la volontà delle singole condotte con la consapevolezza che ognuna di esse andrà ad aggiungersi alle precedenti formando un insieme di comportamenti offensivi.

Tant’è che si parla di dolo in "itinere" quale rappresentazione di tutti gli episodi già posti in essere, della loro frequenza e del nesso che li collega all'ulteriore apporto criminoso.

Dalla lettura dell’intera sentenza si evince che i Giudici, nel confermare i principi già espressi in precedenti pronunce, hanno voluto ribadire che per la configurazione del reato di stalking non è necessario né un arco temporale ampio né tanto meno un numero elevato di telefonate o messaggi dal contenuto minaccioso.


Avv. Natascia Carignani - Avvocato esperto in diritto della famiglia

L’Avv. Carignani opera nell'ambito del diritto civile e prevalentemente si occupa di diritto di famiglia dall'inizio della sua esperienza professionale. Laureatosi all’Università di Giurisprudenza di Pisa ha fin da subito intrapreso la carriera legale seguendo quella che ritiene essere la sua vocazione: il diritto di famiglia. Durante la sua esperienza ha seguito centinaia di casi fra separazioni, divorzi e questioni patrimoniali.




Natascia Carignani

Esperienza


Sfratto

L’Avv. Carignani è pronto ad assisterVi in giudizio attraverso il rito locatizio, nonché quello ordinario, per il recupero del Vostro credito (canoni scaduti) o del Vostro immobile, o per resistere in giudizio e proporre opposizione allo sfratto, nonché assistervi e difenderVi in sede di esecuzione.


Locazioni

Il Codice di Procedura Civile prevede, nel caso in cui il conduttore ometta di pagare il canone di locazione, rendendosi quindi moroso, che con un procedimento giudiziario sommario, caratterizzato da una determinante celerità, si possa addivenire ad una rapida liberazione dell’immobile. Tale procedimento è detto convalida di sfratto per morosità. Lo Studio Legale Carignani, forte della sua preparazione in materia, offre alla clientela tutti gli strumenti utili alla difesa e tutela dei propri diritti: dalla semplice consulenza in ufficio, fino alla difesa processuale.


Diritto di famiglia

Ho seguito numerosi divorzi e separazioni, a partire dalle coppie con figli che non riescono più a convivere, fino ad arrivare ai casi più complessi di tradimento e di violenza familiare. La terminazione del rapporto coniugale comporta punti critici che mi trovo spesso ad affrontare, quali ad esempio l’affidamento e le questioni patrimoniali. Fornisco sia assistenza per il divorzio congiunto che giudiziale, qualora non si riuscisse ad ottenere un accordo condiviso. In quanto madre di due figli posso comprendere a fondo le dinamiche familiari non solo da un punto di vista legale ma anche pratico.


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Separazione, Divorzio, Diritto penale, Diritto civile, Recupero crediti, Pignoramento, Contratti, Violenza, Stalking e molestie, Reati contro il patrimonio, Domiciliazioni, Risarcimento danni.


Referenze

Pubblicazione legale

SFRATTO PER MOROSITA'

