Nel nostro ordinamento la
cittadinanza si acquista prioritariamente per nascita: è considerato
cittadino italiano il figlio di padre e di madre cittadini per discendenza
diretta dall’avo cittadino italiano.
La legge di riferimento è la legge
91/1992, in virtù della quale, il discendente emigrato italiano che non
abbia conseguito la cittadinanza straniera, può rivendicare il
riconoscimento della cittadinanza italiano iure sanguinis. Ragion per cui,
anche i discendenti di seconda, terza e quarta generazione, ed oltre,
(all'infinito) di emigrati italiani possono essere dichiarati cittadini per
filiazione, cioè per cittadinanza ius sanguinis, purché non vi sia stata una
interruzione nella trasmissione della cittadinanza.
Per ottenere la cittadinanza iure
sanguinis occorrono due requisiti:
È quindi necessario per il
richiedente dare prova della mancata naturalizzazione straniera, non
solo dell’avo italiano, ma anche dei suoi discendenti in linea retta, prima
della nascita della successiva generazione, fino ad arrivare al richiedente.
Il problema della
naturalizzazione si è avvertito in particolar modo in Brasile, tra il 1889
e 1891 a seguito della grande naturalizzazione. Il Governo Brasiliano, in virtù
del decreto 58 A del 1889, stabiliva che gli Italiani presenti in territorio Brasiliano
alla data del 15.11.1889 avrebbero ottenuto la “naturalizzazione automatica”
brasiliana a meno che non avessero manifestato dinanzi ai propri consolati la
volontà di permanere cittadini della nazione di origine, entro sei mesi dalla
data di pubblicazione del decreto.
La grande naturalizzazione veniva
utilizzata dal Ministero dell’Interno per contestare la trasmissione dello
"status civitatis" per supposta automatica perdita della
cittadinanza italiana dell’avo italiano che in quel periodo storico era
emigrato in Brasile.
La sentenza della Corte di
Cassazione a Sezioni Unite il 24.08.2022, n. 25318 ha definitivamente
ritenuto illegittima tale norma. In particolare ha ritenuto che la norma
straniera deve essere messa in stretta correlazione con le disposizioni del
codice civile all'epoca vigente, ergo, il codice civile del 1865. L’art. 11, n.
2, cod. civ. 1865, nello stabilire che la cittadinanza italiana è persa da
colui che abbia “ottenuto la cittadinanza in paese estero”, sottintende, per
gli effetti sulla linea di trasmissione iure sanguinis ai discendenti, che si
accerti il compimento, da parte della persona all’epoca emigrata, di un atto
spontaneo e volontario finalizzato all’acquisto della cittadinanza straniera in
applicazione del principio secondo il quale: "le norme del diritto internazionale
e le leggi estere, non possono essere contrastanti con le leggi del nostro
stato afferenti alle persone, all’ordine pubblico e al buon costume".
Ragion per cui, in materia di
cittadinanza non è previsto alcun automatismo, in quanto per la
perdita della cittadinanza italiana è necessaria una esplicita rinuncia.
La trasmissione della
cittadinanza iure sanguinis
La trasmissione della
cittadinanza iure sanguinis può avvenire in linea maschile ( paterna) o in
linea femminile ( materna). Il riferimento normativo è l'art. 1 della legge
91/1992, ai sensi del quale: "è cittadino per nascita: il figlio di
padre o di madre cittadini". Questo significa che colui che è nato in
uno stato straniero ha diritto ad essere riconosciuto cittadino
italiano se dimostra di avere un avo italiano senza limiti
generazionali, purché la catena di trasmissione della cittadinanza non si
sia interrotta per naturalizzazione o per rinuncia di uno degli ascendenti
prima della nascita del figlio cui si vorrebbe trasmettere la cittadinanza.
La trasmissione può quindi
avvenire in linea femminile-materna e in linea maschile-paterna. Se per la
trasmissione in linea maschile-paterna non vi sono limiti, nel passato si riscontravano
dei limiti per la trasmissione in via materna della cittadinanza. Infatti, l’articolo 10 della legge 555/1912 stabiliva
la perdita della cittadinanza italiana per la donna che si univa in matrimonio
con un cittadino straniero.
Tuttavia, la legge 555/1912 è
stata considerata costituzionalmente illegittima in applicazione del principio
di uguaglianza e della parità dei coniugi, quindi la possibilità della
trasmissione della cittadinanza italiana anche per linea materna. Principio oggi
ribadito anche dalla Suprema Corte di Cassazione.
Gli Ermellini hanno affermato
che: “per effetto delle sentenze della Corte Costituzionale, deve essere
riconosciuto il diritto allo status di cittadino italiano al richiedente nato
all’estero da figli di donna italiana coniugata con cittadino straniero nel
vigore della L. 555/1912 che sia stata, di conseguenza, privata della
cittadinanza italiana a causa del matrimonio”.
Come ottenere il
riconoscimento della cittadinanza italiana iure sanguinis
Il riconoscimento della
cittadinanza italiana iure sanguinis può avvenire attraverso due procedure:
la procedura giudiziale e la procedura amministrativa.
La procedura giudiziale
La procedura giudiziale, è
la procedura che permette di ottenere il riconoscimento della cittadinanza iure
sanguinis in maniera più celere, in quanto i tempi per ottenere il riconoscimento
della cittadinanza in via amministrativa, attraverso il Consolato, sono molto
lunghi. Basti pensare che i tempi per essere chiamati al consolato possono
superare i 10 anni. È preferibile, allora la via giudiziale. Il Tribunale Roma con la sentenza n. 2055/
2019 ha riconosciuto la problematica delle lunghissime liste di attesa e le
ha considerate un diniego di riconoscimento del diritto vantato dai
richiedenti, giustificando così il loro accesso alla via giurisdizionale. Sulla
scia di tale orientamento, recenti sentenze del Tribunale di Roma hanno
previsto che non è necessario attendere 730 giorni prima di iniziare l’azione
giudiziaria.
