Avvocato Valentina Di Bartolomeo a Roma

Valentina Di Bartolomeo

Avvocato esperto in diritto di famiglia, del lavoro e diritto previdenziale.

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Mantenimento ai tempi del covi 2019

Scritto da: Valentina Di Bartolomeo - Pubblicato su IUSTLAB

Pubblicazione legale:

L'emergenza Covid-19 e la pedissequa decretazione d'urgenza posta in essere dal Governo, elaborata nell'intento di fronteggiare l'odierna crisi sanitaria tutelando per l'effetto il fondamentale diritto alla salute, ha imposto tra le atre cose la chiusura temporanea degli esercizi commerciali deputati allo svolgimento di attività definite come non "essenziali".
Alla luce di tali "restrizioni" incidenti nello svolgimento dell'attività lavorativa, appare pertanto ragionevole ritenere che molti genitori separati, commercianti, partite Iva, lavoratori di vario genere, avendo dovuto sospendere le proprie attività con tutte le conseguenze immaginabili sul piano finanziario e reddituale, riscontreranno verosimilmente nei mesi a venire, difficoltà nel garantire la corresponsione dell'importo previsto in sede di separazione o divorzio o di affidamento, quale contributo mensile al mantenimento dei figli e/o a favore del coniuge.
A tal riguardo, inoltre, occorre rammentare ed evidenziare che il mancato versamento dell'assegno di mantenimento determina conseguenze sia dal punto di vista civile, legittimando azioni esecutive di recupero del credito, sia sotto il profilo penale, rischiando di esser perseguiti per il reato di cui all'art. 570 bis c.p. Ragion per cui, la parte onerata, è comunque obbligata a farvi fronte anche in caso di gravi difficoltà concretizzatesi in un contesto critico ed emergenziale come quello attuale, in quanto ad oggi, non è ancora stato realizzato nessun intervento ad hoc da parte del Governo (o come sarebbe più opportuno sperare da parte del Parlamento) finalizzato a regolamentare la problematica de qua.
Rilevato quanto sopra, tale contributo non vantando alcuna pretesa di esaustività, intende essere un'introduzione o meglio uno spunto di riflessione - in attesa di specifica normativa - su come poter fronteggiare, o comunque inquadrare giuridicamente, le evidenti situazioni di disagio e di sofferenza di tutti quei soggetti separati o divorziati nella duplice accezione sia di soggetti obbligati alla corresponsione di quanto dovuto sia di soggetti beneficiari di quanto riconosciuto in sede processuale dal Giudice.
Preliminarmente, a parere di chi scrive, la profonda crisi, economica-sociale-umanitaria determinata dal Covid-19 appare senza dubbio quale situazione da doversi inquadrare nell'ottica della straordinarietà e dell'imprevedibilità e come tale è da valutarsi quale fenomeno non solo che esula dalla cosiddetta sfera di signoria dell'individuo ma anche idoneo ad innalzare, da un punto di vista prettamente giuridico, la possibilità di aumento del rischio di inadempimento riguardo a tutte quelle prestazioni (recte: obbligazioni) di carattere economico, come può essere ad esempio l'assegno di mantenimento, sorte antecedentemente al periodo dell'emergenza.
Per le considerazioni innanzi esposte, dunque, appare corretto rilevare come una plausibile soluzione alla problematica che qui ci occupa può essere individuata nell'istituto dell'impossibilità sopravvenuta per causa non imputabile al debitore, disciplinata dagli artt. 1256 a 1258 del Codice Civile. Invero, l'eventuale difficoltà della parte nel corrispondere l'assegno di mantenimento nella misura prevista, come è evidente, potrà derivare non già da un atteggiamento di matrice colposa o dolosa, quanto piuttosto da un'impossibilità oggettiva ad effettuare la prestazione in sé e per sé considerata proprio a causa del lockdown lavorativo imposto dal Governo (factum principis).
Per meglio dire, l'attività impedente, non è strettamente collegabile ad azioni o omissioni dirette o indirette del singolo, quanto piuttosto a cause di forza maggiore imprevedibili ed inevitabili.
Si rileva pertanto che situazioni di tal guisa siano necessariamente da ritenersi legittimanti una richiesta quantomeno di riduzione dell'importo economico da dover corrispondere all'altro coniuge e alla prole. Pertanto, tenendo a mente l'importante ratio dell'assegno di mantenimento, rinvenibile ai sensi dell'art. 143 c.c. e anche i doveri, da osservare nell'adempimento delle prestazioni, di buona fede, lealtà e correttezza ex artt. 1175 e 1176 c.c. interpretati alla luce del principio di solidarietà sociale ex art. 2 Cost., si suggerisce, qualora i rapporti tra le parti lo consentano, poiché ispirati ad un clima di reciproca collaborazione, di notiziare circa la condizione di difficoltà l'altra parte attivando poi, di conseguenza, una trattativa per addivenire alla formalizzazione di un accordo anche per il tramite di una negoziazione assistita che preveda la modifica delle condizioni di separazione o di divorzio, sia pur limitatamente alla durata dell'emergenza.