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Cos’è lo sfratto Lo sfratto per morosità è un procedimento che permette al locatore (spesso, il “padrone di casa”) di poter ottenere il rilascio e la riconsegna dell’immobile da parte del conduttore (l’affittuario, o inquilino) in seguito alla morosità nel pagamento del canone pattuito. Si tratta di un procedimento speciale, tendenzialmente più rapido rispetto alle altre procedure, attivabile nel caso di persistente carenza nei pagamenti degli affitti. È disciplinato dall’art. 658, comma 1 c.p.c. . La norma stabilisce che “il locatore può intimare al conduttore lo sfratto, anche in caso di mancato pagamento del canone d’affitto alle scadenze, e chiedere nello stesso atto l’ingiunzione di pagamento per i canoni scaduti”. Necessita di alcuni presupposti e del rispetto di un procedimento che, in sintesi, andremo a riepilogare. Quando si può ricorrere allo sfratto per morosità: i presupposti Come anticipato, per poter accedere alla procedura di sfratto per morosità è necessario il rispetto di alcuni presupposti essenziali. I più importanti sono due: vediamoli separatamente. Contratto di locazione e sfratto per morosità Il primo dei due presupposti fondamentali per l’attivazione della procedura di sfratto per morosità è legata alla presenza di un regolare contratto scritto di locazione immobiliare ad uso abitativo o commerciale. Ne deriva che, di contro, non è possibile ricorrere all’azione di intimazione di sfratto di cui all’art. 658 c.p.c. sulla base – ad esempio – di un mero accordo verbale sussistente tra il proprietario e il conduttore. Mancato pagamento dei canoni e sfratto per morosità Il secondo dei due presupposti che sopra abbiamo definito come “fondamentali” per poter avviare la procedura di sfratto per morosità è legato al mancato pagamento del canone di locazione, la cui misura viene stabilita – per gli immobili ad uso abitativo – dalla legge sull’equo canone, la l. 392/1978, nella mensilità decorsi 20 giorni dalla scadenza prevista, o – nel termine previsto – dal mancato pagamento degli oneri accessori se l’importo non pagato supera quello di due mensilità del canone. Ribadiamo ancora una volta come tale criterio trovi applicazione tuttavia per le sole locazioni ad uso abitativo, mentre non sia valido per le locazioni ad uso diverso da quello abitativo, come quelle commerciali. Per queste, invece, rimane operante il criterio dell’inadempimento di “non scarsa importanza”, di cui all’art. 1455 c.c., secondo il quale Il contratto non si può risolvere se l’inadempimento di una delle parti ha scarsa importanza, avuto riguardo all’interesse dell’altra. Trattandosi di una definizione varia e non quantitativamente declinata, come nel caso delle locazioni abitative, dovrà essere il giudice a valutare in concreto l’importanza dell’inadempimento da parte del conduttore. La giurisprudenza oramai consolidata indica tuttavia che lo stesso principio già visto per le locazioni abitative, di cui alla l. 392/1978, può essere un parametro orientativo anche per le locazioni non abitative. Procedimento sfratto per morosità: come richiederlo Chiarito che cosa si intenda per sfratto per morosità e quali sono i suoi principali presupposti, cerchiamo di comprendere chi possa ricorrere al procedimento, e come si possa attivare lo sfratto per morosità. Per quanto attiene la legittimazione alla procedura , appare chiaro come la legittimazione attiva spetti al locatore. La figura di questi può coincidere con il proprietario del bene o con chiunque ne abbia la disponibilità sulla base di un titolo o di un