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Fin dove ci si può spingere per non violare l'altrui "libertà sessuale"?

Scritto da: Nico Nobis - Pubblicato su IUSTLAB




Pubblicazione legale:

Affrontiamo un argomento molto attuale e sempre oggetto di numerose curiosità: la violazione della sfera sessuale e i limiti di essa.

Il contesto nel quale trattiamo la questione prende spunto, come spesso ci accade, da una sentenza della Cassazione che si è pronunciata su un caso che definiamo di “burlesca spacconeria”, tornando ancora una volta a pronunciarsi sul reato di violenza sessuale e ribadendo l’orientamento già espresso in altre occasioni.

Nella specie, la Suprema Corte si è occupata del ricorso di un quarantenne di Venezia, condannato a dieci mesi di reclusione (pena sospesa e riconoscimento delle attenuanti generiche) per violenza sessuale nei confronti di una barista.

La ragazza, così come ricostruisce la sentenza in esame, si era sottoposta ad un intervento di chirurgia plastica al seno, era stata assalita improvvisamente mentre era intenta, nel locale in cui lavorava, alla mescita del vino al tavolo, dove con alcuni amici sedeva l’imputato, il quale mettendole le mani sui glutei l'aveva attirata a sé facendola sedere sulle sue ginocchio, afferrandole e palpeggiandole i seni. L'uomo, "per verificare gli esiti" del ritocco l'aveva presa sulle ginocchia e le aveva palpeggiato il seno dicendole: “nessuno ha il coraggio di farlo, lo faccio io”. Era seguita la pagella sul “ritocco”: “Tutto qua, non sei un granché”.

La Corte assolutamente attendibile la versione dei fatti fornita dalla parte offesa, la quale, se avesse avuto intenti calunniatori, non si sarebbe di certo azzardata a presentare querela citando come testimoni i presenti (amici dell'imputato), i quali avrebbero potuto smentirla.

Non attendibili apparivano, invece, le dichiarazioni dei predetti i quali, contraddittoriamente, avevano palesemente cercato di ridimensionare il gesto dell'amico, precisando che si era trattato di uno scherzo.

Secondo la Corte, non c'era dubbio alcuno che la condotta posta in essere dall'imputato rientrasse nella nozione di atto sessuale, inteso in senso oggettivo, come aggressione alla sfera sessuale del soggetto passivo.

Nella dettagliata sentenza, i supremi giudici scrivono che "…l'aggettivo sessuale attiene al sesso dal punto di vista anatomico, fisiologico o funzionale, ma non limita la sua valenza ai puri aspetti genitali, potendo estendersi anche a tutte le altre zone ritenute erogene dalla scienza non solo medica, ma anche psicologica, antropologica e sociologica".

Quindi, "nella nozione di atti sessuali - evidenziano - debbono farsi rientrare tutti quelli che siano idonei a compromettere la libera determinazione della sessualità della persona e ad invadere la sua sfera sessuale con modalità connotate dalla costrizione".

Tra gli atti puniti dall' art. 609 bis c.p., "vanno ricompresi anche quelli rapidi e insidiosi, purché ovviamente riguardino zone erogene su persona non consenziente": "palpamenti, sfregamenti, baci", elencano i giudici.

Prosegue la decisione della Cassazione, "…è indifferente che chi costringe o induce lo faccia per lucro, per depravazione, per disprezzo, per immondo gusto dello spettacolo o per gioco, purché si agisca con la coscienza e volontà di costringere o indurre taluno a commettere atti di libidine su se stesso, sulla persona del colpevole o su altri". Non è importante, dunque, la motivazione del gesto! Ecco perché è "irrilevante il fine propostosi dal soggetto attivo che può essere diretto a soddisfare la sua concupiscenza, ma anche di altro genere (ludico o di umiliazione della vittima)".

Nel caso in questione è stato del tutto inutile il ricorso in Cassazione del quarantenne (già condannato dalla Corte d'Appello di Venezia nell'ottobre 2008) volto a dimostrare che nei confronti della barista aveva fatto solo "un gesto scherzoso" visto che attirando a sé la ragazza "vi fu solo un contatto glutei-ginocchia che palesemente non può essere qualificato come atto sessuale".

La Suprema Corte, in nove pagine di motivazione ha spiegato che quel gesto, fatto per spavalderia davanti agli amici, non rientra nel “bon ton” sessuale.

"E' irrilevante - hanno scritto - che nell'aggressione alla sfera sessuale si proponesse di soddisfare la propria concupiscenza sessuale o volesse semplicemente compiere un'azione dimostrativa in presenza di amici". E' stata compressa la "libertà sessuale" della ragazza, il che basta per fare scattare la condanna.

A volte, dunque, anche se appare superfluo o eccessivo, è opportuno ribadire che il rispetto per le persone è sempre un valore inestimabile e le “attenzioni” eccessive rischiano di superare alcuni limiti inerenti la sfera sessuale che sfociano nella perseguibilità dal punto di vista penale.

Attenzione, quindi, anche alle modalità con le quali si “crede” di scherzare con una persona, potrebbero configurare presupposti di reato.



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Nico Nobis

Penalista