Vincenzo De Crescenzo

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Risarcimento danni per effetti indesiderati della vacinazione anti Covid

Scritto da: Vincenzo De Crescenzo - Pubblicato su IUSTLAB

Pubblicazione legale:

RISARCIMENTO DANNI PER EFFETTI INDESIDERATI

DELLA VACCINAZIONE ANTI COVID

 

La campagna di vaccinazione anti Covid in atto pone un problema, inevitabilmente, connesso a qualsiasi altra vaccinazione, ma ancor più sentito e rilevante a causa della brevissima sperimentazione effettuata, ovvero, quello degli eventuali effetti indesiderati conseguenti alla somministrazione del vaccino ed il relativo risarcimento danni.

La disciplina giuridica è, in ogni caso, la stessa, anche per la vaccinazione anti Covid.

Ai fini del risarcimento, occorre distinguere, innanzitutto, gli effetti indesiderati (danni) di lieve entità e del tutto temporanei, da quelli, invece, gravi e permanenti.

1.1. Danni gravi e permanenti.

Trattando, principakmente, di questi ultimi, essi sono soggetti ad un indennizzo da parte dello Stato, qualora siano non prevedibili e, quindi, non evitabili, oppure ad un risarcimento vero e proprio nel caso, invece, siano prevedibili ed evitabili.

1.2. Danni non prevedibili e, quindi, non evitabili.

La Legge n. 210/1992 titolata “Indennizzo a favore dei soggetti danneggiati da complicanze di tipo irreversibile a causa di vaccinazioni obbligatorie, trasfusioni e somministrazioni di emoderivati”, riconosce al paziente il diritto ad un indennizzo nel caso di danno permanente da vaccinazione, esteso, a seguito della pronuncia della Corte Costituzionale n. 107/2012, anche ai vaccini non obbligatori ma “consigliati” dalle autorità sanitarie.

L’indennizzo consiste in un assegno reversibile per quindici anni, ma, nel caso in cui dal vaccino sia derivata la morte, l’avente diritto (eventuali eredi) può optare per una somma una tantum. Con la Legge n. 299/2005 è stato introdotto un ulteriore indennizzo, molto più elevato, corrisposto “per la metà al soggetto danneggiato e per l’altra metà ai congiunti che prestano o abbiano prestato al danneggiato assistenza in maniera prevalente e continuativa

L’indennizzo deve essere richiesto, entro tre anni (pena la prescrizione), all’A.S.L. di appartenenza che, mediante apposita Commissione medica ospedaliera (CMO), provvede a convocare a visita l'interessato e ad istruire la pratica, valutando, tra l’altro, il nesso causale tra l'infermità e la vaccinazione. Il relativo verbale viene poi notificato al richiedente che, entro i successivi trenta giorni, può presentare il ricorso gerarchico al Ministero della salute, oppure, entro il termine più lungo di un anno, quello giurisdizionale dinanzi al Tribunale sez. lavoro.

1.3. Danni prevedibili ed evitabili.

Quando, invece, gli effetti indesiderati sono prevedibili ed evitabili, quindi, sussite la colpa o il dolo di chi ha preparato o somministrato il vaccino, è possibile ottenere, anziché un semplice indennizzo, il risarcimento effettivo dei danni subiti, patrimoniali e non patrimoniali, a carico, secondo il caso, del Ministero della Salute o del personale sanitario che ha somministrato il vaccino e l’ASL di appartenenza oppure della casa farmaceutica che ha prodotto il vaccino.

Il Ministero della Salute risponde nel caso in cui l’effetto indesiderato sia causato da una intrinseca pericolosità del vaccino, per aver messo a disposizione dei pazienti un medicinale dannoso per la salute. In tal caso, configurandosi una responsabilità per fatto illecito ex art. 243 c.c. (Cass n. 9406/2011), il danneggiato dovrà farsi carico della prova sul nesso causale tra vaccino e danno.

Il personale sanitario che ha somministrato il vaccino e l’ASL di appartenenza, rispondono, invece, per non aver valutato correttamente lo stato di salute del soggetto da vaccinare, se l’effetto indesiderato si è verificato per un’interazione dannosa tra farmaco ed organismo dovuta ad una inidoneità fisica del paziente. In tal caso, configurandosi una responsabilità contrattuale, o da contatto sociale,  ex art.1218 e s.s. c.c., il danneggiato può limitarsi a provare il contratto (o il contatto sociale) e l'aggravamento della patologia o l'insorgenza di un'affezione, indicando l'inadempimento del debitore, astrattamente idoneo a provocare il danno lamentato; il  debitore (il personale sanitario e l’ASL), per scagionarsi, dovrà, al contrario, dimostrare che l’inadempimento non c’è stato o che è del tutto irrilevante.

