La responsabilità civile del medico. Evoluzione normativa

Scritto da: Nicoletta Genovese - Pubblicato su IUSTLAB




Pubblicazione legale:

La responsabilità del medico e dell'esercente le professioni sanitarie è stato oggetto di una continua evoluzione normativa. Partendo dalla diatriba obbligazioni di mezzi, obbligazioni di risultato, si è cercato di individuare, nel corso del tempo, una disciplina che riuscisse da un lato a garantire una tutela effettiva al paziente dalla cd malpractice, dall'altro una tutela del  medico, garantendo una evoluzione del rapporto medico paziente armonioso, tale da mettere al riparo dalla malpractice e dalla medicina difensiva.

Fino al 2012, anno di emanazione del decreto Balduzzi, la materia della responsabilità del medico era disciplinata applicando i principi generali dell’ordinamento.

Il riferimento era agli artt. 2230 e seg. del c.c.. In particolare si inquadrava la responsabilità del medico nell’alveo delle norme dedicate all’esercizio dell’attività professionale e delle obbligazioni.

Partendo dal presupposto che la professione medica è una professione intellettuale, al fine di circoscrivere la responsabilità del medico si invocava l’applicazione dell’articolo 2236 del c.c. ai sensi del quale: “Se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni ,se non in caso di dolo o colpa grave”, limitando così l’attribuzione di responsabilità in capo al medico al solo dolo o alla colpa grave.

Le richieste della medicina moderna

Ben presto, la medicina moderna ha rilevato la fallacia di un simile sistema normativo. Nuove esigenze della medicina e lo sviluppo di una nuova considerazione di esito (la cui incertezza si è sempre meno disposti ad accertare), hanno fatto avvertire la necessità di individuare regole e linee guida che riducessero al massimo la discrezionalità del medico.

Così, si è assistito ad un vivace dibattito dottrinale e giurisprudenziale, alla luce delle nuove esigenze avvertitesi a seguito della ormai accertata complessità dell’attività medica e del suo specializzarsi; oltrechè del mutato rapporto medico-paziente in un’ottica sempre più individualista, in cui l’interesse del paziente non è solo alla conservazione delle proprie condizioni di salute ma al loro miglioramento.

In tale contesto, la prestazione del medico per poter essere diligente oltre ad essere conforme agli standard scientifici propri della prestazione medica, deve adempiere anche ad una serie di obblighi accessori, la cui violazione è fonte di responsabilità, quali quelli: informativi; di controllo e di vigilanza.

La dottrina e la giurisprudenza hanno dovuto elaborare concetti nuovi, mettendo in dubbio istituti, nozioni, assiomi sulle quali si era basata per anni la disciplina della responsabilità del medico.

La malasanità e il ricorso alla medicina difensiva

Passando dalla teoria alla pratica, nell’ambito di un contesto socio-sanitario caratterizzato dall’esplosione di casi di malasanità e dalla rincorsa alle responsabilità, da un lato si è enfatizzata la posizione di garanzia del medico nei confronti del paziente, portando alla elaborazione della teoria del contatto sociale, dall’altro si è assistito all’attuazione di pratiche di medicina difensiva attuate dal medico per difendere sé stesso contro eventuali azioni di responsabilità.

Questo modo di operare, ha finito con il mettere a serio rischio la salute dei pazienti, oltrechè arrecare ingenti costi per le casse dello Stato. Basti pensare ai costi a carico del servizio sanitario nazionale per la prescrizione anche non necessaria di analisi. Finendo così, con l’allontanarsi, dall’obbiettivo prioritario di tutelare il malato: soggetto debole per antonomasia.

Il decreto Balduzzi, aporie e questioni irrisolte

Ben presto, si è avvertita l’esigenza di una disciplina ad hoc della responsabilità del medico, che tenesse conto della peculiarità del rapporto medico-paziente e che innovasse la disciplina della responsabilità dei medici e delle strutture sanitarie pubbliche e private.

Così si è giunti all’emanazione del Decreto Balduzzi (dl. 158 del 2012 convertito in l. 189/2012), con il quale si è cercato di arginare il problema della medicina difensiva, partendo dall’assunto che l’obbligazione del medico è una obbligazione di mezzi e non di risultato.

