Avvocato Salvo Cangialosi a Palermo

Salvo Cangialosi

Avvocato diritto civile e lavoro

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Licenziamento per giusta causa illegittimo per vizio procedurale anche se il datore di lavoro dimostra la sussistenza e la gravità della condotta contestata.

Scritto da: Salvo Cangialosi - Pubblicato su IUSTLAB

Pubblicazione legale:

Il Tribunale di Bergamo, Sezione Lavoro e Previdenza,con una Sentenza emessa a gennaio 2023 a conclusione di un procedimento che vedeva coinvolto un lavoratore, difeso dall’Avv. Salvo Cangialosi, contro una società operante nel settore laterizi, accogliendo le domande del primo, ha dichiarato l’illegittimità del licenziamento per giusta causa disposto nei propri confronti pur avendo ritenuto accertata la condotta contestata al lavoratore, nonché proporzionata la sanzione irrogata.

Ciò in quanto, nel procedimento disciplinare che ha condotto all’irrogazione del provvedimento espulsivo, il datore di lavoro non ha rispettato i termini previsti dalla contrattazione collettiva e dal codice disciplinare aziendale, secondo cui “Il datore di lavoro non potrà adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l’addebito e senza averlo sentito a sua difesa. Salvo che per il richiamo verbale, la contestazione dovrà essere effettuata per iscritto e i provvedimenti disciplinari non potranno essere comminati prima che siano trascorsi 5 giorni, nel corso dei quali il lavoratore potrà presentare le sue giustificazioni. Se il provvedimento non verrà comminato entro i 6 giorni successivi a tali giustificazioni, queste si riterranno accolte. il lavoratore potrà presentare le proprie giustificazioni anche verbalmente.

Infatti, in sede giudiziale emergeva che: al lavoratore veniva contestato l’addebito in data 16.11.2019 mediante lettura del contenuto della nota dinanzi a n. 2 testimoni; che questi, nella stessa circostanza, si difendeva verbalmente, negando di aver posto in essere la condotta contestata; che la società comminava il licenziamento con nota dell’11.12.2019, ossia a distanza di ben 25 giorni dalle giustificazioni del lavoratore, le quali, secondo quanto previsto dal codice disciplinare aziendale, ormai erano da ritenersi accolte.

Per queste ragioni il Tribunale di Bergamo, dichiarando l’illegittimità del licenziamento, condannava il datore di lavoro a corrispondere al lavoratore un’indennità risarcitoria pari a 15 mensilità.

Pertanto, come peraltro riconosciuto dalla granitica giurisprudenza di legittimità, anche laddove il licenziamento per giusta causa sia fondato su condotte sussistenti e talmente gravi da legittimare l’irrogazione del provvedimento espulsivo, lo stesso dovrà ritenersiillegittimo qualora il datore di lavoro, nell’iter procedimentale seguito, non abbia rispettato termini e condizioni previsti dalla legge (L. n. 300/1970, art. 7), dalla contrattazione collettiva e dal codice disciplinare aziendale.



Avv. Salvo Cangialosi - Avvocato diritto civile e lavoro

Sono l’Avv. Salvo Cangialosi e svolgo la professione forense, dal 2015, nell’ambito del diritto civile e del lavoro. Faccio parte e sono socio fondatore dello studio legale Cangialosi&Cannata, con studio in Palermo, Via Pietro D’Asaro n. 13 (sede secondaria Lercara Friddi, Via Luigi Ferrara n. 5). Nel settore del diritto del lavoro assisto sia lavoratori che Aziende, fornendo nei loro confronti attività di consulenza sia stragiudiziale che giudiziale. Inoltre, mi avvalgo della collaborazione di altri professionisti esperti in vari ambiti del diritto civile.




Salvo Cangialosi

Esperienza


Diritto del lavoro

Costante approfondimento, formazione, esperienza acquisita frutto di numerosi contenziosi stragiudiziali e giudiziali seguiti.


Licenziamento

Nel settore dei licenziamenti ho assistito numerosi lavoratori, impugnando provvedimenti sia individuali (giusta causa e giustificato motivo) che collettivi. Assisto inoltre diverse aziende, curando sia il procedimento che l’eventuale fare giudiziale.


