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Le invenzioni del datore di Lavoro

Scritto da: Valentina Stamerra - Pubblicato su IUSTLAB




Pubblicazione legale:

Nell’epoca attuale le imprese devono continuamente innovarsi e tenere il passo dello sviluppo tecnologico (talvolta anticipandolo anche) al fine di poter essere sempre competitive e concorrenziali. In questo contesto non è raro che durante un rapporto di lavoro possano essere create delle invenzioni dai lavoratori, siano essi dipendenti, ricercatori o autonomi, ma a chi appartiene la proprietà del brevetto delle invenzioni in questione?

Di chi è l’invenzione del lavoratore dipendente? 

Per le invenzioni del dipendente la normativa in tema di proprietà industriale (art. 64 C.P.I.) prevede tre diverse casistiche che sono differentemente disciplinate:

•   il dipendente è assunto allo scopo di svolgere attività inventiva ed è remunerato per questo;

•    il lavoratore è assunto per svolgere attività inventiva ma non è prevista una remunerazione specifica;

•    il dipendente è stato assunto per altre mansioni e l’invenzione ricade nel campo di azione del datore di lavoro.

Brevetti di lavoro

Nel primo caso, quando cioè l’attività inventiva è prevista come oggetto del contratto o del rapporto di lavoro e a tale scopo retribuita, le invenzioni realizzate dai dipendenti pubblici o privati nell’adempimento del proprio rapporto di lavoro spettano alla società o all’ente di appartenenza, salvo naturalmente riconoscere all’inventore il diritto “morale” di essere indicato come autore dell’invenzione.

Brevetti d’azienda

Nel secondo caso, quando l'invenzione è fatta nell'esecuzione o nell'adempimento di un contratto o di un rapporto di lavoro o di impiego, ma non è stata stabilita una retribuzione, i diritti derivanti dall'invenzione - sempre che sia stato chiesto un brevetto o che il datore abbia deciso di sfruttare il segreto industriale -appartengono al datore di lavoro. In questo caso all'inventore, salvo sempre il diritto di essere riconosciuto autore, spetta un equo premio per la cui determinazione si terrà conto di alcuni elementi, quali:

•    l'importanza dell'invenzione;

•    le mansioni svolte dal lavoratore;

•    la retribuzione percepita dall'inventore;

•    il contributo che il lavoratore che ha creato l’invenzione ha ricevuto dall'organizzazione del datore di lavoro.

Il diritto del lavoratore all'equo premio sorge con il conseguimento del brevetto o con la decisione aziendale di sfruttarne la segretezza, in quanto non è sufficiente che si tratti di innovazioni meramente brevettabili, ma di invenzioni non brevettate o non sfruttate.

Brevetti occasionali

Nel terzo caso preso in considerazione, che si verifica quando si tratta di invenzione industriale che rientra nel campo di attività del datore di lavoro, ma il dipendente è stato assunto e retribuito per mansioni che non attengono all’attività inventiva, il datore di lavoro ha il diritto di opzione per l'uso, esclusivo o non esclusivo dell'invenzione o per l'acquisto del brevetto. Il datore ha, altresì, la facoltà di chiedere o acquisire, per la medesima invenzione, brevetti all'estero verso corresponsione del canone o del prezzo, da fissarsi con deduzione di una somma corrispondente agli aiuti che l'inventore abbia comunque ricevuti dal datore di lavoro per pervenire all'invenzione. Il datore di lavoro potrà esercitare il diritto di opzione entro tre mesi dalla data di ricevimento della comunicazione dell'avvenuto deposito della domanda di brevetto dell’invenzione.

Brevetti del dipendente

Esiste un quarto caso, non disciplinato dalla normativa e del tutto residuale, in cui l’invenzione non rientra neppure nel campo di attività del datore di lavoro e pur tuttavia è stata ottenuta dal dipendente con i mezzi del datore di lavoro durante le ore di lavoro.

In tal caso essendo l’attività inventiva fuori dall’ambito di competenza del datore di lavoro, i diritti saranno del dipendente, parliamo ad esempio del caso in cui la segretaria di una società edile inventi un’applicazione per ottimizzare i parcheggi dell’area antistante l’azienda. Assodato che i diritti dell’invenzione sono attribuiti al lavoratore, è bene precisare che il datore di lavoro potrebbe eventualmente sollevare problematiche di natura giuslavorista e/o disciplinare per aver usato mezzi e tempo lavorativo per scopi di natura personale.

Quali sono le norme per le invenzioni dei dipendenti delle Università? 

Il 23 agosto scorso è entrata in vigore la legge 24 luglio 2023, n. 102, di riforma del Codice della Proprietà Industriale. Con suddetta legge è stato abolito il privilegio riconosciuto ai ricercatori e professori universitari ed è stato conferito un nuovo ruolo alla ricerca universitaria, la cui piena titolarità delle invenzioni è restituita agli atenei e agli altri enti pubblici (attraverso la riforma dell’art. 65 del CPI e l’introduzione dell’art. 65-bis).

Qui l’Università è sempre proprietaria, il che ha restituito competitività alle istituzioni di ricerca italiane a livello di mercato globale. Permangono, però, anche altre differenze con la disciplina delle invenzioni dei dipendenti negli altri ambiti lavorativi.

Eventuali premi e compensi al ricercatore sono demandati ad accordi e regolamenti interni e, se ci sono soggetti investitori esterni, ad accordi tra Università e tali soggetti. Qualora la struttura di appartenenza non provveda entro un termine di sei mesi, prorogabile in casi eccezionali di ulteriori tre mesi a depositare la domanda di brevetto, l'inventore può procedere autonomamente al deposito a proprio nome dell’invenzione come brevetto.

Quali norme si applicano per le invenzioni del lavoratore autonomo? 

In questo specifico caso, vale una presunzione opposta a quella del lavoratore dipendente.

L’art. 4 della L. n.18/2017, così detto Jobs Act stabilisce che: salvo il caso in cui l'attività inventiva sia prevista come oggetto del contratto di lavoro e a tale scopo compensata, i diritti di utilizzazione economica relativi ad apporti originali e a invenzioni realizzati nell'esecuzione del contratto stesso, spettano al lavoratore autonomo, secondo le disposizioni di cui alla legge 22 aprile 1941, n. 633, e al codice della proprietà industriale, di cui al decreto legislativo 10 febbraio 2005, n. 30.

In realtà questa disposizione lascia alcuni dubbi interpretativi, a causa di un richiamo al Codice della Proprietà Intellettuale in contraddizione con la regola generale secondo cui l’invenzione del lavoratore autonomo è di quest’ultimo.

Da ultimo la Cassazione nell’Ordinanza n. 19335 del 15 giugno 2022 ha risolto tali dubbi chiarendo che affinché si configuri il trasferimento dei diritti sulle creazioni del lavoratore autonomo al suo committente, l’attività creativa deve essere chiaramente indicata come oggetto del contratto con il lavoratore autonomo e non è sufficiente che tale attività sia semplicemente svolta nel corso dell’esecuzione degli obblighi contrattuali. Deve inoltre essere predisposta una remunerazione specifica per tale attività.




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Valentina Stamerra

Avvocato esperto in materia di Proprietà Intellettuale, delle Imprese e dei Contratti