L’ordinamento italiano accorda particolare tutela ai consumatori, sopratutto quando sono parte di rapporti economici con operatori professionali. Ad essi è riconosciuto il diritto di ricevere informazioni chiare e trasparenti, di recedere dal contratto senza penali eccessive, di non subire gli effetti di clausole troppo gravose e di non essere vittime di pratiche commerciali scorrette. Tali privilegi sono pensati per essere goduti dal singolo, ma cosa succede quando più consumatori si riuniscono in una collettività, come il condominio? Dopo un lungo e travagliato percorso giurisprudenziale, è oggi pacifico che anche al condominio possono esse applicate le disposizioni dettate in tema di protezione dei consumatori. Nella breve esposizione che seguirà, cercheremo di capire quali vantaggi derivano ai singoli condòmini e ciò che comporta per gli amministratori del condominio.
Indice
1. Chi è il consumatore e chi è il professionista?
2. Il condominio è un consumatore?
3. In cosa consiste la tutela del consumatore?
4. Le clausole vessatorie
5. La clausola penale
6 Le clausole di variazione automatica del corrispettivo
7 Il foro di competenza
8 Il termine richiesto per la disdetta
9 Come agire contro le clausole vessatorie: il ruolo dell’amministratore
1. Chi è consumatore e chi professionista?
Il consumatore è la persona fisica che agisce per soddisfare un bisogno personale o privato, al di fuori di un’attività professionale [1]. Dunque, siamo tutti consumatori, quando stipuliamo un contratto privato per servizi telefonici, per il riscaldamento, per acquistare un paio di scarpe o un’automobile etc. etc..
Di contro, il professionista è la persona fisica o giuridica (società) che agisce nell’esercizio della propria attività professionale o imprenditoriale. Pertanto, sono professionisti tutti gli operatori economici che erogano servizi o vendono beni, siano essi forniture telefoniche, elettriche, di riscaldamento, di interventi edili, di pulizia scale ect. ect.
Si badi bene, la definizione di professionista e consumatore non è immutabile, ma varia a seconda del modo in cui il soggetto agisce. Nessuno è sempre consumatore, o professionista. Ciò perché un consumatore diventa professionista, quando acquista o cede beni nell’ambito della propria attività professionale. Viceversa un professionista diventa consumatore, quando stipula contratti con altri professionisti per soddisfare esigenze di vita private.
2. Il condominio è un consumatore?
Si è detto che essere un consumatore porta a godere di vantaggi rilevanti nel campo della protezione commerciale. Si è pure anticipato che tale qualifica è oggi riferibile anche ad un’associazione composta da più consumatori. Il fatto che siano raggruppati in una sola entità, secondo i giudici, non fa perdere loro il diritto alla protezione che il legislatore gli tributa come singoli. Diversamente ragionando, la tutela consumeristica sarebbe meramente individuale; una soluzione in contrasto con il nostro ordinamento che, già a livello costituzionale, tutela le formazioni sociali in ogni loro forma [2]. Anche quando si tratta di un condominio, che ben può essere considerato un consumatore [3].
Ad oggi, l’unico caso dubbio è quello in cui il condominio sia composto in maggioranza da condomini professionisti. Si pensi, per esempio, ad un’unità immobiliare costituita, per la maggior parte da uffici commerciali o professionali. In queste circostanze si dubita che possa trovare applicazione la tutela riservata ai consumatori. Si tratta, tuttavia, di un caso limite, che per la sua straordinarietà, non verrà analizzato oltre.
3 In cosa consiste la tutela del consumatore?
La legge italiana presume che tra consumatore e professionista vi sia uno squilibrio originario: il primo non ha tutte le competenze e le conoscenze di cui dispone il secondo; inoltre, il testo dei contratti è redatto, di regola, solo dal professionista, il quale può dunque predisporre un regolamento espressamente orientato a favorirlo.
Per colmare tale disparità, il Cod. del Consumo riconosce al consumatore un’ampia serie di tutele tra cui rientrano, a titolo non esaustivo, il diritto a ricevere informazioni complete, la protezione da pubblicità commerciali e prassi scorrette, o troppo aggressive. L’analisi completa dell’intera rete di difesa tessuta a tutela del consumatore non è possibile in questa sede, dove invece si analizzerà solo ciò che riguarda, in maniera diretta, la posizione del condominio.
4 Le clausole vessatorie
Le disposizioni del Codice del Consumo più rilevanti per la nostra trattazione attengono all’inefficacia di alcune disposizioni contrattuali, che determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio di diritti e obblighi derivanti dal contratto [4]. Esse sono definite clausole vessatorie. E sono nulle, senza alcuna efficacia verso il consumatore. Ciò significa che, anche se il contratto in cui sono inserite rimane perfettamente valido, esse sono improduttive di effetti; come fossero inesistenti. Questo in teoria, perché nella realtà, le clausole vessatorie devono essere contestate al professionista. Se egli non le disapplicasse volontariamente, il consumatore dovrà poi agire in sede giudiziale per ottenere una pronuncia di nullità.