rapporto giuridico. La posizione del locatore deve però includere anche la facoltà di trasferire al conduttore la detenzione o il godimento del bene. Sono legittimati ad agire anche l’erede o il legatario e il comproprietario del bene. È escluso il caso in cui vi sia un manifesto dissenso da parte degli altri comproprietari. Di contro, come intuibile è il conduttore la parte cui spetterà la legittimazione passiva. Per quanto concerne il procedimento di sfratto per morosità, generalmente il primo passo consiste nell’invio di una lettera di diffida da parte del locatore, una volta valutata la persistente morosità del locatario. L’invio di questa comunicazione è di solito effettuato per raccomandata con ricevuta di ritorno (o strumento equiparabile, anche digitale, come la PEC), nella quale si sollecita il pagamento dei canoni oggetto di morosità, ponendo un termine di riferimento trascorso il quale il locatario è invitato a lasciare libero l’immobile, pena il ricorso alle vie giudiziali. Nel caso in cui la diffida non sortisca gli effetti sperati dal locatore, costui agirà con un atto di intimidazione di sfratto per morosità, e contestuale citazione in udienza per la convalida (il tribunale competente è quello nella cui circoscrizione si trova la cosa locata), e con ingiunzione di pagamento per i canoni scaduti. Le ipotesi per il conduttore A questo punto, il conduttore può presentarsi all’udienza e fare opposizione, presentarsi e saldare la morosità, presentarsi e domandare al giudice il termine di grazie o, infine, non presentarsi. Cosa accade in ognuna di queste ipotesi? Se il conduttore si presenta all’udienza e fa opposizione alla convalida , il giudice rinvierà l’esame delle cause di opposizione al giudizio ordinario. Sceglierà dunque se concedere o meno al proprietario l’ordinanza di rilascio dell’immobile. Quando invece il conduttore si presenta e salda la morosità , il procedimento si concluderà – come presumibile – con la migliore soddisfazione da parte del locatore e con la chiusura della stessa procedura. Se il conduttore si presenta e domanda al giudice il termine di grazia (cioè un periodo entro il quale saldare il proprio debito), il giudice valuterà se assegnare un termine non superiore a 90 giorni. L’udienza sarà rinviata ad altra data non superiore ai 10 giorni successivi alla scadenza del termine assegnato (termine, peraltro, valido solo per le locazioni abitative). Vi è inoltre l’opportunità che il locatore possa ricorrere all’apposito fondo per le morosità incolpevoli, di cui parleremo in separato approfondimento. Quando non si presenta il conduttore Se infine il conduttore non si presenta , o si presenta all’udienza ma sceglie di non fare opposizione, il giudice verificherà la sussistenza dei presupposti di cui sopra abbiamo brevemente riassunto. Emetterà quindi una ordinanza di convalida di sfratto. Sarà in tal sede stabilita la data entro la quale si potrà ottenere il rilascio forzato dell’immobile mediante intervento dell’ufficiale giudiziario. Una volta che è stata emessa l’ordinanza, che costituisce un titolo esecutivo per il rilascio, se il conduttore moroso non adempie entro la data che è stata stabilita dal giudice, il locatore – previa notifica dell’atto di precetto – e decorso un termine non inferiore a 10 giorni, potrà procedere con la monitoria di sgombero. Si tratta di un intervento di esecuzione forzata da parte dell’ufficiale giudiziario. Questi, nel termine indicato al conduttore, si recherà personalmente presso l’immobile per poter eseguire lo sfratto e immettere nuovamente il locatore nel possesso del bene.

