La finalità dell'assegnazione è quella di assicurare un'idonea sistemazione per i figli e di evitare che questi, debbano subire il trauma dell'allontanamento dall'ambiente in cui hanno vissuto, ed ove hanno creato i loro punti di riferimento.
Anche il testo dell'articolo 155-quater c.c., come introdotto dalla legge 8 febbraio 2006, n. 54, fa espresso riferimento all'"interesse dei figli" confermando che il godimento della casa familiare è finalizzato alla tutela della prole in genere e non più all'affidamento dei figli minori, mentre, in assenza di prole, il titolo che giustifica la disponibilità della casa familiare, sia esso un diritto di godimento o un diritto reale, del quale sia titolare uno dei coniugi o entrambi, è giuridicamente irrilevante; quindi, il giudice non potrà adottare con la sentenza di separazione un provvedimento di assegnazione della casa coniugale.
La tutela della prole
L'assegnazione della casa familiare, pur avendo riflessi anche economici, è finalizzata all'esclusiva tutela della prole e dell'interesse di questa a permanere nell'ambiente domestico in cui è cresciuta, e non può quindi essere disposta, come se fosse una componente degli assegno, per sopperire alle esigenze economiche del coniuge più debole, alle quali sono destinati unicamente i predetti assegni. Pertanto, anche nell'ipotesi in cui l'immobile sia di proprietà comune dei coniugi, la concessione del beneficio in questione resta subordinata all'imprescindibile presupposto dell'affidamento dei figli minori o della convivenza con figli maggiorenni, ma economicamente non autosufficienti: diversamente, infatti, dovrebbe porsi in discussione la legittimità costituzionale del provvedimento, il quale, non risultando modificabile a seguito del raggiungimento della maggiore età e dell'indipendenza economica da parte dei figli, si tradurrebbe in una sostanziale espropriazione del diritto di proprietà, tendenzialmente per tutta la vita del coniuge assegnatario, in danno del contitolare.
L'art. 106 del D.lgs. 154/2013 ha inserito la disciplina dell'assegnazione dell'immobile familiare nell'art. 337-sexies, comma 1, c.c., che attualmente dispone che "il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell'interesse dei figli".
Dell'assegnazione il giudice tiene conto nella regolazione dei rapporti economici tra i genitori, considerato l'eventuale titolo di proprietà. Il diritto al godimento della casa familiare viene meno nel caso che l'assegnatario cessi di abitare stabilmente nella casa familiare o conviva more uxorio o contragga nuovo matrimonio.