Pubblicazione legale:
L'emergenza Covid-19 e la pedissequa decretazione d'urgenza posta in essere dal
Governo, elaborata nell'intento di fronteggiare l'odierna crisi sanitaria tutelando per l'effetto il fondamentale diritto alla salute, ha imposto tra le atre cose la chiusura temporanea degli esercizi commerciali deputati allo svolgimento di attività definite come non "essenziali".
Alla luce di tali "restrizioni" incidenti nello svolgimento dell'attività lavorativa, appare pertanto ragionevole ritenere che molti genitori separati, commercianti, partite Iva, lavoratori di vario genere, avendo dovuto sospendere le proprie attività con tutte le conseguenze immaginabili sul piano finanziario e reddituale, riscontreranno verosimilmente nei mesi a venire, difficoltà nel garantire la corresponsione dell'importo previsto in sede di separazione o
divorzio o di affidamento, quale contributo mensile al mantenimento dei figli e/o a favore del coniuge.
A tal riguardo, inoltre, occorre rammentare ed evidenziare che il mancato versamento dell'assegno di mantenimento determina conseguenze sia dal punto di vista civile, legittimando azioni esecutive di recupero del credito, sia sotto il profilo penale, rischiando di esser perseguiti per il reato di cui all'art. 570 bis c.p. Ragion per cui, la parte onerata, è comunque obbligata a farvi fronte anche in caso di gravi difficoltà concretizzatesi in un contesto critico ed emergenziale come quello attuale, in quanto ad oggi, non è ancora stato realizzato nessun intervento ad hoc da parte del
Governo (o come sarebbe più opportuno sperare da parte del Parlamento) finalizzato a regolamentare la problematica de qua.
Rilevato quanto sopra, tale contributo non vantando alcuna pretesa di esaustività, intende essere un'introduzione o meglio uno spunto di riflessione - in attesa di specifica normativa - su come poter fronteggiare, o comunque inquadrare giuridicamente, le evidenti situazioni di disagio e di sofferenza di tutti quei soggetti separati o divorziati nella duplice accezione sia di soggetti obbligati alla corresponsione di quanto dovuto sia di soggetti beneficiari di quanto riconosciuto in sede processuale dal Giudice.
Preliminarmente, a parere di chi scrive, la profonda crisi, economica-sociale-umanitaria determinata dal Covid-19 appare senza dubbio quale situazione da doversi inquadrare nell'ottica della straordinarietà e dell'imprevedibilità e come tale è da valutarsi quale fenomeno non solo che esula dalla cosiddetta sfera di signoria dell'individuo ma anche idoneo ad innalzare, da un punto di vista prettamente giuridico, la possibilità di aumento del rischio di
inadempimento riguardo a tutte quelle prestazioni (recte: obbligazioni) di carattere economico, come può essere ad esempio l'assegno di mantenimento, sorte antecedentemente al periodo dell'emergenza.
Per le considerazioni innanzi esposte, dunque, appare corretto rilevare come una plausibile soluzione alla problematica che qui ci occupa può essere individuata nell'istituto dell'impossibilità sopravvenuta per causa non imputabile al debitore, disciplinata dagli artt. 1256 a 1258 del Codice Civile. Invero, l'eventuale difficoltà della parte nel corrispondere l'assegno di mantenimento nella misura prevista, come è evidente, potrà derivare non già da un atteggiamento di matrice colposa o dolosa, quanto piuttosto da un'impossibilità oggettiva ad effettuare la prestazione in sé e per sé considerata proprio a causa del lockdown lavorativo imposto dal Governo (factum principis).
Per meglio dire, l'attività impedente, non è strettamente collegabile ad azioni o omissioni dirette o indirette del singolo, quanto piuttosto a cause di forza maggiore imprevedibili ed inevitabili.
Si rileva pertanto che situazioni di tal guisa siano necessariamente da ritenersi legittimanti una richiesta quantomeno di riduzione dell'importo economico da dover corrispondere all'altro coniuge e alla prole. Pertanto, tenendo a mente l'importante ratio dell'assegno di mantenimento, rinvenibile ai sensi dell'art. 143 c.c. e anche i doveri, da osservare nell'adempimento delle prestazioni, di buona fede, lealtà e correttezza ex artt. 1175 e 1176 c.c. interpretati alla luce del principio di solidarietà sociale ex art. 2 Cost., si suggerisce, qualora i rapporti tra le parti lo consentano, poiché ispirati ad un clima di reciproca collaborazione, di notiziare circa la condizione di difficoltà l'altra parte attivando poi, di conseguenza, una trattativa per addivenire alla formalizzazione di un accordo anche per il tramite di una negoziazione assistita che preveda la modifica delle condizioni di separazione o di divorzio, sia pur limitatamente alla durata dell'emergenza.
