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Scadenza termini processuali: diverso regime per i processi penali, civili e amministrativi

Scritto da: Roberto Romagnoli - Pubblicato su IUSTLAB




Pubblicazione legale:

La Cassazione sezione 3 con sentenza numero 44004/2023 ha esaminato la (annosa) questione dei termini processuali che scadono nella giornata di sabato e il diverso regime normativo che allo stato esiste tra il processo penale da una parte e quelli civile e amministrativo dall’altra.

In particolare il quesito di diritto proposto alla S.C. era il seguente: se la diversa disciplina dettata per il processo civile, amministrativo e per il giudizio costituzionale ex art. 22, legge n. 87 del 1953 (che prevedono la proroga ex lege al giorno successivo non festivo del termine che scada nella giornata di abato) fosse argomento  juris sulla valido per un’eventualità declaratoria di incostituzionalità dell’art. 172 c.p.p., che prevede una diversa disciplina per i termini processuali nel procedimento penale.

La Suprema Corte nell’occasione ha ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del predetto art. 172 cod. proc. pen. sollevata dal giudice a quo per contrasto con gli artt. 3, 24 e 111 Cost., nella parte in cui non prevede la proroga, al giorno successivo non festivo, del termine che scada il sabato, in quanto a suo giudizio è rimessa alla discrezionalità del legislatore ogni valutazione in ordine alla differenziata disciplina processuale dei termini in presenza di interessi, quale quello della libertà individuale dell’imputato, rilevante nel processo penale, che rendono non irragionevole o arbitrario un diverso regime normativo rispetto a quello previsto per l’ordinamento processuale civile, per quello amministrativo e, in base all’art. 22 legge 11 marzo 1953, n. 87, per il giudizio costituzionale, nei quali è prorogato “ex lege” il termine in scadenza nel giorno di sabato.

Trattasi ovviamente di pronuncia da considerarsi in qualche modo con natura di “monito”, perché con tutta evidenza la disparità di trattamento c’è (ed è particolarmente rilevante proprio in considerazione della delicatezza e importanza degli interessi coinvolti nel processo penale, libertà dell’imputato in primis), per cui il fatto che venga considerata non irragionevole e arbitraria la medesima disparità nonché soggetta alla discrezionalità del legislatore, non esclude un prossimo intervento del legislatore, che la Corte pare di fatto auspicare, per eliminare una situazione di chiara compromissione del diritto di difesa, grave quando in gioco ci sono posizioni da tutelare al massimo quali quelle di cui sono titolari PM, imputato e PO.



Pubblicato da:


Roberto Romagnoli

Avvocato cassazionista