Si rileva invero che mai come in questo particolare momento storico, appare opportuno e doveroso (laddove possibile) incentivare l'utilizzo di strumenti A.D.R. (Alternative Dispute Resolution), creati proprio con finalità deflattive del contenzioso, per ottenere una risoluzione efficiente ed immediata della problematica in commento. Le parti invero, adottando una soluzione stragiudiziale riuscirebbero in tempi più celeri ad ottenere benefici e pronta tutela dei propri diritti. Il richiamo alla negoziazione per le caratteristiche di celerità che la contraddistinguono, rappresenterebbe, ad ogni buon conto, un valido strumento da sfruttare soprattutto in presenza di figli minori che riceverebbero stretto giro una pronta attenzione a quelle che sono le loro esigenze.
Tuttavia, non può sottacersi il fatto che, laddove vi sia tra le parti una forte ed accesa conflittualità, l'unica soluzione percorribile risulterà quella giudizialmente prevista di ricorrere in via d'urgenza, per mezzo del proprio difensore, al Tribunale affinché vengano adottati i provvedimenti del caso all'uopo ritenuti necessari specie nell'interesse della prole.
Preme rilevare inoltre che le situazioni sopra descritte, seppur calate nel contesto dell'emergenza nazionale tutt'ora in corso, siano da ritenersi come situazioni dal carattere ordinario.
Preoccupano e non poco, nel silenzio e nell'attesa di un intervento mirato sul punto, quelle situazioni in cui il coniuge abbia diminuito la propria capacità reddituale non per la chiusura momentanea dell'esercizio ma magari per la perdita del posto di lavoro, determinando così in ipotesi più estreme (si pensi al coniuge beneficiario affetto da gravi patologie che fa affidamento sul mantenimento per sostenere le spese mediche o su quello che non può lavorare perché assiste il minore disabile, o ancora ai casi di assenza di ascendenti in ordine di prossimità) un inevitabile stato di indigenza in capo all'intera famiglia.
Relativamente a siffatti episodi, giova ricordare, primariamente, che l'art. 147 c.c. impone ai genitori l'obbligo di mantenere i propri figli: tale obbligo grava su di essi in senso primario ed integrale. Consegue che, se uno dei due non voglia o non possa adempiere, l'altro se è nelle condizioni di farlo dovrà farvi fronte con tutte le proprie risorse patrimoniali e reddituali, anche sfruttando la propria capacità di lavoro.
Soltanto in via sussidiaria, invece, si concretizza l'obbligo degli ascendenti ai sensi dell'art. 316 bis c.c., di fornire ai genitori i mezzi necessari per adempiere al loro dovere nei confronti dei figli. Peraltro, tale dovere insorge non già perché uno dei due genitori è rimasto inadempiente al proprio obbligo, ma se ed in quanto l'altro genitore non ha mezzi per provvedervi. Quello degli ascendenti dunque, laddove esistenti, è obbligo sussidiario e soprattutto subordinato rispetto a quello primario dei genitori.
Orbene tale doverosa premessa, appare necessaria per poter identificare e dunque comprendere la delicatezza oltre che l'urgenza di statuire al riguardo, magari introducendo norme ad hoc all'interno del maxi decreto attualmente allo studio dell'esecutivo proprio per scongiurare il configurarsi di una nuova "emergenza" in un momento già abbastanza critico come quello attuale.
Si potrebbero adottare dapprima misure dal carattere assistenziale, magari istituendo un fondo di garanzia o quantomeno di sostegno che funga nell'immediato quale misura di contenimento dello stato di bisogno, sia del coniuge impossibilitato al versamento del mantenimento sia del beneficiario inabile nel provvedere al suo sostentamento.
Tali misure "cuscinetto", al termine dell'emergenza, potrebbero trasformarsi o in nuovi strumenti di tutela oppure quali incentivi per realizzare una riforma di più vasto respiro che vada ad affrontare nel dettaglio tutte le situazioni più deboli e di maggior disagio.
In conclusione dunque, appare di tutta evidenza come rilevante sia l'impatto dell'emergenza del Covid-19 su molte famiglie di separati e/o divorziati riguardo soprattutto per ciò che attiene all'erogazione del mantenimento per coniuge e figli.
Alla luce delle argomentazioni fornite, reiterando la necessità di un pronto intervento normativo al riguardo, si ritiene che sebbene il Covid-19 determini situazioni di palese difficoltà nella corresponsione del mantenimento, l'emergenza de qua per le caratteristiche sopra esposte, può ragionevolmente identificarsi quale presupposto su cui fondare una richiesta di modifica delle condizioni di affidamento, separazione ovvero di divorzio privilegiando in tale intento strumenti stragiudiziali improntati alla conciliazione e al richiamo soprattutto, ove possibile, del buon senso comune, parimenti, si ritiene non prudente e non rispettoso dei doveri di assistenza morale e materiale fondanti il cardine stesso del matrimonio ovvero della famiglia, strumentalizzare la situazione di pandemia de qua per rifuggire o peggio avanzare richieste di sospensione tout court del mantenimento.