Singoli passaggi della
procedura giudiziale
Innanzitutto bisogna premettere,
che dal 2021 è cambiata la legge, e pertanto, la competenza a decidere
la domanda di cittadinanza iure sanguinis non è più il Tribunale di Roma, ma è
il Tribunale del foro di nascita dell’avo italiano.
Il procedimento è disciplinato
dalla legge delega 206/2021 la quale prevede al comma n. 36: “quando
l’attore risiede all’estero le controversie di accertamento dello stato di
cittadinanza italiana sono assegnate avendo riguardo al comune di nascita del
padre, della madre o dell’avo cittadini italiani”.
Quindi, la competenza in materia
di domanda di cittadinanza ius sanguinis è delle Sezioni Specializzate in
materia di immigrazione e cittadinanza del tribunale del luogo del comune di
nascita dell’avo cittadino italiano.
Il procedimento, oggi, a seguito
della cd Riforma Cartabia si svolge secondo le norme del rito
semplificato di cognizione, di cui all’articolo 281 decies e ss c.p.c.
È necessaria l’assistenza di un
legale, ed è necessaria la procura notarile per la rappresentanza in
giudizio. All'uopo è opportuno dotarsi di una procura redatta da un
notaio e successivamente tradotta, e in alcuni casi apostillata. Non è
necessaria la presenza dei ricorrenti in Italia.
Per poter presentare la domanda
giudiziale di riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis, di particolare
importanza è la raccolta della documentazione. I documenti raccolti,
formati all’estero, devono ai sensi del DPR. 445/2000, essere tradotti in
lingua italiana e muniti di legalizzazione consolare. La validità
dei certificati è disciplinata dall’art. 41 del DPR 445/2000 che
stabilisce la validità illimitata dei certificati rilasciati dalle pubbliche
amministrazioni attestanti stati, qualità personali e fatti non soggetti a
modificazione. Le restanti certificazioni hanno invece validità di sei mesi. La
stessa legge si applica anche ai documenti prodotti in Italia.
Nell’ambito del processo
giudiziale incombe l’onere sulla parte che richiede il riconoscimento della
cittadinanza italiana di fornire la prova del suo diritto, quindi la
prova della filiazione da discendente italiano per cui, di fondamentale
importanza è la raccolta della documentazione, che costituirà prova del
rapporto di filiazione.
Ottenuto il riconoscimento della
cittadinanza italiana, l’avvocato provvederà a richiedere, all’ufficio
anagrafico del comune italiano di nascita dell’avo, la trascrizione degli atti
nel registro dello stato civile.
Con l’avvenuta trascrizione la
procedura si intende conclusa. Il riconoscimento della cittadinanza italiana
opera con effetto retroattivo alla nascita della persona. I richiedenti
possono recarsi personalmente presso gli Uffici Consolari di residenza per
richiedere l’iscrizione all’AIRE (Anagrafica italiani residenti all’estero)
nonché il rilascio del passaporto italiano.
La via amministrativa
Come anzidetto, in alcuni casi è
possibile anche scegliere la procedura amministrativa. La procedura
amministrativa permette il riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis
senza instaurare un giudizio. Tuttavia, i tempi per ottenere il riconoscimento
della cittadinanza sono più lunghi. La procedura amministrativa può svolgersi
in due modalità, a seconda che il richiedente risieda all’estero o in Italia.
Se risiede in Italia è possibile
esperire la procedura amministrativa tramite il comune di residenza del
richiedente, quindi è necessaria preliminarmente ottenere l’iscrizione
anagrafica, ed è necessario avere ottenuto la residenza nel Comune in cui si intende
esperire il procedimento amministrativo di riconoscimento della cittadinanza
iure sanguinis, oltre ad avere preliminarmente, regolare permesso di soggiorno.
Invece, per i residenti
all’estero possono proporre istanza all’autorità consolare.
I tempi di attesa per ottenere la
cittadinanza iure sanguins in via amministrativa sono più lunghi. Se la
procedura viene avviata personalmente in Italia, l’attesa varia in base al
Comune, nel caso in cui la domanda è presentata all’estero, l’attesa varia in
base al Consolato. Proprio per abbattere i tempi di attesa, e permettere al
richiedente di continuare a risiedere all’estero è sempre consigliabile la via
giudiziale.
Di particolare importanza è la
raccolta della documentazione e il rispetto della normativa di riferimento. A
tal proposito importante è la circolare del ministero dell’interno la K.28.1
del 1992 che rappresenta una sorta di “vademecum” delle procedure da seguire
per i cittadini stranieri che vogliono ottenere il riconoscimento della
cittadinanza italiana.
Naturalmente al fine di poter
richiedere il riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis, è necessario
ricostruire la discendenza della cittadinanza italiana. Quindi è necessario
partire dall’avo italiano, e verificare, attraverso la preliminare raccolta
della documentazione che non vi sono stati processi di naturalizzazione o
interruzione nella trasmissione della cittadinanza.
Sono un avvocato che grazie alla collaborazione con diversi studi legali ha maturato esperienza sia nel settore giudiziale che stragiudiziale in materia di diritto civile, diritto del lavoro e previdenziale, contrattualistica, responsabilità civile et al, diritto dell'immigrazione, diritto tributario e ancora assistenza in materia di diritto penale e dell'esecuzione penale.
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Nicoletta Genovese
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