Pubblicazione legale:
Secondo la Sentenza del 14 settembre 2020 (dep. 9 novembre 2020), n. 31273, Pres. Pezzullo, Est. Tudino della Corte di Cassazione “nessuna obiezione sussiste, in astratto, alla riconduzione delle condotte di mobbing nell’alveo precettivo di cui all’art. 612 bis cod. pen. laddove quella mirata reiterazione di plurimi atteggiamenti, convergenti nell’esprimere ostilità verso la vittima e preordinati a mortificare e a isolare il dipendente nell’ambiente di lavoro, elaborata dalla giurisprudenza civile come essenza del fenomeno, sia idonea a cagionare uno degli eventi delineati dalla norma incriminatrice”.
Noti fatti della cronaca di questi giorni hanno fatto riflettere sulle possibilità di tutela delle vittime di atti persecutori sul luogo di lavoro con condotte ripetute tese ad isolare , umiliare, vessare il lavoratore da parte di chi attua tali comportamenti o lo tollera, con conseguenze in termini di danno morale oltre che di danno alla salute ed alla professionalità.