Pubblicazione legale

Locazione

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Cos’è il contratto di locazione: definizione La locazione è un contratto con il quale una parte ( locatore ) permette il godimento di un bene mobile o immobile ad un’altra parte ( conduttore o locatario ), per un periodo di tempo determinato o determinabile, in cambio di un corrispettivo in denaro . Il contratto di locazione è dunque necessariamente oneroso ed è questa la fondamentale differenza con il contratto di comodato , essenzialmente gratuito. Contratto tipicamente consensuale (il perfezionamento si conclude al momento dello scambio del consenso, senza necessità di consegna materiale della cosa), è ad effetti obbligatori (poiché da esso non deriva l’acquisizione di alcun diritto reale sul bene, ma solo il diritto di godimento e di uso) ed è riccamente disciplinato dal codice civile e da alcune leggi specifiche. Vediamone insieme le principali caratteristiche Contenuto del contratto di locazione Il contenuto dei contratti di locazione varia a seconda della tipologia contrattuale specifica che le parti scelgono di porre in essere, e delle clausole che inseriscono all’interno del contratto. Ad ogni modo, nonostante la libertà concessa alle parti, vi sono comunque alcuni elementi che tipicamente fanno parte del contratto di locazione, e che dunque locatore e conduttore dovranno avere cura di inserire nella redazione dello stesso. Gli elementi necessari Si pensi, tra i principali a: data di stipula del contratto : è la data di firma del contratto, a partire dalla quale (salvo che non sia pattuito un termine diverso) prenderà il decorso dello stesso. Ove coincida con la data di decorrenza, dalla data di stipula parte anche il termine che viene concesso dalla legge alle parti per effettuare la registrazione dello stesso; indicazione dettagliata del conduttore e del locatore : è fondamentale includere correttamente i dati che permettono di ricostruire in modo chiaro e univoco la generalità delle parti, ovvero dei soggetti che stipulano. Per quanto concerne i dati essenziali, ci si riferisce principalmente a nome, cognome (o ragione sociale), data e luogo di nascita, indirizzo di residenza o sede sociale, codice fiscale o partita IVA; identificazione del bene che si fornisce in godimento e in uso . È un elemento che non può mancare all’interno di un contratto, ed è riferibile alla fornitura dei dati di dettaglio dell’oggetto dello stesso. Soprattutto nel caso di locazioni di beni immobili, dovrà riportare ogni dato idoneo. Pertanto, occorrerà procedere con l’evidenza dell’indirizzo (con precisazione di scala, piano e altri elementi che permettono la corretta individuazione del bene), dati catastali, locali e servizi di cui si compone l’immobile, eventuali pertinente, utilizzo per cui viene ceduto in locazione (es. abitazione, laboratorio, ecc.); prezzo del canone di locazione e modalità di corresponsione; durata della locazione . Di prezzo (o più correttamente canone) e durata della locazione, parleremo in paragrafi separati. Si ribadisce, ad ogni modo, che le parti potranno ben scegliere di adottare lo schema contrattuale preferito, usufruendone di uno predefinito, oppure predisponendolo liberamente ex novo. Registrazione del contratto di locazione Entro 30 giorni dalla data di decorrenza del contratto di locazione, le parti hanno l’obbligo di registrare il contratto . L’eccezione prevista dal legislatore è legata alla disponibilità di un contratto di durata inferiore a 30 giorni all’interno dell’anno solare. Si consideri che la legge prevede che i contratti di locazione siano registrati dal locatore o dal conduttore, con versamento delle imposte dovute, qualunque sia l’ammontare del canone pattuito e la durata. Il canone di locazione Il canone della locazione , è introdotto e disciplinato dall’art. 1571 c.c. . L’articolo 1571 sottolinea come il corrispettivo sia la controprestazione del contratto di locazione, spettante al locatore per la cessione in locazione del bene al conduttore. Ne deriva che il canone della locazione sia un elemento essenziale per la “regolarità” del contratto. Laddove non sia riportato e non risulti essere determinabile, potrà determinare la nullità del contratto stesso. Il corrispettivo, o canone di locazione , è dunque la somma di denaro he il conduttore si obbliga a versare al locatore allo scadere del periodo concordato (generalmente coincidente con un mese, sebbene nulla vieti alle parti di potersi regolare diversamente, con periodicità trimestrale o quadrimestrale). Stando a quanto afferma il codice, la determinazione del canone è affidata alla libera pattuizione delle parti, anche se nel tempo alcune leggi specifiche in materia hanno comunque contribuito a incidere sull’autonomia contrattuale introducendo, ad esempio, canoni concordati, sistemi di blocco o di congelamento e altro ancora. L’inadempimento del conduttore in relazione al versamento del canone può dar luogo al procedimento di sfratto per morosità . Le voci del canone È inoltre generalmente pattuito che il canone che viene stabilito nel contratto possa subire degli aggiornamenti periodici. Di solito l’aggiornamento avviene sulla base degli indici medi accertati dall’Istat. In ogni caso, a scanso di equivoci e di difficoltà interpretative in contratto, le parti dovranno avere cura di specificare le varie voci di cui si compone il corrispettivo dovuto, distinguendo tra: spese annue , ovvero tutte le somme che risultano essere dovute per gli oneri accessori connessi. Questo avviene per esempio per le spese per le utenze o quelle condominiali o ancora altre voci eventualmente specificate (che frequentemente sono ripartite con addebito al conduttore degli oneri relativi all’ordinaria amministrazione, e con previsione a carico del locatore di quelli