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La novazione

Scritto da: Riccardo Cuccatto - Pubblicato su IUSTLAB

Pubblicazione legale:

 La novazione



Ai sensi dell’art. 1230 c.c., l’obbligazione si estingue quando le parti sostituiscono all’obbligazione originaria una nuova obbligazione con oggetto o titolo differenti. La volontà di estinguere l’obbligazione precedente deve risultare in modo non equivoco.

La novazione, dunque, è un modo di estinzione delle obbligazioni diverso dall’adempimento. Oltre che attraverso l’esatta esecuzione della prestazione che ne costituisce l’oggetto, infatti, le obbligazioni possono estinguersi secondo diverse modalità, tra le quali rientra appunto la novazione.

L’estinzione è qui l’effetto della sostituzione dell’obbligazione originaria con una nuova, diversa negli elementi essenziali.

I modi di estinzione delle obbligazioni diversi dall’adempimento si distinguono in satisfattori e non satisfattori, a seconda che corrispondano o meno ad un interesse del creditore.

Secondo l’opinione dominante la novazione è un modo di estinzione delle obbligazioni diverso dall’adempimento avente carattere non satisfattorio, in quanto non soddisfa l’interesse del creditore all’ottenimento della prestazione, ma determina la sostituzione di questa con una diversa per titolo od oggetto.

Al contrario, si dice, nella novazione è soddisfatto l’interesse del creditore ad ottenere la sostituzione dell’obbligazione originaria; è chiaro, infatti, che se questi ha accettato la sostituzione, aveva interesse a che ciò avvenisse. Ne deriva, pertanto, che anche la novazione può considerarsi a tutti gli effetti un modo di estinzione dell’obbligazione avente carattere satisfattorio, in quanto volto a realizzare l’interesse del creditore alla sostituzione dell’obbligazione originaria.

Occorre, in primo luogo, distinguere tra novazione e semplice modifica del rapporto originario: nel primo caso, infatti, si assiste all’estinzione di tale rapporto con tutte le conseguenze che ne derivano in tema di accessori del credito; nel secondo, invece, avviene una mera modifica di questo, che dunque rimane in vita.

Si discute in ordine alla natura giuridica della novazione: ci si chiede, in particolare, se essa debba considerarsi come un vero e proprio contratto aventi effetti risolutori, ovvero se, lungi dal poter essere considerata come un negozio giuridico, sia in realtà un effetto contrattuale derivante quale conseguenza automatica delle modifiche essenziali inerenti il rapporto originario.

La disputa ha importanti effetti pratici, in quanto influisce sull’interpretazione dei requisiti necessari affinché possa aversi novazione.

Secondo la lettera dell’art. 1230 c.c. per aversi novazione occorrono due distinte condizioni, ossia l’animus novandi e l’aliquid novi.

L’animus novandi è l’intenzione delle parti di estinguere l’obbligazione originaria e di sostituirla con una nuova, diversa per titolo od oggetto. La volontà di novare non deve necessariamente essere manifestata in maniera espressa, ossia mediante una esplicita dichiarazione, ma deve risultare in modo non equivoco. Sono pertanto sufficienti anche comportamenti concludenti, dai quali desumere con certezza l’intenzione delle parti di estinguere l’obbligazione originaria.

La necessità di tale requisito consente di escludere che l’estinzione dell’obbligazione originaria possa avvenire in presenza di una semplice modificazione di questa, anche se riguardante elementi essenziali quali appunto il titolo o la causa.

L’aliquid novi, invece, si identifica con le modifiche essenziali del rapporto obbligatorio: affinché possa averi novazione, infatti, non è sufficiente la volontà della parti di estinguere l’obbligazione originaria, essendo necessario che le stesse abbiano previsto in sua sostituzione una nuova obbligazione, diversa per titolo, inteso come causa dell’obbligazione, od oggetto, ossia come prestazione che identifica l’obbligazione; in questo senso, si distingue tra novazione causale e novazione reale.

Ai sensi dell’art. 1231 c.c., infatti, il rilascio di un documento o la sua rinnovazione, l’apposizione o l’eliminazione di un termine e ogni altra modificazione accessoria dell’obbligazione non producono novazione.

