Pubblicazione legale:
La responsabilità del medico e dell'esercente le professioni sanitarie è stato oggetto di una continua evoluzione normativa. Partendo dalla diatriba obbligazioni di mezzi, obbligazioni di risultato, si è cercato di individuare, nel corso del tempo, una disciplina che riuscisse da un lato a garantire una tutela effettiva al paziente dalla cd malpractice, dall'altro una tutela del medico, garantendo una evoluzione del rapporto medico paziente armonioso, tale da mettere al riparo dalla malpractice e dalla medicina difensiva.
Fino al 2012, anno di emanazione del decreto Balduzzi, la materia della responsabilità del medico era disciplinata applicando i principi generali dell’ordinamento.
Il riferimento era agli artt. 2230 e seg. del c.c..
In particolare si inquadrava la responsabilità del medico nell’alveo delle
norme dedicate all’esercizio dell’attività professionale e delle obbligazioni.
Partendo dal presupposto che la professione medica è una
professione intellettuale, al fine di circoscrivere la responsabilità del
medico si invocava l’applicazione dell’articolo 2236 del c.c. ai sensi del
quale: “Se la prestazione implica la soluzione di problemi tecnici di
speciale difficoltà, il prestatore d’opera non risponde dei danni ,se non in
caso di dolo o colpa grave”, limitando così l’attribuzione di
responsabilità in capo al medico al solo dolo o alla colpa grave.
Le richieste della medicina moderna
Ben presto, la medicina moderna ha rilevato la fallacia di
un simile sistema normativo. Nuove esigenze della medicina e lo
sviluppo di una nuova considerazione di esito (la cui incertezza si è sempre
meno disposti ad accertare), hanno fatto avvertire la necessità di
individuare regole e linee guida che riducessero al massimo la
discrezionalità del medico.
Così, si è assistito ad un vivace dibattito dottrinale e
giurisprudenziale, alla luce delle nuove esigenze avvertitesi a seguito della
ormai accertata complessità dell’attività medica e del suo
specializzarsi; oltrechè del mutato rapporto medico-paziente in
un’ottica sempre più individualista, in cui l’interesse del paziente non è solo
alla conservazione delle proprie condizioni di salute ma al loro miglioramento.
In tale contesto, la prestazione del medico per poter
essere diligente oltre ad essere conforme agli standard
scientifici propri della prestazione medica, deve adempiere anche ad una serie
di obblighi accessori, la cui violazione è fonte di
responsabilità, quali quelli: informativi; di controllo e di vigilanza.
La dottrina e la giurisprudenza hanno dovuto elaborare
concetti nuovi, mettendo in dubbio istituti, nozioni, assiomi sulle quali si
era basata per anni la disciplina della responsabilità del medico.
La malasanità e il ricorso alla medicina difensiva
Passando dalla teoria alla pratica, nell’ambito di un
contesto socio-sanitario caratterizzato dall’esplosione di casi di malasanità e
dalla rincorsa alle responsabilità, da un lato si è
enfatizzata la posizione di garanzia del medico nei confronti del paziente,
portando alla elaborazione della teoria del contatto sociale,
dall’altro si è assistito all’attuazione di pratiche di medicina
difensiva attuate dal medico per difendere sé stesso contro eventuali
azioni di responsabilità.
Questo modo di operare, ha finito con il mettere a serio
rischio la salute dei pazienti, oltrechè arrecare ingenti
costi per le casse dello Stato. Basti pensare ai costi a carico del servizio
sanitario nazionale per la prescrizione anche non necessaria di analisi.
Finendo così, con l’allontanarsi, dall’obbiettivo prioritario di tutelare il
malato: soggetto debole per antonomasia.
Il decreto Balduzzi, aporie e questioni irrisolte
Ben presto, si è avvertita l’esigenza di una disciplina ad
hoc della responsabilità del medico, che tenesse conto della peculiarità del
rapporto medico-paziente e che innovasse la disciplina della responsabilità dei
medici e delle strutture sanitarie pubbliche e private.
Così si è giunti all’emanazione del Decreto Balduzzi (dl.
158 del 2012 convertito in l. 189/2012), con il quale si è cercato di
arginare il problema della medicina difensiva, partendo dall’assunto che
l’obbligazione del medico è una obbligazione di mezzi e non
di risultato.
Ragion per cui, il medico ha l’obbligo di impiegare tutti i
mezzi necessari e adeguati, di cui abbia o possa acquisire la disponibilità per
la tutela della salute del paziente. Per meglio esercitare la sua attività
dovrà attenersi alle linee guida e alla buone pratiche accreditate dalla
comunità scientifica, attivandosi per eseguire la propria prestazione,
osservando uno standard di diligenza professionale secondo il criterio
generale: “dell’homo eiusdem professionis et condicionis“.