Il giudice dovrà valutare la vessatorietà delle clausole in ragione dell’oggetto del contratto, delle circostanze in cui fu concluso e dell’equilibrio generale dell’accordo di cui sono parte. Non sono mai vessatorie le clausole che riproducono disposizioni di legge obbligatorie. Nè quelle che furono oggetto di trattativa individuale, e dunque espresso accordo, tra consumatore e professionista. Sempre, beninteso, che quest’ultimo sia in grado di provare tale circostanza [5].
Per semplificare l’accertamento della vessatorietà, il legislatore ha stilato due elenchi: il primo, chiamato lista grigia, individua le clausole che sono vessatorie fino a prova contraria (fornita dal professionista)[6], il secondo, chiamata lista nera, individua le clausole che sono sempre vietate (e inefficaci) indipendentemente dalla controprova data dal professionista [7]. Muoversi attraverso questi elenchi consente di avere un quadro generale di quali possano essere le clausole vessatorie, ma non permette di esaurire l’intera categoria. Lo stesso legislatore ha infatti voluto creare una nozione di vessatorietà aperta e flessibile, capace di adattarsi alla smisurata varietà dei casi concreti, tipici della vita quotidiana e soprattuto della infinta poliedricità delle prassi commerciali.
Di seguito, si elencheranno le clausole vessatorie più ricorrenti nell’ambito di rapporti che attengono la fornitura di energia elettrica, di gas e di acqua, di servizi telefonici, televisivi, di gestione riscaldamento comune e pulizia scale, ovvero quei contratti che vengono solitamente stipulati dai condomini.
5 La clausola penale
Certi contratti prevedono che il consumatore, in caso di risoluzione anticipata, debba versare una somma di denaro pari all’intero corrispettivo pattuito per l’esecuzione dell’accordo, o comunque una somma di denaro non proporzionata ai costi sostenuti dal professionista. Lo scopo è chiaro: rendere sconveniente al privato l’abbandono dell’accordo. La clausola in menzione, indipendentemente da come sia denominata nel contratto (penale, risarcimento per recesso, indennizzo ecc…) rientra nella lista grigia delle clausole vessatorie [8]. Essa è dunque inefficace e non produce effetto nei confronti del condominio. È tuttavia ammessa la prova contraria da parte del professionista, il quale potrebbe dimostrare che, nell’economia globale del contratto, tale clausola non pone a carico del consumatore una prestazione irragionevolmente non equilibrata o che fu oggetto di specifica trattativa.
Nella prassi contrattuale l’effetto di deterrenza al recesso proprio delle clausole penali, viene spesso perseguito erogando al consumatore una prestazione aggiuntiva, il cui costo è rateizzato. In caso di recesso anticipato, lo stesso viene però immediatamente addebitato al consumatore. Si pensi, ad esempio, all’installazione di un nuovo sistema di teleriscaldamento condominiale. La società erogante, per fornire il servizio, deve prima installare un’apposita apparecchiatura di depurazione dei fanghi, il cui prezzo ammonta a 10.000,00 €. Il professionista offre allora la possibilità al condominio di pagare tale dispositivo in 10 comode rate annuali di 1.000,00 € ciascuna. In caso di recesso dal contratto di teleriscaldamento, però, il consumatore dovrà immediatamente corrispondere tutte le rate residue. Così modulate, questo tipo di clausole sono normalmente legittime.
6 Le clausole di variazione automatica del corrispettivo
Spesso i beni dei servizi erogati non sono fissi, ma variano a seconda del mutare di circostanze esterne. Si consideri la fornitura di combustibili naturali, il cui prezzo è determinato dell’andamento del mercato di approvvigionamento, soggetto a sbalzi di valore molto forti. In questi casi il professionista può ancorare il prezzo delle prestazioni erogate a indici esterni, per esempio alla quotazione del greggio, ma la clausola è valida solo se le modalità di variazione siano espressamente descritte nel contratto [9]. Sono invece vessatorie, e dunque inefficaci, le clausole di indicizzazione che consentono variazioni del prezzo senza chiara specificazione dei parametri in base ai quali ciò potrà avvenire, perché per esempio riferite a mercati non attinenti a quel bene, o dai riferimenti incerti, o arbitrati. Qualora le clausole di indicizzazione fossero nulle, il condominio potrebbe continuare a pagare la fornitura dei servizi erogati secondo quanto pattuito in sede di stipula, senza subire aumenti.
7 Il foro di competenza
Alcuni contratti prevedono che ogni controversia inerente l’esecuzione o l’interpretazione delle disposizioni sia di esclusiva competenza di uno specifico tribunale. Solitamente, quello in cui ha sede il professionista. Tale clausola è da ritenersi vessatoria sino a prova contraria, in quanto mira ad alterare il principio di favore, secondo cui il consumatore ha diritto ad adire la via giudiziale nel luogo in cui ha il domicilio o la residenza. [10]. In caso di vessatorietà, il condominio potrà convenire il Professionista avanti al giudice competente per il luogo ove egli ha sede, indipendentemente da quanto previsto nell’accordo.
