Pubblicazione legale:
L'art. 2-bis della L. n. 241/90 sembrava aver aperto la strada alla risarcibilità del "danno da mero ritardo" nella conclusione del procedimento amministrativo. In tal senso, a fronte della cosiddetta codificazione del "danno da mero ritardo "da parte del legislatore, anche l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con sentenza n. 5 del 2018, aveva ammesso la risarcibilità del danno arrecato dall'Amministrazione al privato, ogni qual volta non veniva rispettato il termine di conclusione del procedimento previsto dall'art. 2 della L. n. 241/90. Ebbene, l'apertura alla risarcibilità del "danno da mero ritardo" sembrerebbe essere stata ridimensionata dalla più recente pronuncia dell'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato n. 7 del 2021, la quale non manca, altresì, di puntualizzare la natura della responsabilità del "danno da mero ritardo". Dalla lettura della sentenza in questione, è chiaro l'intento del giudice amministrativo di ridimensionare sempre più il riconoscimento della risarcibilità del "danno da mero ritardo" con inevitabile compressione della tutela del diritto al risarcimento del privato dinanzi ai ritardi della P.A. (sempre più frequenti e all'ordine del giorno per via di una burocrazia atavica, lenta e farraginosa che, ancora, non ha fatto tesoro dei principi, consacrati dalla L. n. 241/90, di economicità, celerità e trasparenza dell'azione amministrativa, nonchè non ancora uniformatasi alle direttive comunitarie in termini di speditezza nella conclusione dei procedimenti amministrativi). A fronte della nuova presa di posizione assunta dal Supremo Consesso della giustizia amministrativa, non è più ammessa la risarcibilità del "danno da mero ritardo" tout court (sol perché l'Amministrazione si è dimostrata inadempiente rispetto all'obbligo di rispettare il termine di conclusione del procedimento previsto dall'art. 2 della L. n. 241/90). Tuttavia, il solo danno da ritardo risarcibile sarebbe esclusivamente quello che effettivamente, a fronte di un giudizio prognostico "sulla spettanza", si è tradotto in un reale pregiudizio effettivo, concreto e provato nella sfera giuridica del privato. Il giudice amministrativo è così chiamato nella valutazione del danno da ritardo risarcibile ad effettuare un ulteriore giudizio, ovvero quello prognostico "sulla spettanza" e, quindi, andare effettivamente a verificare se il privato avrebbe comunque ottenuto il bene della vita cui aspirava se l'Amministrazione avesse concluso il procedimento in tempi utili. Sol nel caso in cui questo giudizio prognostico ha esito positivo e il giudice accerta che realmente al privato è stata preclusa la possibilità di ottenere il bene della vita cui aspirava, a causa del ritardo dell'Amministrazione nel concludere il procedimento, allora può dirsi risarcibile il "danno da ritardo" ai sensi dell'art. 1223 del codice civile. Ciò perché il danno risarcibile è solo quello "diretta e immediata conseguenza dell'illecito" ex art. 1223 c.c., ovverosia se il ritardo dell'Amministrazione nella conclusione del procedimento, ha comportato solo il mancato rispetto del termine ex art. 2 della L. n. 241/90, ma non ha, nei fatti, arrecato alcun pregiudizio nella sfera giuridica dell'istante, in quanto comunque anche se la P.A. avesse rispettato il termine di conclusione del procedimento, già a monte la pretesa del privato era infondata ed illegittima e, quindi, non avrebbe ottenuto, in ogni caso, il bene della vita cui aspirava, allora il danno è da ritenersi "da mero ritardo", poichè non ha prodotto conseguenze "immediate e dirette" e, quindi, riconducibili ed imputabili al ritardo dell'Amministrazione e, come tali, non suscettibili di risarcimento. Si prenda, ad esempio, una legge che riconosce determinati contributi agevolativi ad imprese virtuose che abbia un limite temporale molto ristretto. Solo nel caso in cui l'impresa non ottenga i contributi che le spettavano, a causa del ritardo della P.A. nella conclusione del procedimento, allora il ritardo si traduce in danno risarcibile. Ma se per qualsiasi altra ragione dovuta, ad esempio, alla mancanza dei requisiti legittimanti l'ammissione ai contributi predetti, il ritardo dell'Amministrazione non comporterà un danno risarcibile, bensì solo un danno "da mero ritardo" e, quindi, non risarcibile. Diverso, invece, è il caso in cui sopraggiunga una nuova normativa che non preveda più, alle stesse condizioni della precedente, la concessione dei contributi in questione. In tal caso, se l'impresa perde irreversibilmente l'ammissione ai contributi, a causa del ritardo della P.A. nella conclusione del procedimento, nelle cui more interviene una nuova normativa più stringente nel concedere il contributo agevolativo, allora il "danno da ritardo" è pienamente risarcibile. Diversamente non sarebbe stato se lo "ius superveniens" non avrebbe comunque comportato il rischio di perdita dei contributi per l'impresa, anche a fronte del ritardo della P.A. nel concludere il procedimento (cosiddetta "insensibilità dello ius superveniens"). Per quanto concerne la natura della responsabilità della P.A. dinanzi al danno da ritardo, dopo arresti giurisprudenziali che la riconducevano: ora alla responsabilità contrattuale, in virtù del ricorso alla teoria del "contatto sociale", ora addirittura a quella precontrattuale, l'Adunanza Plenaria ha chiarito, una volta per tutte, che trattasi di responsabilità aquiliana ex 2043 c.c.. Infatti, il rapporto tra P.A. e privato non deriva da un rapporto negoziale (anche se non sono mancate voci in dottrina che lo hanno definito tale in virtù degli obblighi discendenti dalla L. n. 241/90 posti in capo all'Amministrazione nell'esercizio del potere nei confronti del privato). Il ritardo nella conclusione del procedimento è configurabile come illecito aquiliano ai sensi dell'art. 2043 c.c. e, come tale, soggiace, quanto ai criteri di determinazione del "quantum" risarcibile, in virtù del richiamo operato dall'art. 2056 c.c. ai principi sanciti dagli artt. 1223, 1226 e 1227 del codice civile. Alla luce del nuovo arresto della giurisprudenza amministrativa è ravvisabile la tendenza a ridimensionare la portata del danno da ritardo risarcibile, non solo riducendo l'area di tutela del privato dinanzi alla lentezza della macchina burocratica, ma soprattutto ci si chiede se questo atteggiamento per così dire "rigorista" della giustizia amministrativa non provochi come contraltare un effetto disincentivante al rispetto dei termini di conclusione del procedimento da parte della P.A., deresponsabilizzandola dinanzi ad eventuali ritardi?
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