Ragion per cui, il medico ha l’obbligo di impiegare tutti i mezzi necessari e adeguati, di cui abbia o possa acquisire la disponibilità per la tutela della salute del paziente. Per meglio esercitare la sua attività dovrà attenersi alle linee guida e alla buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica, attivandosi per eseguire la propria prestazione, osservando uno standard di diligenza professionale secondo il criterio generale: “dell’homo eiusdem professionis et condicionis“.

Decreto Balduzzi: responsabilità contrattuale o extracontrattuale?

Tuttavia, il decreto Balduzzi, non ha avuto grande successo in merito alla disciplina della responsabilità civile, anzi ha alimentato notevolmente i dubbi e le perplessità esistenti circa l’esatta qualificazione da attribuire alla responsabilità medica. Ci si è chiesto, se la responsabilità del medico dovesse essere considerata contrattuale (come asseriva la preminente giurisprudenza) o extracontrattuale (come aveva fatto presumere il richiamo all’articolo 2043 del codice civile dall’articolo 3 del decreto 158/2012 rubricato “ Responsabilità dell’esercente le professioni sanitarie”.  

I primi commentatori hanno ritenuto che fosse intenzione del legislatore ricondurre la responsabilità del medico entro il regime della responsabilità aquiliana, quindi della responsabilità per fatto illecito.

Una tale lettura, comportava che il medico potesse essere considerato responsabile civilmente ex art 2043, esclusivamente nei casi in cui si fosse verificata una violazione del principio del c.d. alterum non laedere. Principio che sarebbe configurabile unicamente quando: per effetto dell’intervento del sanitario, il paziente si trovasse in una posizione peggiore rispetto a quella precedente. Se, invece, il paziente non realizza il risultato positivo che si potrebbe legittimamente aspettare dalle ordinarie tecniche sanitarie, non sarebbe configurabile una responsabilità extracontrattuale del medico, per il semplice fatto che il paziente non ha subito un danno rispetto alla situazione quo ante.

Il contributo della giurisprudenza e la teoria del contatto sociale

Gli stessi sono stati subito smentiti dalla giurisprudenza di legittimità che è giunta ad individuare quale figura unitaria della responsabilità, quella contrattuale, sulla base dell’assunto che sebbene si dovesse distinguere tra responsabilità personale del medico e responsabilità della struttura sanitaria, la responsabilità del medico personale  o operante in una struttura sanitaria pubblica o privata, doveva essere qualificata sempre come responsabilità contrattuale, sebbene si dovesse distinguere la fonte di tale responsabilità.

Per quanto riguarda la responsabilità del medico, essa deriverebbe dalla posizione di garanzia che il professionista ricopre nei confronti del paziente. In poche parole, dal momento in cui il medico prende in carico il paziente, si instaura un rapporto sociale qualificato che comporta obblighi in capo al medico analoghi a quelli previsti dal contratto d’opera professionale. Obblighi che deriverebbero dal semplice contatto che si instaura tra il medico e il paziente ( Teoria del contatto sociale). Viceversa, per quanto concerne la responsabilità della struttura sanitaria, sia essa pubblica o privata, essa troverebbe origine nella stipula del contratto atipico di spedalità. Con l’accettazione del paziente, la struttura sanitaria si impegna a mettere a disposizione del malato non solo le prestazioni dei medici, paramedici e ausiliari, ma anche i farmaci, gli ambienti idonei e le attrezzature moderne necessarie per la terapia e la degenza.

La disciplina attuale: la Legge Gelli-Bianco

Il quadro normativo così delineato dalla giurisprudenza, è completamente mutato nell’aprile del 2017 con la legge Gelli-Bianco (L. n.24/2017): ” recante norme in materia di sicurezza delle cure e della persona assistita, nonché’ in materia di responsabilità professionale degli esercenti le professioni sanitarie“, che ha completamente innovato il quadro normativo della responsabilità del medico, cercando di superare le aporie e le questioni irrisolte del decreto Balduzzi, prendendo una posizione chiara circa l’inquadramento sistematico della natura giuridica della responsabilità medica.

Il sistema binario della responsabilità civile del medico e della struttura sanitaria

Al fine porre fine all’antica diatriba responsabilità contrattuale-responsabilità extracontrattuale, l’articolo 7 della legge Gelli-Bianco introduce un sistema binario della responsabilità civile medica, che prevede un trattamento diverso dell’esercente la professione sanitaria e la struttura sanitaria sia essa pubblica o privata.

La responsabilità della struttura sanitaria è disciplinata dal comma 1 dell’art.7: “La struttura sanitaria o sociosanitaria pubblica o privata che, nell’adempimento della propria obbligazione, si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria, anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa, risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle loro condotte dolose o colpose”.

