Pubblicazione legale:
La PAS, il cui acronimo sta per “ Parental Alienation Syndrome”, ovvero la sindrome da alienazione parentale, è sempre più oggetto di attenzione da parte della più recente giurisprudenza.
Detta sindrome si identifica con il comportamento assunto dal genitore affidatario volto a determinare nei figli sentimenti di odio e di rifiuto nei confronti dell’altro genitore; è ciò che potrebbe definirsi come un vero e proprio lavaggio del cervello i cui effetti non possono che essere nocivi per la serenità dei minori e nell’equilibrio dei rapporti familiari.
In genere l’obiettivo del genitore
“alientante” risiede nel danneggiare il genitore “alienato” strumentalizzando
il rapporto con i figli, ad esempio esercitando condotte ostruzionistiche volte
ad impedire tale rapporto ed a renderlo più difficoltoso tramite l’uso di
espressioni offensive e denigratorie, o esibizione di disprezzo nei confronti
dell’altro genitore, fino a far percepire ai figli una realtà non vera, anzi,
distorta.
E’
chiaro che alla base di tali condotte vi è una separazione certamente
conflittuale, le cui conseguenze peggiori si riversano sui figli e sul genitore
alienato, il quale viene allontanato se non addirittura rifiutato.
Su
questa tematica si è pronunciata di recente la Corte di Cassazione, con
sentenza dell’8 aprile 2016 n.6919. La Cassazione dispone che nell’affidamento
dei figli minori, nella valutazione dei requisiti di idoneità genitoriale,
rileva, tra gli altri, la capacità di preservare la continuità delle relazioni
parentali con l’altro genitore, a tutela del DIRITTO DEL FIGLIO ALLA
BIGENITORIALITA’ ed alla crescita equilibrata e serena. Pertanto, qualora un genitore rimproveri comportamenti dell’altro genitore
(affidatario o collocatario) di allontanamento morale e materiale del figlio da
sé, configurabili, perciò, come sindrome di alienazione parentale, il giudice
dovrà accertare la veridicità di tali comportamenti ai fini dell’eventuale
modifica delle modalità di affidamento.
Come accerta il giudice comportamenti di
questo tipo?
Oltre
a valutare la condotta dei genitori, nonché, come anticipato, i requisiti di
idoneità genitoriale, dovrà tener conto anche dei sentimenti e delle condizioni
del minore oltre che della complessiva situazione familiare. Ovviamente il giudice
potrà individuare i casi di alienazione parentale mediante l’ausilio di
psicologi e assistenti sociali i quali ascolteranno il minore al fine di
definire i sentimenti provati nei confronti del genitore.
In merito ad un caso di alienazione parentale, il Tribunale di Cosenza, con sentenza n. 2044 del 18.10.2017, in fase di divorzio e di decisione sull’affidamento del figlio tredicenne, accertava che il minore provava un sentimento di ingiustificato rifiuto nei confronti della madre, perché condizionato dal padre. Il Giudice accertava nel minore un distacco sia fisico che emotivo, evidente dai sentimenti di rabbia e ostilità manifestati, non solo nei confronti della madre ma anche nei confronti della famiglia della stessa. L’atteggiamento manifestato dal minore, era il risultato, così come emergeva dalla relazione del consulente tecnico, di una manipolazione del padre e della famiglia paterna con il quale il minore viveva da qualche anno. Il ruolo, tra l’altro fondamentale per un minore, della madre veniva quotidianamente sminuito e screditato dal padre, creandosi un rapporto di simbiosi tra padre e figlio, il cui risultato è stato l’emarginazione della madre.
Alla
luce di quanto riscontrato, come ha giudicato il Giudice di merito la condotta
del padre? Quali sono le conseguenze cui si va incontro dinanzi ad un caso di
alienazione parentale?
Secondo
il Tribunale di Cosenza, in merito al caso cui è stato chiamato a definire le
modalità di affidamento del figlio minore, il padre perdeva l’idoneità
genitoriale, perché lo stesso ha leso il diritto del figlio alla
bigenitorialità non avendo mostrato la capacità di preservare la continuità
delle relazioni parentali con l’altro genitore, requisito necessario, come
disposto dalla Cassazione, per accertare l’idoneità genitoriale.
E’
chiaro che nelle valutazioni del giudice rientra anche la condotta del genitore
alienato, il quale, al fine di far riaffiorare i sentimenti di affetto del
figlio, e di riconquistare la sua fiducia, non può mostrare un atteggiamento di
chiusura e di passività nei confronti del minore, ma al contrario, deve adottare
un comportamento attivo volto a riequilibrare il loro rapporto.
E’
evidente il disagio psicologico che una situazione del genere può determinare
nel minore.
Come
nel caso riportato, esclusa l’idoneità genitoriale del padre a chi viene
affidato il minore?
Nel caso di Cosenza il Tribunale ha escluso l’affidamento esclusivo della madre perché non ritenuta capace di assumersi le responsabilità genitoriali, in ragione di quanto riscontrato dal consulente tecnico e dall’oggettiva situazione del rapporto con il figlio.
Una “convivenza forzata” avrebbe, al contrario, potuto aggravare tale rapporto.
Quando,
come in questo caso, i genitori non sono in grado di garantire e preservare
l’equilibrio psichico del minore, il giudice non può che escludere l’affidamento
condiviso ed optare per l’affidamento del minore a terzi, ovvero persone affettivamente
vicine al minore in grado di assumere le responsabilità derivanti
dall’affidamento e di mostrare un atteggiamento di terzietà e “distanza”
rispetto alle due figure genitoriali.
Per
ultimo, vi è la possibilità, qualora non si riesca ad individuare persone terze
in grado di garantire un ambiente sereno per l’equilibrio psichico del minore e
di adempiere a doveri emergenti dall’affidamento , di ricorrere all’affidamento
ai Servizi Sociali, fermo restando il diritto di visita e l’obbligo di mantenimento
di entrambi i genitori.
Il portale giuridico al servizio del cittadino ed in linea con il codice deontologico forense.
© Copyright IUSTLAB - Tutti i diritti riservati
Privacy e cookie policy