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C’e’ abuso del processo quando il creditore si accanisce verso il debitore attraverso la moltiplicazione di spese esose ed evitabili

Scritto da: Rosa Villani - Pubblicato su IUSTLAB




Pubblicazione legale:

Gli ermellini, in una recentissima sentenza (Cass. Civ. n. 7409/21) hanno ritenuto inammissibile il motivo di ricorso proposto dal ricorrente con il quale, quest’ultimo, denunciava che il Tribunale aveva erroneamente negato il suo diritto ad ottenere la refusione delle spese vive e dei diritti di avvocato dovuti per le prestazioni eseguite successivamente all’emissione del titolo esecutivo, in assenza di pagamento spontaneo del debitore. Inoltre, continuava il ricorrente, il Tribunale ha erroneamente ritenuto legittima la sottrazione arbitraria delle spese per ottemperare il mandato di pagamento, malgrado il creditore non avesse mai avanzato alcuna richiesta al tesoriere.

Per i giudici di legittimità il ricorso è inammissibile per prima cosa per difetto di specificità ex art. 366, nn. 4 e 6 cod. proc. civ. e poi anche per evidente e indiscutibile abuso del processo compiuto dal ricorrente sia con la proposizione del ricorso per cassazione che con l’iniziativa in executivis. In particolare, per il Collegio, con riguardo al primo motivo si inammissibilità, il ricorrente ha mosso una censura generica e indeterminata che non spiega a quale titolo e per quali voci pretende dal debitore il decuplo dell’importo portato dal titolo esecutivo. In mancanza di tali indicazioni, proseguono i relatori, non è possibile per l’Organo giudicante valutare se un eventuale cassazione con rinvio possa comunque portar frutto all’odierno ricorrente; e dunque, in definitiva, impedisce anche di valutare se la censura sia sottesa da un reale interese a ricorrere ex art. 100 cod. proc. civ..

Relativamente invece, alla seconda ragione di inammissibilità, i giudici rinviando alla consolidata giurisprudenza della loro Corte, ricordano che l’abuso del processo si configura come una condotta caratterizzata da un elemento oggettivo ed uno soggettivo. Sul piano oggettivo si ha abuso del diritto quando lo strumento processuale viene utilizzato per fini diversi ed ulteriori da quelli suoi propri, ed illegittimi. Non, dunque, per tutelare diritti conculcati ma, per crearne di nuovi (ed ingiustificati) ad arte, ovvero per nuocere con intenti emulativi alla controparte. Sul piano soggettivo, invece si ha abuso del diritto quando la condotta innanzi descritta venga tenuta in violazione del generare dovere di correttezza ex art. 1175 cod. civ. e buona fede ex art. 1375 cod. civ.

Secondo i giudici, nel caso di specie, l’odierno ricorrente, contestando all’Amministrazione comunale di avere indebitamente tenuto le spese di tesoreria, peraltro, di modico valore, ha rifiutato l’adempimento per pretendere poi – un anno e mezzo dopo – il pagamento di un importo dieci volte superiore a quello portato dal titolo esecutivo. Ricorre per questo, tanto l’elemento oggettivo dell’abuso del processo, in quanto l’esecuzione minacciata dal ricorrente altro scopo non risulta avere che l’illegittima lievitazione del credito; quanto l’elemento soggettivo, dal momento che qualunque persona avrebbe potuto, con l’ordinaria diligenza, avvedersi della insostenibilità di una simile censurabile tecnica moltiplicatoria dei crediti.

concludendo

La Corte, infine, ha ritenuto che la manifesta inammissibilità del ricorso, la censurabilità dei presupposti di atto su cui si fonda, l’inconsistenza delle ragioni addotte dal ricorrente a fondamento di esso, costituiscono indici inoppugnabili della mala fede, o, almeno, della colpa grave del ricorrente, che ne giustificano la condanna ex art. 96, comma terzo, cod. proc. civ..



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Rosa Villani

Avvocato Previdenzialista e Giustlavorista