Pubblicazione legale:
Con la sentenza n. 186/2020 del 09.07.2020
-pubblicata in G.U. il 31.07.2020- la Corte Costituzionale ha dichiarato
illegittimo l’art. 4, comma 1-bis, del D.Lgs.vo 18 agosto 2015, n. 142 come
introdotto dall’art. 13, comma 1, lettera a), numero 2), del D.L. 4 ottobre
2018, n. 113 (c.d. Decreto Sicurezza), convertito, con modificazioni, nella
legge 1° dicembre 2018, n. 132 (c.d. Legge Salvini), nella parte in cui
preclude agli stranieri richiedenti asilo l’iscrizione all’anagrafe. La
Consulta ha dichiarato, in via consequenziale, anche l’illegittimità
costituzionale delle restanti disposizioni dell’impianto dell’art. 13 del D.L.
n. 113 del 2018, poiché in contrasto con l’art. 3 della Costituzione.
Il rimettente Tribunale di Milano, in
particolare, ha chiesto alla Consulta di accertare il carattere discriminatorio
del diniego all’iscrizione anagrafica per violazione del principio di parità di
trattamento tra cittadini italiani e stranieri ai sensi dell’art. 6, comma 7,
del d.lgs. n. 286 del 1998 e dell’art. 15 del d.P.R. 31 agosto 1999, n. 394
(Regolamento recante norme di attuazione del testo unico delle disposizioni
concernenti la disciplina dell’immigrazione e norme sulla condizione dello
straniero, a norma dell’articolo 1, comma 6, del decreto legislativo 25 luglio
1998, n. 286), nonché per violazione del «principio paritario, sotto il profilo
della nazionalità» (ai sensi dell’art. 3 Cost., dell’art. 14 CEDU e dell’art.
43 del d.lgs. n. 286 del 1998).
Secondo l’autorevole pronuncia in
commento, negare l’iscrizione anagrafica agli stranieri richiedenti asilo vuol
dire porre in essere un trattamento differenziato, e indubbiamente
peggiorativo, a una particolare categoria di stranieri in assenza di una
ragionevole giustificazione: “se infatti la registrazione anagrafica è
semplicemente la conseguenza del fatto oggettivo della legittima dimora
abituale in un determinato luogo, la circostanza che si tratti di un cittadino
o di uno straniero, o di uno straniero richiedente asilo, comunque regolarmente
insediato, non può presentare alcun rilievo ai suoi fini”.
Non può essere tollerata nello Stato
italiano un'irragionevole disparità di trattamento tra stranieri richiedenti
asilo e altre categorie di stranieri legalmente soggiornanti nel territorio
statale, oltre che con i cittadini italiani.
La Corte Costituzionale, sul punto, aveva
già avuto modo di superare l’apparente ostacolo interposto dal dato letterale
dell’art. 3 Cost. (che fa riferimento ai soli «cittadini»), affermando che, “se
è vero che l’art. 3 si riferisce espressamente ai soli cittadini, è anche certo
che il principio di eguaglianza vale pure per lo straniero quando trattisi di
rispettare i diritti fondamentali" (cfr. sentenza n. 120 del
1967), e "al legislatore non è consentito introdurre regimi
differenziati circa il trattamento da riservare ai singoli consociati se non in
presenza di una “causa” normativa non palesemente irrazionale o, peggio,
arbitraria” (cfr. Corte Cost., sentenza n. 432/2005).
È corretto, dunque, ritenere che il diritto all’iscrizione anagrafica ricade
tra i diritti fondamentali, in quanto rappresenta «presupposto
dell’identificazione di se stessi anche e soprattutto mediante lo
sviluppo di un senso di appartenenza con la comunità locale presso cui si
decide di fissare la propria stabile dimora». A questi fini, la
maturazione del senso di appartenenza sarebbe prodromica rispetto
all’inserimento dell’individuo nella società, al cui interno potrà
svolgersi la sua personalità (come sancito dall’art. 2 Cost.). Nella prospettiva da ultimo indicata,
l’iscrizione anagrafica costituisce senza dubbio una tappa essenziale nel
processo di integrazione dell'individuo nella comunità sociale in cui lo stesso
ha scelto di inserirsi.
Correttamente, infatti, il Tribunale di
Milano aveva al riguardo preso in considerazione il principio della “centralità
della persona”, come nota caratterizzante dell’art. 2 della Costituzione,
il quale «non fa riferimento all’individuo in quanto partecipe di una
determinata comunità politica, ma in quanto essere umano». Il
Tribunale di Milano aveva sottolineato altresì “(che) la
dignità umana e, quindi, i diritti necessari alla sua garanzia non spettino
solo ai cittadini trova inconfutabile conferma nei principi di eguaglianza e di
parità sociale contenuti nel successivo art. 3 Cost.” (cfr. Corte
Cost., sentt. n. 62/1994, n. 490/1988, n. 54/1979, n. 244 e n. 177 del 1974, n.
144/1970, n. 104/1969, n. 11/1968 e n. 120/1967).
A seguito della dichiarata
incostituzionalità, dunque, si ristabilisce la piena uguaglianza di diritti e
parità di trattamento.
I richiedenti asilo potranno iscriversi
nelle liste anagrafiche e così ottenere la carta d'identità, senza più bisogno
di usare, come documento di riconoscimento, il permesso di soggiorno. Essi
avranno libero accesso ai servizi erogati da tutte le strutture pubbliche nel
luogo dove avranno stabilito la loro residenza.
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