La necessità di entrambi i requisiti indicati vale ad escludere che possa aversi novazione in presenza della sola volontà delle parti di estinguere l’obbligazione originaria, non accompagnata da modifiche essenziali riguardanti il rapporto originario, ovvero in caso di modificazioni del rapporto originario, anche essenziali, non accompagnate dalla intenzione di novare delle parti.

Ciò è confermato dalla giurisprudenza di legittimità, secondo la quale non costituisce novazione oggettiva reale l’impegno del venditore di eliminare i vizi della cosa venduta, in luogo della garanzia concessa dalla legge all’art. 1492 c.c., secondo la quale - in presenza di vizi della cosa - il compratore può domandare a sua scelta la risoluzione del contratto ovvero la riduzione del prezzo.

Tale impegno, in particolare, integra - secondo la S.C. - un riconoscimento di debito e, pertanto, consente solo al debitore di non soggiacere ai termini di prescrizione e di decadenza previsti per l’esercizio delle relative azioni di cui alla norma menzionata.

In tale ipotesi, infatti, manca un requisito fondamentale per aversi novazione, ossia la concorde volontà delle parti di estinguere l’obbligazione originaria e, di conseguenza, nonostante la presenza di una modifica essenziale del rapporto obbligatorio, in particolare l’oggetto dell’obbligazione, non può realizzarsi l’effetto novativo per mancanza dell’animus novandi.

In dottrina, tuttavia, non si ravvisano interpretazioni unanimi circa la rilevanza dei suddetti requisiti.

Per coloro che ritengono la novazione come un vero e proprio contratto, affinché si abbia estinzione dell’obbligazione originaria per novazione è imprescindibile l’intenzione delle parti manifestata in modo non equivoco, mentre non è essenziale il mutamento del titolo o dell’oggetto dell’obbligazione. Ne consegue, quindi, la facoltà per le stesse di procedere a modifiche solo accessorie del rapporto obbligatorio considerandole come novazione e non come mera modificazione del rapporto originario.

In altre parole, in tale ottica l’art. 1231 c.c. non porrebbe il divieto di concludere una novazione avente ad oggetto modifiche accessorie dell’obbligazione, ma varrebbe solo ad escludere, in presenza di tali modifiche, la presunzione di volontà novativa.

Viceversa, coloro che sostengono la tesi della novazione come effetto contrattuale affermano che l’estinzione dell’obbligazione originaria deriva automaticamente come conseguenza di modifiche attinenti ad elementi essenziali del rapporto, quali il titolo o l’oggetto dell’obbligazione. Non sarebbe pertanto necessaria la volontà di novare delle parti, in quanto tali modificazioni comportano inevitabilmente l’estinzione dell’obbligazione originaria. 

Sulla base di tale orientamento, dunque, non sarebbe possibile per le parti accordarsi per determinare l’estinzione dell’obbligazione in presenza di modifiche attinenti ad elementi  solo accessori del rapporto obbligatorio.

Costituendo un modo di estinzione dell’obbligazione, la novazione implica necessariamente la sussistenza, la validità e l’efficacia dell’obbligazione che ne costituisce l’oggetto.

Ai sensi dell’art. 1234, comma 1, c.c., in particolare, la novazione è senza effetto se non esisteva l’obbligazione originaria. 

L’inesistenza deve essere intesa sia in senso materiale che in senso giuridico, ossia come comprensiva anche dell’eventuale nullità dell’obbligazione.

L’espressione ‘’senza effetto’’, in realtà, non sembra corretta, in quanto in tali ipotesi la novazione è radicalmente nulla per mancanza del suo oggetto o comunque della causa, e non semplicemente inefficace.

Come previsto dal secondo comma dell’art. 1234 c.c., quando l’obbligazione derivi da un titolo annullabile, la novazione è valida se il debitore ha assunto validamente il nuovo debito conoscendo il vizio del titolo originario. La novazione, d’altra parte, sarebbe valida nel caso in cui il debitore vi abbia acconsentito una volta che sia ormai andata prescritta l’azione di annullamento.

Secondo l’opinione prevalente, la manifestazione della volontà di novare nella coscienza del vizio del titolo originario costituisce a tutti gli effetti una sorta di convalida del contratto annullabile: il debitore, infatti, acconsentendo alla sostituzione dell’obbligazione originaria annullabile, manifesta implicitamente l’intenzione di convalidarla.