Ai sensi del comma 3 dello stesso articolo, la disciplina della responsabilità dell’esercente le professioni sanitarie viene così regolata: “L’esercente la professione sanitaria di cui ai commi 1 e 2, risponde del proprio operato ai sensi dell’art. 2043 del codice civile, salvo abbia agito nell’adempimento di una obbligazione contrattuale assunta con il paziente[…]”.

Dal dettato normativo dell’art. 7 emerge un doppio binario della responsabilità civile medica: l’esercente le professioni sanitarie che esercita la propria attività a qualsiasi titolo all’interno della struttura sanitaria, risponderà della propria condotta ex art. 2043; invece la struttura ospedaliera risponderà dei danni cagionati dal medico ex art. 1218, quindi a titolo di responsabilità contrattuale.

Onere probatorio e termine prescrizionale alla luce delle novità introdotte con la legge Gelli Bianco

Il regime binario introdotto con la legge Gelli-Bianco comporta delle notevoli differenze, sul piano dell’onere probatorio e del termine prescrizionale.

Nel caso di azione di responsabilità nei confronti dell’esercente la professione sanitaria, il quale risponderà a titolo di responsabilità extra contrattuale, dovrà essere il paziente a dimostrare l’intero danno subito e l’elemento soggettivo. Il paziente inoltre è obbligato a rispettare il termine prescrizionale quinquennale ex art. 2947 c.c.

Viceversa, la responsabilità della struttura sanitaria, posta nell’alveo della responsabilità contrattuale, soggiace a regole diverse: in tal caso l’onere della prova è posto a carico della struttura sanitaria, dovendo, il paziente, dimostrare solamente la prova del titolo contrattuale e dell’inadempimento; inoltre il termine dell’azione sarà quello ordinario, cioè quello decennale previsto dall’art. 2046 c.c.

In definitiva, salvo il caso in cui, paziente e medico abbiano stipulato uno specifico contratto ( in tal caso si applicherà la disciplina del contratto d’opera intellettuale e il medico risponderà, in  caso di inadempimento, ai sensi dell’articolo 1218 del cc), la responsabilità del medico avrà natura extracontrattuale. Fermo restando che le due responsabilità (contrattuale della struttura sanitaria e aquiliana del medico) possono concorrere, secondo il principio generale desumibile dall’articolo 2055 del codice civile.

Evidenti sono, in ultima istanza, gli scopi che il legislatore intende perseguire mediante una tale disciplina. Differenziare le posizioni risarcitorie della struttura sanitaria e del medico, ha come effetto quello di trasferire gran parte del rischio sulla struttura sanitaria, consentendo al medico di esercitare la propria professione con maggiore tranquillità. Così il legislatore prova a porre un argine alle condotte di medicina difensiva che rischiano di porre il malato in una posizione secondaria rispetto alla condotta del medico, preoccupato più di non subire conseguenze penali e/o civili che curare il proprio paziente.

L’apertura della legge Gelli-Bianco alle ADR ” Alternative dispute resolution” e la riduzione del contenzioso

L’obbiettivo prioritario della Gelli-Bianco è la riduzione del contenzioso da responsabilità medica prevedendo la sostenibilità del sistema attraverso strumenti assicurativi. Infatti, tra le novità più significative sono annoverabili l’obbligo di assicurazione sia per il professionista che per la struttura (articolo 10), la previsione della possibilità per il danneggiato di agire direttamente nei confronti dell’assicuratore ( articolo 12) e l’istituzione di un fondo di garanzia nel caso di superamento del massimale ( articolo 14).

Inoltre, dal punto di vista processuale, proprio al fine di ridurre il numero dei contenziosi per malasanità, l’articolo 8 della legge Gelli-Bianco prevede, quale condizione di procedibilità della domanda di risarcimento, l’espletamento della consulenza tecnica preventiva, in funzione conciliativa, di cui all’articolo 696 bis c.p.c, al quale sono obbligate a partecipare tutte le parti, ivi incluse le imprese di assicurazione coinvolte. Alternativamente alla consulenza tecnica preventiva, potrà essere esperito il procedimento di mediazione, ai sensi del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28. Questo permette di evitare i costi del processo e di ridurre i tempi della trattazione e della decisione della controversia.



Pubblicato da:


Avvocato Nicoletta Genovese a Rivello
Nicoletta Genovese

Avvocato