Pubblicazione legale:
Con il D.L. 19/2020 il Consiglio dei Ministri ha depenalizzato la violazione delle misure di distanziamento sociale, in favore di sanzioni amministrative più onerose, efficaci ed incisive; alcune violazioni, più gravi, restano comunque punibili penalmente. Ecco il quadro sanzionatorio attualmente in vigore.
Prima dell’entrata in vigore del DL in commento, ovvero prima dello scorso 26 marzo, chiunque violasse le misure anti-contagio veniva punito ai sensi dell’art. 650 c.p. (Inosservanza dei provvedimenti dell’Autorità), salvo che la violazione integrasse un reato più grave.
L’elevato numero dei procedimenti penali incardinati (dal 11 al 26
di marzo sono state 115.738 le denunce ex articolo 650 c.p. secondo i dati
forniti dal Ministero dell’Interno) ha palesato la limitata portata deterrente
di tale contravvenzione oblabile, sia per la gravosa gestione dei relativi
procedimenti da parte degli uffici giudiziaria, sia per la possibilità di fatto
di estinguere il reato mediante il pagamento di una somma pari ad € 103,00.
Il Governo, quindi, insieme ad un riordino generale dell’intera
disciplina emergenziale, ha quindi ritenuto di introdurre a livello
sanzionatorio una multa (e quindi una sanzione amministrativa, non più penale),
più onerosa a livello economico e quindi ritenuta più efficace ed incisiva.
Le sanzioni amministrative. L’art. 4 del decreto in
commento attua a tal proposito una depenalizzazione della condotta posta in
essere da chi viola i precetti dell’autorità, applicando sanzioni di natura
amministrativa irrogate direttamente dall’Autorità accertatrice (alla stregua,
come detto, di una multa per violazione del codice della strada).
Conseguentemente, chi disattente le restrizioni di cui all’art. 1,
comma 2 (vengono indicate 28 fattispecie) non verrà più perseguito penalmente
ai sensi dell’art. 650 c.p., ma – salvo che il fatto costituisca reato – verrà
punito con una sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 400 a
euro 3.000; sanzione aumentata fino ad un terzo se la violazione viene commessa
mediante l’utilizzo di un veicolo.
Se la violazione riguarda le prescrizioni relative alle attività
sospese dal medesimo provvedimento, alle sanzioni sopra indicate si aggiungerà
quella accessoria della chiusura dell’esercizio da 5 a 30 giorni.
Ancor più salata la multa per i recidivi: in caso di reiterata
violazione della medesima disposizione la sanzione amministrativa è raddoppiata
e quella accessoria è applicata nella misura massima.
Le sanzioni penali. Soggiace ancora alla legge
penale invece chi, in quarantena perché positivo al virus, viola le
prescrizioni: in questo caso si applica l’art. 260 R.D. 27/7/1934 n. 1265 (Testo
Unico delle leggi sanitarie), che prevede l’arresto da 3 a 18 mesi e l’ammenda
da 500 a 5.000 euro, secondo la modifica introdotta sempre con il provvedimento
in commento (che ha inasprito la precedente formulazione).
Anche qui vi è una clausola di riserva (“salvo che il fatto
costituisca violazione dell’articolo 452 del codice penale o comunque più grave
reato”) che è doveroso analizzare.
L’art. 452 c.p. punisce chi, anche per colpa, abbia contribuito al
diffondersi dell’epidemia, con la pena della reclusione da 1 a 5 anni, ma è
prevista addirittura la pena dell’ergastolo per chi la diffonda con
l’intenzione di farlo (art. 438 c.p.).
Quest’ultima ipotesi è quella certamente di più difficile
configurazione, tenuto conto delle linee tracciate dalla giurisprudenza di
legittimità in tema di diffusione del virus dell’Hiv: la Corte di Cassazione,
con la sentenza n. 48017 del 26 novembre 2019, nel decidere sul caso di un uomo
che, pur sapendo di avere l’Aids, aveva avuto molteplici rapporti sessuali con
una trentina di donne al solo fine di infettare anche loro, lo ha ritenuto
colpevole del reato lesioni personali gravissime, ma non di quello di epidemia,
muovendo dall’assunto secondo cui il numero di persone contagiate,
consapevolmente e volontariamente, aveva diffuso il virus dell’Hiv era sì alto
(circa trenta), ma non così tanto da potersi parlare di epidemia, tenuto
altresì conto che la volontaria propagazione della patologia era avvenuta in un
arco ampio di tempo (circa nove anni).
Questo non esclude, però, che chi – consapevole di essere positivo
al virus Covid-19 – per colpa infetti altre persone possa essere perseguito per
il reato di lesioni personali o, nei casi più gravi, per omicidio colposo; chi
invece lo farà volontariamente, con dolo, risponderà del reato di lesioni
volontarie o omicidio doloso, quest’ultimo punito con la reclusione fino a 21
anni.
Non vanno poi dimenticati i rischi connessi all’esibizione di una
autocertificazione falsa (2.737 le denunce per questo tipo di reato dal 11 al
25 di marzo, secondo i dati ministeriali), punita con la reclusione da 1 a 6
anni (art. 495 c.p.) o ad un comportamento ostativo in caso di controllo da
parte delle forze dell’ordine, a cui segue la contestazione per la violazione
dell’art. 337 c.p. (resistenza a pubblico ufficiale).
Le violazioni commesse anteriormente. Non sono
finite le novità contenute nel Decreto-legge 19/2020: la depenalizzazione di
cui abbiamo parlato sopra si applica retroattivamente e quindi anche per tutte
le violazioni riscontrate prima dell’entrate in vigore del decreto, in virtù
del principio del favor rei, con sanzione applicata nella misura minima ridotta
alla metà, pari a 200 euro.
Di seguito riportiamo i dati sulle violazioni accertate aggiornati
a sabato 28 marzo e relativi al periodo 11-25 marzo, ripresi direttamente dal
sito del Ministero dell’Interno:
Persone controllate: 2.675.113
Denunce ex art. 650 c.p. (ora depenalizzato): 115.738
Denunce ex art. 495 c.p.: 2.737
Esercizi commerciali controllati: 1.233.647
Titolari denunciati: 2.607
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