Malasanità e responsabilità medica

Ho seguito diversi casi delicati, avvalendomi della collaborazione di professionisti del settore (medici-legali, medici specialisti)


Altre categorie:

Mediazione, Diritto civile, Diritto commerciale e societario, Proprietà intellettuale, Brevetti, Marchi, Recupero crediti, Pignoramento, Contratti, Sovraindebitamento, Mobbing, Sicurezza ed infortuni sul lavoro, Previdenza, Diritto sindacale, Diritto amministrativo, Ricorso al TAR, Diritto condominiale, Locazioni, Sfratto, Incidenti stradali, Multe e contravvenzioni, Tutela del consumatore, Risarcimento danni, Diritto dello sport, Tutela degli anziani, Negoziazione assistita, Cassazione, Gratuito patrocinio, Domiciliazioni.



Referenze

Pubblicazione legale

Procedure di cambio d’appalto - Illegittimo il licenziamento del dipendente se l’azienda non dimostra l’impossibilità di reimpiego in mansioni compatibili.

Pubblicato su IUSTLAB

Ancora un grande successo del nostro studio legale , a tutela di lavoratori illegittimamente licenziati, in materia di licenziamento individuale plurimo per cambio d’appalto. Il Tribunale di Palermo, Sezione Lavoro e Previdenza, accogliendo i ricorsi promossi da 20 lavoratori difesi dagli Avv.ti Salvo Cangialosi e Giuseppe Cannata, ha dichiarato illegittimi i licenziamenti disposti nei confronti di questi ultimi, riconoscendo in favore di ciascuno di essi il diritto alla reintegrazione in azienda ed al pagamento dell’indennità risarcitoria e dei contributi previsti ex lege ( ex art. 18 Stat. Lav.) La fattispecie ha ad oggetto una procedura di cambio d’appalto, ipotesi , disciplinata dalla contrattazione collettiva, nella quale, stante la perdita di una determinata commessa , l’azienda c.d. “uscente” può, ricorrendo ne i presupposti, licenziare i lavoratori addetti in via prevalente ovvero esclusiva presso l’anzidetto appalto, i quali dovranno essere assunti dalla società che, a sua volta, si è aggiudicato l’appalto (c.d. “subentrante”) . Dunque trattasi di una normativa posta a tutela dei livelli occupazionali e, quindi, de l diritto al la voro sancito costituzionalmente , prevista soltanto per alcuni settori in cui sovente si registrano avvicendamenti nella gestione delle commesse. Tuttavia, chiarisce il Tribunale di Palermo, in ossequio all’insegnamento della Suprema Corte, che nelle ipotesi di licenziamento per cambio d’appalto il datore di lavoro originario deve dimostrare non soltanto la sussistenza delle ragioni del recesso (consistenti nell’effettiva perdita, parziale o totale, della commessa), ma anche l'impossibilità di reimpiegare i lavoratori in altre posizioni lavorative compatibili . Ove ciò non avvenga, il licenziamento deve ritenersi illegittimo. Nel caso di specie, accertato che i lavoratori ricorrenti hanno dedotto l'esistenza di una possibilità di repechage , richiamando l’obbligo del datore di lavoro, anche in caso di perdita di un appalto, di reimpiegare i lavoratori in altri servizi o in mansioni equivalenti, e dando conto dell’assunzione, in prossimità della contestata procedura di cambio di appalto, di soggetti di in quadramento identico al proprio , chiarisce il Tribunale che “ era la resistente a dovere dedurre e dimostrare l’inesistenza di posizioni lavorative scoperte presso la propria organizzazione produttiva idonee a rendere effettivamente in esubero i ricorrenti licenziati ed a rendere perciò inevitabili le garanzie occupazionali predisposte dal CCNL. E dal momento che tale prova non la si è neppure tentato di offrire, fondata è la richiesta di costoro di vedere qualificati come illegittimi i ricevuti licenziamenti. ” Le Sentenze in argomento, oltreché rappresentare motivo di grande orgoglio per i nostri legali, assumono un’importanza decisiva, in quanto pongono un limite concreto all’utilizzo del licenziamento per cambio d’appalto - il quale rappresenta un’eccezione alle regole dettate da norme imperative in materia di procedure di licenziamento individuali e collettive - così evitando abusi che pregiudichino i diritti della parte debole del rapporto di lavoro.

