La disparità tra la paga ricevuta dal dipendente e il volume e la qualità del lavoro svolto viola apertamente le disposizioni dell'articolo 36 della Costituzione, impedendo al lavoratore e alla sua famiglia di avere un'esistenza libera e dignitosa. Al contrario, garantire il rispetto dei minimi salariali stabiliti dai contratti collettivi nazionali, indipendentemente dall'affiliazione del datore di lavoro alle associazioni sindacali firmatarie o dal costo della vita nella zona di lavoro, sarebbe cruciale per assicurare una giusta remunerazione.
La Suprema Corte di Cassazione ha più volte chiarito che è possibile ritenersi sussistente un rapporto di lavoro subordinato quando sussiste sia l'assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro sia l'inserimento del lavoratore in modo stabile ed esclusivo nell'organizzazione aziendale.
La Corte ha stabilito che: “costituiscono indici sintomatici della subordinazione, valutabili dal giudice di merito, sia singolarmente che complessivamente, oltre all'assenza del rischio d'impresa, anche la continuità della prestazione, nonché l'obbligo di osservare un orario di lavoro, la cadenza e la forma della retribuzione, l'utilizzazione di strumenti di lavoro e lo svolgimento della prestazione in ambienti messi a disposizione dal datore di lavoro” (Cass., 28 settembre 2006, n. 21028; Cass., 24 febbraio 2006, n. 4171). 12. Inoltre, la Suprema Corte ha osservato che “secondo la giurisprudenza costante di questa Corte l’elemento decisivo che contraddistingue il rapporto di lavoro subordinato dal lavoro autonomo è l’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, disciplinare e di controllo del datore di lavoro ed il conseguente inserimento del lavoratore in modo stabile ed esclusivo nell’organizzazione aziendale” e che “costituiscono indici sintomatici della subordinazione, valutabili dal giudice di merito sia singolarmente che complessivamente, l’assenza del rischio di impresa, la continuità della prestazione, l’obbligo di osservare un orario di lavoro, la cadenza e la forma della retribuzione, l’utilizzazione di strumenti di lavoro e lo svolgimento della prestazione in ambienti messi a disposizione del datore di lavoro”. (Cass., Sentenza n. 9812/08).
Infine, come anticipato, “la sproporzione tra la retribuzione percepita dal dipendente e la quantità e qualità di lavoro prestato, in aperta violazione delle disposizioni di cui all’art. 36 Cost., non assicurerebbe al lavoratore e alla propria famiglia un’esistenza libera e dignitosa, quale di converso consentirebbe la corretta applicazione dei minimi tabellari previsti dal CCNL di categoria, prescindendo dall’iscrizione del datore di lavoro alle Associazioni stipulanti, ovvero dal costo della vita del luogo di svolgimento della prestazione”. (Cass. Civ. Sez. Lavoro 896/2011).
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