Avv. Valentina Di Bartolomeo - Avvocato esperto in diritto di famiglia, del lavoro e diritto previdenziale.

Mi sono specializzata in diritto di famiglia, diritto del lavoro e contrattualistica. Mi occupo altresì di sfratto per morosità e finita locazione, nonché diritto previdenziale. Negli anni mi sono anche occupata di affido dei minori, con particolare riferimento all'affido dei minori agli assistenti sociali. Ho anche patrocinato dinanzi al Giudice Tutelare per l'autorizzazione al rilascio del passaporto della minore richiesto dal padre, che la madre all'inizio aveva negato senza ragione alcuna.




Valentina Di Bartolomeo

Esperienza


Diritto di famiglia

Separazione, divorzio, affido minori e mediazione. Ho curato in particolare un caso di affido di minori dove il CTU nominato dal magistrato ha nominato i servizi sociali i quali hanno effettuato il monitoraggio della minore per i primi sei mesi. successivamente gli assistenti sociali si sono rilevati inadempienti, ragione per la quale ho fatto il ricorso e le parti dopo la prima udienza hanno redatto gli accordi che poi sono stati ratificati dal Giudice


Affidamento

Impostare la mia attività sull'interesse prevalente del minore, lasciando da parti i rancori delle parti. L'affidamento dei minori deve avvenire in maniera congiunta. il minore deve entrare in un ambiente sano ed deve trovare un equilibro morale e materiale


Separazione

In materia di separazione ho acquisito una capacità di regolamentare i rapporti tra le parti nell'interesse esclusivo di una equità, nel caso di consensuale e di un interesse superiore della prole nel caso di minori


Altre categorie:

Divorzio, Matrimonio, Adozione, Previdenza, Diritto civile, Licenziamento, Tutela dei minori, Diritto del lavoro, Mediazione, Negoziazione assistita, Diritto sindacale, Risarcimento danni, Recupero crediti, Pignoramento, Mobbing, Sicurezza ed infortuni sul lavoro, Locazioni, Sfratto, Incidenti stradali, Multe e contravvenzioni, Malasanità e responsabilità medica, Tutela degli anziani, Domiciliazioni.


