Pubblicazione legale:
L'art. 1, co. 910 della Legge del 27/12/2017 n. 205 prevede che " A far data dal 1° luglio 2018 i datori di lavoro o committenti corrispondono ai lavoratori la retribuzione, nonche' ogni anticipo di essa, attraverso una banca o un ufficio postale con uno dei seguenti mezzi: a) bonifico sul conto identificato dal codice IBAN indicato dal lavoratore; b) strumenti di pagamento elettronico; c) pagamento in contanti presso lo sportello bancario o postale dove il datore di lavoro abbia aperto un conto corrente di tesoreria con mandato di pagamento; d) emissione di un assegno consegnato direttamente al lavoratore o, in caso di suo comprovato impedimento, a un suo delegato. L'impedimento s'intende comprovato quando il delegato a ricevere il pagamento e' il coniuge, il convivente o un familiare, in linea retta o collaterale, del lavoratore, purche' di eta' non inferiore a sedici anni."
Il successivo comma 911 prevede che i datori di lavoro o committenti non possono corrispondere la retribuzione per mezzo di denaro contante direttamente al lavoratore, qualunque sia la tipologia del rapporto di lavoro instaurato.
Al datore di lavoro o committente che viola l'obbligo di cui al comma 910 si applica la sanzione amministrativa pecuniaria consistente nel pagamento di una somma da 1.000 euro a 5.000 euro.
Nella nota n. 9294 del 09.11.2018 l’Ispettorato Nazionale del Lavoro afferma che se viene accertata l’erogazione giornaliera delle retribuzioni in contanti, si possono configurare tanti illeciti per quante giornate di lavoro “in nero” sono state effettuate.
Questo significa che la sanzione riguarda ogni singola dazione e non la mensilità. Se, per esempio, il datore di lavoro paga (in nero) al termine di ciascuna settimana nell'arco di un mese, potrebbe essergli comminata una sanzione (nella misura compresa tra 1000 e 5000 Euro) per ciascun pagamento, quindi in ipotesi si avrebbe un cumulo sanzionatorio di 20.000 Euro. Se al contrario corrisponde la paga (pur sempre in nero) a fine mese, in unica soluzione, la sanzione sarebbe una sola, quindi un massimo ipotizzabile di 5000 Euro.
La situazione è aggravata dal fatto che per questa tipologia di violazioni non è applicabile l'istituto della continuità, a differenza di quanto avviene per le sanzioni in materia contributiva.
Come si vede, il rischio è che le sanzioni comminate possano eccedere la concreta offensività del comportamento illecito ben oltre il principio di ragionevolezza, essendo sganciate da un criterio qualitativo, che semmai si riflette nella mera commisurazione della sanzione tra il minimo e il massimale previsto dalla legge.