A tale opinione, tuttavia, si obietta che convalida e novazione sono in realtà due fattispecie piuttosto differenti: mentre la convalida, infatti, è volta a sanare il vizio di cui era affetta l’obbligazione originaria mediante una rinuncia all’azione di annullamento, la novazione invece realizza l’effetto sanatorio attraverso l’estinzione di tale obbligazione e  la sua conseguente sostituzione con un’altra valida.

Posto che il codice nulla dice a riguardo, ci si interroga in ordine alla validità di una novazione avente ad oggetto una obbligazione rescindibile.

Qualora si accogliesse la tesi della novazione quale convalida del negozio invalido, allora si dovrebbe convenire per l’impossibilità di procedere alla novazione di un’obbligazione rescindibile, in quanto - per espressa affermazione legislativa - il negozio rescindibile non è suscettibile di essere convalidato. In caso contrario, invece, dovrebbe ammettersi la novazione anche delle obbligazioni rescindibili.

Quanto alla risoluzione, occorre distinguere a seconda che essa sia stata o meno già dichiarata: nel primo caso, ovviamente, la novazione sarebbe nulla per mancanza del suo oggetto; nel secondo, invece, dovrebbe ritenersi ammissibile.

Non è ammessa la novazione delle obbligazioni naturali: ai sensi dell’art. 2034 c.c., infatti, tali obbligazioni non producono alcun effetto giuridico, salvo quello di escludere la ripetibilità della prestazione in capo a colui il quale l’abbia eseguita spontaneamente. Consentendo la novazione delle obbligazioni naturali, invece, si finirebbe per trasformare l’obbligazione naturale in una obbligazione civile, determinandone così la coercibilità.

La novazione, come detto, comporta l’estinzione del rapporto obbligatorio originario, con tutte le conseguenze che ne derivano in tema di accessori del credito. A seguito della novazione, dunque, si estingueranno le azioni e le eccezioni relative all’obbligazione originaria, i termini di prescrizione e di decadenza, le garanzie, nonché gli interessi e le eventuali penali.

Con specifico riguardo alle garanzie, tuttavia, l’art. 1232 c.c. consente il mantenimento dei privilegi, del pegno e delle ipoteche del credito originario quando le parti convengono espressamente di mantenerle per il nuovo credito. 

Nel caso le garanzie siano prestate da terzi, ovviamente, deve ritenersi che occorra, oltre all’accordo tra creditore e debitore, anche il consenso del garante; pertanto, la mancanza del consenso di quest’ultimo comporterà l’inefficacia dell’accordo di mantenimento raggiunto tra creditori e e debitore.

Secondo la dottrina prevalente, d’altra parte, le parti potranno convenire espressamente non solo il mantenimento delle garanzie, ma anche la conservazione delle azioni, delle eccezioni, delle modalità di esecuzione, degli interessi e di tutti gli altri accessori del credito.

Se la novazione si effettua tra il creditore ed uno dei debitori in solido con effetto liberatorio per tutti, i privilegi, il pegno e le ipoteche del credito anteriore possono essere riservati soltanto sui beni del debitore che fa la novazione (art. 1233 c.c.). Nulla esclude, tuttavia, che i condebitori liberati consentano al mantenimento delle garanzie.

La possibilità di mantenere i privilegi, però, stante la natura degli stessi quali garanzie strettamente connesse alla causa del credito, deve ritenersi esclusa in caso di novazione causale, quando a seguito della modifica della causa dell’obbligazione questa non rientri più tra i crediti ai quali la legge ha accordato il privilegio.

Quanto detto vale per la c.d. novazione oggettiva, la quale si contrappone alla novazione c.d. soggettiva.

Ai sensi dell’art. 1235 c.c., quando un nuovo debitore si sostituisce a quello originario che viene liberato, si osservano le norme contenute nel capo VI di questo titolo.

In primo luogo, dunque, il legislatore sembra escludere qualsiasi effetto novativo conseguente alla sostituzione del creditore, ossia di colui il quale ha diritto a ricevere la prestazione. Si ritiene, infatti, che la sostituzione del creditore non attiene mai ad un elemento essenziale del rapporto obbligatorio, in quanto per il debitore è di norma irrilevante adempiere nelle mani di uno o di un altro soggetto.