Si rileva invero che mai come in questo particolare momento storico, appare opportuno e doveroso (laddove possibile) incentivare l'utilizzo di strumenti A.D.R. (Alternative Dispute Resolution), creati proprio con finalità deflattive del contenzioso, per ottenere una risoluzione efficiente ed immediata della problematica in commento. Le parti invero, adottando una soluzione stragiudiziale riuscirebbero in tempi più celeri ad ottenere benefici e pronta tutela dei propri diritti. Il richiamo alla negoziazione per le caratteristiche di celerità che la contraddistinguono, rappresenterebbe, ad ogni buon conto, un valido strumento da sfruttare soprattutto in presenza di figli minori che riceverebbero stretto giro una pronta attenzione a quelle che sono le loro esigenze.
Tuttavia, non può sottacersi il fatto che, laddove vi sia tra le parti una forte ed accesa conflittualità, l'unica soluzione percorribile risulterà quella giudizialmente prevista di ricorrere in via d'urgenza, per mezzo del proprio difensore, al Tribunale affinché vengano adottati i provvedimenti del caso all'uopo ritenuti necessari specie nell'interesse della prole.
Preme rilevare inoltre che le situazioni sopra descritte, seppur calate nel contesto dell'emergenza nazionale tutt'ora in corso, siano da ritenersi come situazioni dal carattere ordinario.
Preoccupano e non poco, nel silenzio e nell'attesa di un intervento mirato sul punto, quelle situazioni in cui il coniuge abbia diminuito la propria capacità reddituale non per la chiusura momentanea dell'esercizio ma magari per la perdita del posto di lavoro, determinando così in ipotesi più estreme (si pensi al coniuge beneficiario affetto da gravi patologie che fa affidamento sul mantenimento per sostenere le spese mediche o su quello che non può lavorare perché assiste il minore disabile, o ancora ai casi di assenza di ascendenti in ordine di prossimità) un inevitabile stato di indigenza in capo all'intera famiglia.
Relativamente a siffatti episodi, giova ricordare, primariamente, che l'art. 147 c.c. impone ai genitori l'obbligo di mantenere i propri figli: tale obbligo grava su di essi in senso primario ed integrale. Consegue che, se uno dei due non voglia o non possa adempiere, l'altro se è nelle condizioni di farlo dovrà farvi fronte con tutte le proprie risorse patrimoniali e reddituali, anche sfruttando la propria capacità di lavoro.
Soltanto in via sussidiaria, invece, si concretizza l'obbligo degli ascendenti ai sensi dell'art. 316 bis c.c., di fornire ai genitori i mezzi necessari per adempiere al loro dovere nei confronti dei figli. Peraltro, tale dovere insorge non già perché uno dei due genitori è rimasto inadempiente al proprio obbligo, ma se ed in quanto l'altro genitore non ha mezzi per provvedervi. Quello degli ascendenti dunque, laddove esistenti, è obbligo sussidiario e soprattutto subordinato rispetto a quello primario dei genitori.
Orbene tale doverosa premessa, appare necessaria per poter identificare e dunque comprendere la delicatezza oltre che l'urgenza di statuire al riguardo, magari introducendo norme ad hoc all'interno del maxi decreto attualmente allo studio dell'esecutivo proprio per scongiurare il configurarsi di una nuova "emergenza" in un momento già abbastanza critico come quello attuale.
Si potrebbero adottare dapprima misure dal carattere assistenziale, magari istituendo un fondo di garanzia o quantomeno di sostegno che funga nell'immediato quale misura di contenimento dello stato di bisogno, sia del coniuge impossibilitato al versamento del mantenimento sia del beneficiario inabile nel provvedere al suo sostentamento.
Tali misure "cuscinetto", al termine dell'emergenza, potrebbero trasformarsi o in nuovi strumenti di tutela oppure quali incentivi per realizzare una riforma di più vasto respiro che vada ad affrontare nel dettaglio tutte le situazioni più deboli e di maggior disagio.
In conclusione dunque, appare di tutta evidenza come rilevante sia l'impatto dell'emergenza del Covid-19 su molte famiglie di separati e/o divorziati riguardo soprattutto per ciò che attiene all'erogazione del mantenimento per coniuge e figli.
Alla luce delle argomentazioni fornite, reiterando la necessità di un pronto intervento normativo al riguardo, si ritiene che sebbene il Covid-19 determini situazioni di palese difficoltà nella corresponsione del mantenimento, l'emergenza de qua per le caratteristiche sopra esposte, può ragionevolmente identificarsi quale presupposto su cui fondare una richiesta di modifica delle condizioni di affidamento, separazione ovvero di divorzio privilegiando in tale intento strumenti stragiudiziali improntati alla conciliazione e al richiamo soprattutto, ove possibile, del buon senso comune, parimenti, si ritiene non prudente e non rispettoso dei doveri di assistenza morale e materiale fondanti il cardine stesso del matrimonio ovvero della famiglia, strumentalizzare la situazione di pandemia de qua per rifuggire o peggio avanzare richieste di sospensione tout court del mantenimento.