8 Termine richiesto per la disdetta eccessivamente anticipato
Nei contratti di fornitura sono normalmente previsti meccanismi automatici di rinnovo del contratto. Ciò per garantire una continuità del servizio funzionale sia al consumatore -che godrà dell’erogazione del bene senza soluzioni di continuità- sia al professionista -che conserverà il cliente per il tempo di un altro rinnovo-. Tale sistema deve però prevedere anche una via d’uscita, ossia il modo con cui liberarsi del contratto evitando che i suoi effetti vengano prolungati all’infinito. Ciò avviene mediante la previsione della facoltà di disdetta attribuita al consumatore, il quale può comunicare al professionista la volontà di non rinnovare l’accordo alla scadenza. Nella prassi contrattuale la disdetta è però operabile solo con un predeterminato anticipo, trascorso il quale il rapporto contrattuale sarà prorogato di diritto. La determinazione del termine è lasciata alla volontà delle parti, ma il codice del Consumo considera vessatorie [11] le clausole che prevedono termini di disdetta eccessivamente lunghi, perché, di fatto, difficilmente fruibili dal consumatore. Nella prassi, possono considerarsi vessatorie clausole di disdetta superiori ai sei mesi, a meno che non siano sorrette da rigorose ragioni tecniche. La vessatorietà del termine di recesso comporta la possibilità di disdire il contratto in qualsiasi momento antecedente al suo rinnovo.
9 Come agire contro lo clausole vessatorie: il ruolo dell’amministratore
Si è detto che il condominio gode della tutela assicurata al consumatore e si sono elencate le clausole vessatorie contro cui può agire. Non si è detto però come farlo.
Il condominio agisce come associazione, seppur non riconosciuta, la cui rappresentanza spetta all’amministratore del condominio. È dunque suo compito, eventualmente dietro richiesta dei condòmini, contestare l’applicazione di clausole vessatorie nei contratti in essere con i professionisti e, qualora fosse necessario, agire in giudizio per ottenere una loro dichiarazione di nullità. Sempre che ciò possa portare una qualche utilità pratica al condominio. Ipotesi non così peregrina: si pensi alla convenienza di evitare il tacito rinnovo di un contratto particolarmente oneroso, o l’aumento sulla tariffa del carburante per la vecchia caldaia a gasolio.
Inoltre, l’amministratore dovrà prestare particolare attenzione alla sottoscrizione di nuovi contratti, qualora contengano clausole particolarmente onerose per il condominio. Ciò perché tra i poteri lui conferiti dagli articoli 1130 e 1135 c.c. rientrano solo gli atti di ordinaria amministrazione. Per quelli straordinari è viceversa necessaria una specifica autorizzazione da parte dell’assemblea condominiale. Pertanto, parte della giurisprudenza ritiene che l’amministratore non possa sottoscrivere clausole vessatorie vincolanti per il condominio senza preventivo assenso da parte dei condomini. Qualora ciò avvenga, il contratto non sarebbe valido per difetto di rappresentanza e non vincolerebbe né il consumatore né il professionista, i quali potrebbero richiedere il risarcimento dei danni all’amministratore.
Sul punto non mancano opinioni discordanti; taluni ritengono che i contratti stipulati dall’amministratore, pure in carenza di potere, ma eseguiti dalle parti, sarebbero validi perché oggetto di ratifica tacita. Altre posizioni ritengono che, secondo il principio dell’apparenza, il contratto sarebbe valido quando concluso da un professionista ignaro che l’amministratore stesse agendo in assenza di potere e che tale ignoranza derivi dal comportamento del condominio stesso, il quale consapevolmente non ha tributato al suo rappresentante tutti i poteri necessari.
Ad ogni modo, al fine di evitare situazioni spiacevoli, si consiglia caldamente agli amministratori di farsi autorizzare dall’assemblea condominiale a sottoscrivere proprio lo specifico testo contrattuale che andranno a firmare davanti al professionista, ivi compresa la presenza di eventuali clausole vessatorie. Le quali, lo si ricorda, qualora fossero oggetto di specifica contrattazione, sarebbero comunque valide e non contestabili dal consumatore, esponendo l’amministratore ad un’ulteriore responsabilità.
[1] art. 3 Codice del consumo, D.lgs 6.11.2005 n. 206. D’ora in avanti Cod. Consumo
[2] Art. 3 e 18 Costituzione
[3] Cassazione civile n 186/2001 e 10679/2015
[4] art. 33 Cod. Consumo
[5] art. 34 Cod. Consumo
[6] art. 33 Cod. Consumo
[7] art. 36 comma 2 c.c. Cod. Consumo
[8] art 33 comma 2 lettera F Cod. Consumo
[9] art. 33 comma 6 C.Cons
[10] art. 33 comma 2 lettera u C.Cons
[11]art. 33 comma 2 lettera i C.Cons
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