Ne deriva, pertanto, che la sostituzione del creditore non comporta mai estinzione dell’obbligazione originaria, ma semplice sostituzione nella titolarità attiva del medesimo rapporto obbligatorio; in tale ipotesi, dunque, permarranno tutti gli accessori del credito originario.

Come detto, infatti, affinché possa aversi novazione non è sufficiente la volontà delle parti di estinguere l’obbligazione originaria, essendo al contrario necessaria la modifica degli elementi essenziali di questa, tra i quali non rientra la persona del creditore.

Con riguardo alla novazione soggettiva passiva, invece, l’art. 1235 c.c. rimanda alle norme dedicate alla delegazione, l’espromissione e l’accollo, con ciò manifestando l’intenzione di considerare tale forma di novazione come una successione nella titolarità passiva del medesimo rapporto obbligatorio.

La delegazione, l’espromissione e l’accollo, infatti, non comportano l’estinzione del rapporto obbligatorio originario, ma realizzano semplicemente un fenomeno successorio, ossia la sostituzione del debitore nella titolarità della stessa obbligazione.

Nell’ottica del legislatore, quindi, la sostituzione dei soggetti dell’obbligazione non comporta mai l’estinzione dell’obbligazione originaria per novazione, bensì successione di un altro soggetto nella titolarità attiva o passiva del medesimo rapporto obbligatorio.

Potrà aversi novazione, invece, solo nel caso in cui la sostituzione del debitore riguardi un rapporto giuridico fondato sull’intuitu personae: in tale ipotesi, però, ricorrerà a tutti gli effetti una modifica dell’oggetto dell’obbligazione e, quindi, ricorrerà una novazione oggettiva.

Tale opinione è tuttavia contraddetta da parte della dottrina, la quale traccia una netta distinzione tra la novazione soggettiva passiva e la successione nella titolarità passiva del medesimo rapporto obbligatorio.

La novazione soggettiva passiva, in particolare, si realizzerebbe nel momento in cui alla sostituzione del soggetto tenuto ad effettuare la prestazione corrisponda l’estinzione dell’obbligazione originaria; viceversa, nel caso in cui da tale sostituzione non derivi la suddetta estinzione, si dovrebbe parlare di semplice successione nella titolarità del medesimo rapporto obbligatorio.

Tale orientamento si fonda sulla importanza della persona del debitore: per il creditore, infatti, non è irrilevante che l’adempimento della prestazione sia effettuato da un soggetto piuttosto che da una altro, stante la garanzia patrimoniale generica prevista dalla legge all’art. 2740 c.c. in caso di inadempimento. 

La sostituzione del debitore, dunque, in presenza di una manifestata volontà di novare delle parti dovrebbe comportare l’estinzione del rapporto originario: sussistono, infatti, entrambi i requisiti richiesti dalla legge per l’estinzione per novazione dell’obbligazione originaria, ossia la volontà delle parti e la modifica di un elemento essenziale del rapporto, il debitore.

La sostituzione del debitore, quindi, può comportare estinzione dell’obbligazione originaria per novazione quando sussista in tal senso una volontà delle parti, mentre realizzerà semplice successione nel debito nel caso in cui tale volontà manchi.

La differenza tra le due vicende è sicuramente rilevante: in caso di novazione si estingueranno con l’obbligazione tutti gli accessori del credito, nonché tutte le azioni e le elezioni ad essa relativi; la successione nel debito, invece, realizzando una successione a titolo particolare nella titolarità passiva del medesimo rapporto obbligatorio, non comporta tale estinzione e, di conseguenza, con l’obbligo di eseguire la prestazione si trasferiranno in capo al nuovo debitore tutte le azioni e le eccezioni relative, nonché gli accessori.


Avv. Riccardo Cuccatto - Avvocato esperto in diritto civile e penale

L'avvocato Cuccatto è titolare di uno studio legale in provincia di Torino, operante nel settore civile, penale ed amministrativo. L'attività di assistenza e consulenza giudiziale e stragiudiziale dello studio è rivolta a privati, imprese ed enti pubblici. L'avvocato è autore di numerose pubblicazioni in materia legale e collabora con una piattaforma on line quale redattore di articoli sul tema. Lo stesso è inoltre membro di un'associazione per la tutela dei consumatori. Forte appassionato del diritto, l'avvocato mette a disposizione del cliente la sua dedizione giornaliera alla conoscenza e all'approfondimento della materia.




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