Referenze

Pubblicazione legale

Reati di maltrattamenti in famiglia

Pubblicato su IUSTLAB

L'articolo 572 del codice penale, configura il reato di maltrattamenti in famiglia. Esso si realizza quando si maltratta una persona appartenente alla sua famiglia o comunque con lui convivente o una persona sottoposta alla sua autorità o che gli è stata affidata per ragioni di educazione, istruzione, cura, vigilanza o custodia o per l'esercizio di una professione. Ad esempio, integra il reato anche la sostanziale privazione della funzione genitoriale da parte dell'altro genitore, realizzata mediante l'avocazione delle scelte economiche, organizzative ed educative relative ai figli minori e lo svilimento, ai loro occhi, della sua figura morale. Può addirittura configurarsi come maltrattamento un eccesso di attenzioni nei confronti della vittima. La Corte di cassazione (n. 36503/2011), ha sancito che sussiste il reato di maltrattamenti in famiglia ove un genitore per eccesso di protezione e attenzioni abbia impedito un armonico sviluppo psico-fisico del figlio. Una casistica rilevante in materia di maltrattamenti in famiglia e' quella connessa alla cosiddetta violenza assistita da parte dei figli. È configurabile il delitto di maltrattamenti in famiglia se la conflittualità tra i genitori coinvolge indirettamente anche i figli quali diventano involontari spettatori delle feroci liti e dei brutali scontri che si svolgono all'interno delle mura domestiche (Cassazione penale sez. VI, 23/02/2018, n.18833). La Corte di Cassazione ha escluso la sussistenza del reato ove i comportamenti maltrattanti siano reciproci con un grado di gravità e intensità equivalenti (Cassazione penale sez. VI, 23/01/2019, n.4935).Il reato è abituale. In particolare, l'elemento psichico si realizza nella volontà dell'autore di avvilire e sopraffare la vittima unificando i singoli episodi di aggressione alla sfera morale e materiale di quest'ultima, non rilevando, nella natura abituale del reato, che durante il lasso di tempo considerato siano riscontrabili nella condotta dell'agente periodi di normalità e di accordo con il soggetto passivo. Con la sentenza 8 maggio 2019, n. 19776 la Sesta Sezione Penale della Corte di Cassazione ha infatti precisato che l'abitualità connotante il reato di maltrattamenti ex art. 572 c.p. non viene neutralizzata da eventuali momenti di pausa che siano riscontrabili tra i vari episodi lesivi della dignità psicofisica della vittima. Quindi, ai fini della configurabilità del reato deve trattarsi di una condotta di "vessazione" continuativa, che, pur potendo essere inframmezzata da periodi di "calma", deve costituire fonte di un disagio continuo ed incompatibile con le normali condizioni di vita. E'richiesto il dolo generico che non postula la rappresentazione e la programmazione di una pluralità di atti tali da cagionare sofferenze fisiche e morali alla vittima, essendo sufficiente la coscienza e la volontà di persistere in un'attività vessatoria idonea. Il reato prevede reclusione da due a sei anni. Tale pena è aggravata in tre ipotesi: se dal fatto deriva una lesione personale grave è prevista la reclusione da quattro a nove anni se dal fatto deriva una lesione personale gravissima è prevista la reclusione da sette a quindici anni se dal fatto deriva la morte è prevista la reclusione da dodici a ventiquattro anni. In tema di locus commissi delicti è opportuno citare il recente orientamento giurisprudenziale che sancisce la sussistenza del reato di maltrattamenti in famiglia qualora gli atti di vessazione avvengano all'interno della scuola da parte di insegnanti. La Suprema Corte, con la sentenza n. 40959/2017 stabilisce che nell'ipotesi in cui l'insegnante utilizzi ripetutamente violenza a danno dell'alunno non risponde del reato di cui all'art. 571 del c.p. (abusi di mezzi di correzione), ma del reato, di tutt'altra portata, di maltrattamenti in famiglia o verso fanciulli (l'uso sistematico della violenza, quale ordinario fatto del minore affidato, anche lì dove fosse sostenuto da animus corrigendi, non può, infatti rientrare nell'ambito della fattispecie di abuso di correzione, ma concretizza, sotto il profilo oggettivo e soggettivo, gli estremi del più grave delitto di maltrattamenti).

Caso legale seguito

Autorizzazione al passaporto

Febbraio 2020

Una coppia si separa legalmente. lei non vuole autorizzare la firma del padre sul passaporto della minorenne. ho fatto il ricorso al giudice tutelare che non ha ravvisato motivi ostativi

Caso legale seguito

Divorzio giudiziale

Studio mio in Roma Viale Alessandrino 385 scala C int.3 anno 2019

i coniugi preliminarmente sono addivenuti alla predisposizione di un ricorso per separazione consensuale. Successivamente la moglie mi ha manifestato la sua volontà di addivenire alla cessazione degli effetti civili del matrimonio. Il marito non ha aderito alla suddetta richiesta e la Signora ha predisposto un ricorso giudiziale per la cessazione degli effetti civili del matrimonio

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Lo studio

Valentina Di Bartolomeo
Viale Alessandrino 385 Scala C Interno 3
Roma (RM)

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