Decreto Balduzzi: responsabilità contrattuale o
extracontrattuale?
Tuttavia, il decreto Balduzzi, non ha avuto grande successo
in merito alla disciplina della responsabilità civile, anzi ha alimentato
notevolmente i dubbi e le perplessità esistenti circa l’esatta qualificazione
da attribuire alla responsabilità medica. Ci si è chiesto, se la responsabilità
del medico dovesse essere considerata contrattuale (come
asseriva la preminente giurisprudenza) o extracontrattuale (come
aveva fatto presumere il richiamo all’articolo 2043 del codice civile
dall’articolo 3 del decreto 158/2012 rubricato “ Responsabilità dell’esercente
le professioni sanitarie”.
I primi commentatori hanno ritenuto che fosse intenzione del
legislatore ricondurre la responsabilità del medico entro il regime della
responsabilità aquiliana, quindi della responsabilità per fatto illecito.
Una tale lettura, comportava che il medico potesse essere
considerato responsabile civilmente ex art 2043, esclusivamente nei casi in cui
si fosse verificata una violazione del principio del c.d. alterum non
laedere. Principio che sarebbe configurabile unicamente quando: per effetto
dell’intervento del sanitario, il paziente si trovasse in una posizione
peggiore rispetto a quella precedente. Se, invece, il paziente non realizza il
risultato positivo che si potrebbe legittimamente aspettare dalle ordinarie
tecniche sanitarie, non sarebbe configurabile una responsabilità
extracontrattuale del medico, per il semplice fatto che il paziente non ha
subito un danno rispetto alla situazione quo ante.
Il contributo della giurisprudenza e la teoria del
contatto sociale
Gli stessi sono stati subito smentiti dalla giurisprudenza
di legittimità che è giunta ad individuare quale figura unitaria della
responsabilità, quella contrattuale, sulla base dell’assunto che sebbene si
dovesse distinguere tra responsabilità personale del medico e responsabilità
della struttura sanitaria, la responsabilità del medico personale o
operante in una struttura sanitaria pubblica o privata, doveva essere
qualificata sempre come responsabilità contrattuale, sebbene si dovesse
distinguere la fonte di tale responsabilità.
Per quanto riguarda la responsabilità del medico, essa
deriverebbe dalla posizione di garanzia che il professionista
ricopre nei confronti del paziente. In poche parole, dal momento in cui il
medico prende in carico il paziente, si instaura un rapporto sociale
qualificato che comporta obblighi in capo al medico analoghi a quelli
previsti dal contratto d’opera professionale. Obblighi che deriverebbero dal
semplice contatto che si instaura tra il medico e il paziente
( Teoria del contatto sociale). Viceversa, per quanto concerne la
responsabilità della struttura sanitaria, sia essa pubblica o privata, essa
troverebbe origine nella stipula del contratto atipico di spedalità.
Con l’accettazione del paziente, la struttura sanitaria si impegna a mettere a
disposizione del malato non solo le prestazioni dei medici, paramedici e
ausiliari, ma anche i farmaci, gli ambienti idonei e le attrezzature moderne
necessarie per la terapia e la degenza.
La disciplina attuale: la Legge Gelli-Bianco
Il quadro normativo così delineato dalla giurisprudenza, è
completamente mutato nell’aprile del 2017 con la legge Gelli-Bianco (L.
n.24/2017): ” recante norme in materia di sicurezza delle cure e
della persona assistita, nonché’ in materia di responsabilità professionale
degli esercenti le professioni sanitarie“, che ha completamente
innovato il quadro normativo della responsabilità del medico, cercando di
superare le aporie e le questioni irrisolte del decreto Balduzzi,
prendendo una posizione chiara circa l’inquadramento sistematico della natura
giuridica della responsabilità medica.
Il sistema binario della responsabilità civile del medico
e della struttura sanitaria
Al fine porre fine all’antica diatriba responsabilità
contrattuale-responsabilità extracontrattuale, l’articolo 7 della legge
Gelli-Bianco introduce un sistema binario della responsabilità
civile medica, che prevede un trattamento diverso dell’esercente la professione
sanitaria e la struttura sanitaria sia essa pubblica o privata.
La responsabilità della struttura sanitaria è disciplinata
dal comma 1 dell’art.7: “La struttura sanitaria o
sociosanitaria pubblica o privata che, nell’adempimento della propria
obbligazione, si avvalga dell’opera di esercenti la professione sanitaria,
anche se scelti dal paziente e ancorché non dipendenti della struttura stessa,
risponde, ai sensi degli articoli 1218 e 1228 del codice civile, delle loro
condotte dolose o colpose”.
