L’onere probatorio nei rapporti bancari e la funzione dell’elenco movimenti: un recente intervento della Corte di Cassazione

Scritto da: Pierfrancesco Viti - Le Controversie Bancarie




Pubblicazione legale: Profili di diritto e rilievi pratici L’ordinanza n. 12492/2025 della Corte di Cassazione si inserisce in un filone giurisprudenziale che, pur senza affermarlo in modo espresso, consolida l’esigenza di rigorosa coerenza tra obblighi informativi in corso di rapporto e oneri probatori in sede giudiziale. Nel caso deciso, la documentazione prodotta dalla banca si limitava a un elenco movimenti interno riferito a un conto “a sofferenza”, mai trasmesso al correntista durante la vigenza del rapporto e privo di quegli elementi minimi – come gli estratti conto scalari e il documento di sintesi – che consentano di ricostruire compiutamente il saldo finale. Il ricorrente ha fondato buona parte del proprio impianto argomentativo sulla necessità di trasporre sul piano processuale le regole che disciplinano la trasparenza bancaria, evidenziando che: «Nel caso in cui la banca agisca come attrice in giudizio, e il credito sia oggetto di contestazione, essa è tenuta a produrre in giudizio la medesima documentazione che avrebbe dovuto trasmettere periodicamente al correntista, ai sensi dell’art. 119 TUB e delle Istruzioni di Vigilanza della Banca d’Italia: estratti conto completi, scalari, documenti di sintesi, ossia atti ufficiali, accessibili, verificabili e conformi alla normativa.» Ne consegue che la prova del credito bancario non può più fondarsi su surrogati documentali, quali prospetti interni, stampe contabili o liste movimenti estranee al circuito informativo obbligatorio previsto dalla legge.L’ordinanza accoglie questa impostazione, pur in forma implicita, laddove riconosce come erroneo il ragionamento della Corte d’Appello che aveva attribuito efficacia probatoria piena a un documento non comunicato al correntista, e non contestato solo perché non impugnato nella prima udienza. In tal modo, la Cassazione riafferma un principio già presente in precedenti come Cass. n. 33355/2018 e n. 10864/2018, secondo cui la mancata contestazione del documento prodotto dalla banca non basta a renderne provato il contenuto, occorrendo comunque che esso sia idoneo, serio, verificabile, e conforme alle regole di trasparenza contrattuale anche con riferimento all’effettiva ricezione di tale documentazione da parte del cliente in corso di rapporto. Da questa impostazione discende un effetto di sistema: la documentazione probatoria deve coincidere con quella prevista per legge ai fini del rendiconto bancario, pena l’inammissibilità sostanziale del credito per difetto di prova. Nei casi in cui il rapporto bancario sia contestato dal cliente, il materiale prodotto dovrà essere non solo tecnicamente sufficiente, ma anche legittimamente formato e comunicato al correntista, altrimenti il giudice non potrà ritenerlo attendibile o utilizzabile a fini decisori. In definitiva, il principio di trasparenza sostanziale nei rapporti contrattuali assume valore anche in sede giudiziale, imponendo un rigore probatorio che si traduce in tutela effettiva per il debitore e in una rinnovata responsabilità per l’ente creditizio. Conclusioni L’ordinanza n. 12492/2025 contribuisce a riaffermare un principio fondamentale: la prova del credito bancario deve fondarsi su documentazione trasparente, accessibile e conforme alla legge. Nel contenzioso civile, le banche non potranno più colmare le lacune probatorie mediante allegazioni interne o elenchi unilaterali mai trasmessi al cliente, specie quando il credito sia oggetto di contestazione. Si tratta di una svolta interpretativa che rafforza le garanzie del correntista e segna un passo deciso verso un sistema processuale più equilibrato e coerente con le regole sostanziali che governano i rapporti bancari.

Fonte: Le Controversie Bancarie



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Pierfrancesco Viti

Avvocato esperto in diritto bancario, civile e amministrativo




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