Pubblicazione legale

Procedure di cambio d’appalto - Illegittimo il licenziamento del dipendente se la procedura non si perfeziona secondo i dettami normativi.

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Con due analoghe tanto articolate quanto interessanti pronunce la Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, ha confermato le Sentenze emesse dalla Corte di Appello di Palermo, dichiarando illegittimo il licenziamento di due guardie giurate, difese anche dall’Avv. Salvo Cangialosi . Il caso riguarda due dipendenti di una società di vigilanza privata che, ad aprile 2017, venivano coinvolti in una procedura di cambio d’appalto, secondo quanto previsto dal C.C.N.L. di categoria, e pertanto licenziati dalla società uscente con diritto ad essere immediatamente assunti , alle medesime condizioni di legge e di contratto, dalla società subentrante. Sennonché, come sin da subito denunciato dapprima d al sindacato di appartenenza dei lavoratori , nonché dai legali degli stessi, tale procedura non s i è svolta conformemente a quanto previsto dalla normativa di settore, in tal modo ledendo diritti inviolabili dei lavoratori a loro discapito coinvolti. La Co r te di Cassazione, disattendendo la te si della società ricorrente, svolto un’ excursus della disciplina di settore, ha ritenuto conforme alla ratio della stessa l’interpretazione fornita dalla Corte territoriale, affermando il principio secondo cui “ deve osservarsi come l’interpretazione data dalla Corte di merito appaia la sola compatibile con la lettera e la ratio delle disposizioni del c.c.n.l. , che, allo scopo di garantire la continuità occupazionale, esigono, quale requisito immanente della legittimità del recesso per cambio d’appalto, l’effettiva assunzione del lavoratore alle dipendenze della società subentrante, senza soluzione di continuità […] e alle medesime condizioni economiche e normative, là dove, ove si seguisse la tesi proposta dalla società ricorrente, la garanzia occupazionale risulterebbe affidata al solo dato formale della aggiudicazione dell’appalto e alla mera eventualità di un effettivo subentro, nonché al riconoscimento del diritto del lavoratore di all’assunzione presso il subentrante, con inoperatività della disciplina del licenziamento nei confronti della cessante. ” Le Sentenze in argomento, oltreché rappresentare motivo di grande orgoglio per i nostri legali, assumono un’importanza decisiva, in quanto pongono un limite concreto all’utilizzo del licenziamento per cambio d’appalto - il quale rappresenta un’eccezione alle regole dettate da norme imperative in materia di procedure di licenziamento individuali e collettive - così evitando abusi che pregiudichino i diritti della parte debole del rapporto di lavoro.

Pubblicazione legale

Furto di lieve entità: licenziamento legittimo se la condotta è idonea a far venir meno l’elemento fiduciario.

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Anche il furto di un bene aziendale di modesta entità - nel caso di specie un paio di calzini - posto in essere da un lavoratore, può essere idoneo a legittimare il provvedimento di licenziamento per giusta causa. E’ questo il principio che, in ossequio all’orientamento predominante della giurisprudenza di legittimità, ha sancito il Tribunale di Trapani, Sezione Lavoro, con una recentissima pronuncia resa tra una lavoratrice ed una società difesa dall’Avv. Salvo Cangialosi . Il caso riguardava la sottrazione di un paio di calzini da parte di una dipendente, avvenuto in orario di lavoro, all’interno del punto vendita e, come accertato in giudizio, in modo occulto ed al fine di trarre un vantaggio per sé stessa e, conseguentemente, un danno all’azienda. Ebbene, nonostante si trattasse di un bene di modesto valore, ciò che rileva, a parere del Tribunale investito della questione, è l’atteggiamento psicologico, idoneo a scalfire l’elemento fiduciario, componente essenziale del rapporto datore di lavoro - lavoratore. Considerato che in giudizio, all’esito delle prove orali e della documentazione prodotta dalla società resistente, sono emers i elementi idonei a dimostrare la sussistenza dei fatti contes tati, nonché, per l’ appunto, di una voluntas della dipendente di appropriarsi del bene a discapito dell’interesse aziendale, il Giudice di merito rigettava il ricorso promosso dalla ricorrente, condannando quest’ultima a rifondere le spese di lite in favore della società resistente.

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