Ai sensi del comma 3 dello stesso articolo,
la disciplina della responsabilità dell’esercente le professioni sanitarie
viene così regolata: “L’esercente la professione sanitaria di cui ai commi 1
e 2, risponde del proprio operato ai sensi dell’art. 2043 del codice civile,
salvo abbia agito nell’adempimento di una obbligazione contrattuale assunta con
il paziente[…]”.
Dal dettato normativo dell’art. 7 emerge un doppio binario
della responsabilità civile medica: l’esercente le professioni sanitarie che
esercita la propria attività a qualsiasi titolo all’interno della struttura
sanitaria, risponderà della propria condotta ex art. 2043; invece la struttura
ospedaliera risponderà dei danni cagionati dal medico ex art. 1218, quindi a
titolo di responsabilità contrattuale.
Onere probatorio e termine prescrizionale alla luce delle
novità introdotte con la legge Gelli Bianco
Il regime binario introdotto con la legge Gelli-Bianco
comporta delle notevoli differenze, sul piano dell’onere
probatorio e del termine prescrizionale.
Nel caso di azione di responsabilità nei confronti
dell’esercente la professione sanitaria, il quale risponderà a titolo di
responsabilità extra contrattuale, dovrà essere il paziente a dimostrare
l’intero danno subito e l’elemento soggettivo. Il paziente inoltre è obbligato
a rispettare il termine prescrizionale quinquennale ex art. 2947 c.c.
Viceversa, la responsabilità della struttura sanitaria,
posta nell’alveo della responsabilità contrattuale, soggiace a regole diverse:
in tal caso l’onere della prova è posto a carico della struttura sanitaria,
dovendo, il paziente, dimostrare solamente la prova del titolo contrattuale e
dell’inadempimento; inoltre il termine dell’azione sarà quello ordinario, cioè
quello decennale previsto dall’art. 2046 c.c.
In definitiva, salvo il caso in cui, paziente e medico
abbiano stipulato uno specifico contratto ( in tal caso si applicherà la
disciplina del contratto d’opera intellettuale e il medico risponderà, in
caso di inadempimento, ai sensi dell’articolo 1218 del cc), la responsabilità
del medico avrà natura extracontrattuale. Fermo restando che le due
responsabilità (contrattuale della struttura sanitaria e aquiliana del medico)
possono concorrere, secondo il principio generale desumibile dall’articolo 2055
del codice civile.
Evidenti sono, in ultima istanza, gli scopi che il
legislatore intende perseguire mediante una tale disciplina. Differenziare le
posizioni risarcitorie della struttura sanitaria e del medico, ha come effetto
quello di trasferire gran parte del rischio sulla struttura sanitaria,
consentendo al medico di esercitare la propria professione con maggiore
tranquillità. Così il legislatore prova a porre un argine alle condotte di
medicina difensiva che rischiano di porre il malato in una posizione secondaria
rispetto alla condotta del medico, preoccupato più di non subire conseguenze
penali e/o civili che curare il proprio paziente.
L’apertura della legge Gelli-Bianco alle ADR ”
Alternative dispute resolution” e la riduzione del contenzioso
L’obbiettivo prioritario della Gelli-Bianco è la riduzione
del contenzioso da responsabilità medica prevedendo la sostenibilità
del sistema attraverso strumenti assicurativi. Infatti, tra le novità più
significative sono annoverabili l’obbligo di assicurazione sia
per il professionista che per la struttura (articolo 10), la previsione della
possibilità per il danneggiato di agire direttamente nei confronti
dell’assicuratore ( articolo 12) e l’istituzione di un fondo
di garanzia nel caso di superamento del massimale ( articolo 14).
Inoltre, dal punto di vista processuale, proprio al fine di
ridurre il numero dei contenziosi per malasanità, l’articolo 8 della legge
Gelli-Bianco prevede, quale condizione di procedibilità della
domanda di risarcimento, l’espletamento della consulenza tecnica
preventiva, in funzione conciliativa, di cui all’articolo 696 bis c.p.c, al
quale sono obbligate a partecipare tutte le parti, ivi incluse le imprese di
assicurazione coinvolte. Alternativamente alla consulenza tecnica preventiva,
potrà essere esperito il procedimento di mediazione, ai sensi del d.lgs. 4
marzo 2010, n. 28. Questo permette di evitare i costi del processo e di ridurre
i tempi della trattazione e della decisione della controversia.
Il portale giuridico al servizio del cittadino ed in linea con il codice deontologico forense.
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