relativi alle opere di straordinaria manutenzione); rata , ovvero la cifra deve essere pagata ad ogni scadenza specificata nel contratto, quale somma tra le due voci precedenti, suddiviso per il numero delle rate (dodici se il pagamento è mensile). La durata del contratto di locazione Elemento essenziale del contratto locatizio è anche la durata del contratto di locazione . Anche in questo caso, il legislatore è intervenuto più volte per poter disciplinare questo aspetto, stabilendo ad esempio che, nell’art. 1573 c.c., la locazione non possa superare i trent’anni. Non è prescritta però alcuna durata minima, con la conseguenza che viene lasciata alle parti ogni determinazione al riguardo. Ne consegue che la durata del contratto viene generalmente stabilita dalle diverse leggi speciali che sono emanate in materia. Le leggi speciali si occupano di definire i termini di decorrenza, come ad esempio 4 anni per i contratti ad uso abitativo, 6 anni per i contratti ad “uso diverso” e 9 anni per uso alberghiero, così come per quanto concerne i termini di rinnovo (come ad esempio 4+4 per i contratti ad uso abitativo). Altre clausole eventuali del contratto Come abbiamo già rammentato, il contratto di locazione può essere liberamente personalizzato tra le parti con inserimento di altre opzioni e elementi. Tra i più ricorrenti ricordiamo caparra , o deposito cauzionale. È la somma di denaro che il conduttore consegna al locatore al momento della stipula del contratto. L’importo è versato a titolo di garanzia del rispetto delle obbligazioni in esso presenti. Dovrà poi essergli restituita, al termine del rapporto di locazione (corrisponde generalmente a due o tre mensilità); cedolare secca , ovvero l’esercizio, da parte del locatore, dell’opzione prevista ex art. 3, comma 11, d.lgs. n. 23/2011. Si tratta di un’imposta sostitutiva dell’Irpef a cui il locatore potrà aderire. Il locatore, così facendo, non sarà tenuto a versare l’imposta di registro e quella di bollo per la registrazione. Il contratto di locazione ad uso abitativo La locazione ad uso abitativo è disciplinata, oltre che nelle disposizioni del codice civile (articoli 1571 e seguenti), in due leggi speciali. Queste sono la legge 392 del 1978 e, soprattutto, la legge 431 del 1998 . Le norme sulle locazioni ad uso abitativo derogano in parte quelle generali del codice civile. È prevista innanzitutto la necessaria forma scritta “ad substantiam” e cioè a pena di nullità del contratto. La legge incide poi sulla durata del contratto, che deve essere pattuita per una durata non inferiore ai quattro anni . Al termine dei quattro anni il locatore (chi concede in locazione l’immobile) ha facoltà di recedere solo per i casi disciplinati all’articolo 3 della legge 431 del 1998 . Viceversa il locatario (o conduttore) ha facoltà di recedere , unilateralmente, dal contratto in qualsiasi momento, ove sussistano “gravi motivi” dando al locatore un preavviso di almeno sei mesi (art. 3, sesto comma 431/1998). Ove non vi siano recesso del conduttore o disdetta del locatore, il contratto dovrà rinnovarsi per una durata di ulteriori quattro anni. Al termine dei quattro anni successivi le parti saranno libere di non rinnovare il contratto. Il contratto di natura transitoria È previsto dall’ articolo 5 della legge 431 del 1998 . Il tipo contrattuale tuttavia trova la propria compiuta disciplina negli “specifici accordi locali” dei comuni che siano sedi di università o limitrofi . In questo caso la locazione potrà avere durata inferiore ai quattro anni della disciplina generale ad uso abitativo, e sarà correlata alle esigenze particolari relative all’uso transitorio degli studenti universitari. Alla formazione dei tipi contrattuali locali di questo tipo partecipano anche le rappresentanze degli studenti . Gli “accordi contrattuali” sono diversi a seconda del contesto in cui sono inseriti. Generalmente i comuni che prevedono queste fattispecie mettono a disposizione dei cittadini alcuni modelli nonché gli specifici accordi locali menzionati dalla sopra citata legge. La locazione ad uso commerciale La locazione ad uso commerciale trova fonte e disciplina nella legge numero 392 del 1978 . Il contratto prevede, come stabilito all’articolo 27 della predetta legge, una durata di sei anni rinnovabili o di nove anni rinnovabili in caso di attività alberghiere o assimilabili e teatrali. L’articolo 4 prevede la possibilità di convenire un diritto di recesso convenzionale a beneficio del solo conduttore anche in assenza di gravi motivi. Il conduttore, tuttavia, potrà sempre recedere dal contratto ove sussistano gravi motivi dando però preavviso di almeno sei mesi dal recesso. L’articolo 28 della legge prevede la rinnovazione tacita del contratto di sei anni in sei anni o di nove anni in nove anni (per attività alberghiere o assimilabili e teatrali). In caso il locatore non intenda rinnovare il contratto, il conduttore, secondo quanto disposto dall’ articolo 34 della legge , ha diritto ad una “indennità per la perdita di avviamento” . Tale indennità è pari a 18 mensilità di canone oppure a 21 per il caso di attività alberghiere, assimilabili o teatrali.

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Avvocato - Studio Legale Carignani

Dal 1/2017 - lavoro attualmente qui

Lo Studio Legale Carignani offre un’attività di consulenza ed assistenza legale in materia di famiglia, separazione e divorzio, unioni civili, modifiche condizioni, filiazione etc., dando una assistenza, anche telefonica, a causa delle problematiche che a volte nascono improvvisamente tra soggetti separati e con prole. Inoltre, lo Studio svolge attività di assistenza e consulenza nella redazione di testamenti, nelle divisioni, nelle azioni di riduzione ed in genere di contenzioso tra eredi.

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