Riguardo le case farmaceutiche, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 6587/2019, ha stabilito che "In caso di effetti collaterali dei farmaci, la casa farmaceutica non risponde delle conseguenze qualora abbia posto in essere una costante opera di monitoraggio e di adeguamento delle informazioni commerciali e terapeutiche per eliminare o ridurre il rischio di effetti collaterali dannosi e di rendere edotti i potenziali consumatori”.

Per la Cassazione, quindi, le case farmaceutiche non sono tenuti a risarcire il paziente per gli effetti collaterali prodotti dal farmaco/vaccino se hanno adeguatamente e con informazioni aggiornate segnalato la possibilità dell’effetto indesiderato nel bugiardino. Devono, comunque, osservare, in primis, tutte le sperimentazioni e protocolli previsti dalla legge per la produzione e commercializzazione del farmaco.

Tale responsabilità si configura ai sensi dell’art. 2050 del Codice Civile, il quale afferma “chiunque cagiona danno ad altri nello svolgimento di un’attività pericolosa, per sua natura o per la natura dei mezzi adoperati, è tenuto al risarcimento, se non prova di avere adottato tutte le misure idonee ad evitare il danno”.

La casa farmaceutica, infatti, svolge un’attività da considerarsi pericolosa, per l’intrinseca natura dei medicinali, e la prova liberatoria richiesta dalla legge (ossia, l’adozione di tutte le misure per evitare il danno), che la esonera da ogni responsabilità, è costituita dall’adeguata segnalazione sul bugiardino dei possibili effetti indesiderati e dalla rigorosa osservanza di tutte le sperimentazioni e protocolli previsti dalla legge per la produzione e commercializzazione del farmaco, così da eliminare o almeno ridurre il rischio di effetti collaterali dannosi.

Per gli stessi motivi, anche in caso di eventuali danni conseguenti ad effetti indesiderati di lieve entità e del tutto temporanei, la casa farmaceutica risponde. se nel bugiardino non è indicato l’effetto indesiderato o non sono stati rispettati i protocolli nelle sperimentazioni

Pertanto, la casa farmaceutica produttrice del vaccino è liberata dall’obbligo di risarcire il danno solo quando dimostri di aver adottato tutte le misure idonee a scongiurare l’effetto avverso o nel caso di effetto collaterale del tutto imprevedibile e le cui cause di insorgenza siano da considerarsi ignote e inimmaginabili.

2. Clausole di esonero di responsabilità per il vaccino anti Covid.

Pur considerando quanto sin qui esposto, sembrerebbe, per quanto si apprende dagli organi di informazione, benchè privi di concreti riscontri, che la responsabilità per gli eventuali effetti collaterali, sia gravi che di lieve entità, conseguenti alla somministrazione dei vaccini anti Covid, sia stata disciplinata in modo un po’ differente.

Innanzitutto, nel contratto di fornitura dei vaccini, sarebbero presenti alcune clausole che scaricano sullo Stato italiano (come gli altri Stati europei) la responsabilità condivisa nel caso in cui il vaccino abbia effetti collaterali indesiderati, anche solo temporanei, sollevando le case farmaceutiche produttrici da ogni responsabilità in merito.

Inoltre all’atto della somministrazione del vaccino (in particolare quello prodotto da Pfizer-Biontech), sarebbe richiesta la sottoscrizione di moduli che esonerano l'azienda farmaceutica e il personale sanitario che esegue la vaccinazione da qualsiasi responsabilità per eventuali reazioni avverse, danni a lunga distanza ovvero inefficacia della vaccinazione.

Le suddette condizioni di esonero di responsabilità sarebbero la diretta conseguenza della impossibilità di produrre e commercializzare vaccini anti Covid osservando le necessarie misure di sicurezza, di cui abbiamo parlato nel precedente paragrafo.

La necessità di ottenere i vaccini il più presto possibile, per combattere l’emergenza sanitaria in corso, ha fatto sì che non siano stati sperimentati in più anni, come per prassi, prima dell’utilizzo, ma solo pochi mesi, senza poter, adeguatamente, verificare, conoscere e segnalare eventuali effetti indesiderati, nonostante ricerche, studi ed esami eseguiti. Ciò, per legge, esporrebbe le case farmaceutiche a rispondere di ogni evento dannoso collegato ad effetti collaterali che non hanno potuto, per mancanza di tempo, sperimentare e studiare, né, quindi segnalare sul bugiardino, aggravando, eccessivamente, le loro respnsabilità.

Tuttavia, le suddette condizioni di esonero, se effettivamente previste, potrebbero considerarsi nulle in quanto illegittimae, essendo del tutto contrarie ai diritti costituzionalmente garantiti al singolo, in primo luogo, il diritto alla salute, e a quanto stabilito all'art. 1229 del codice civile “è nullo qualsiasi patto preventivo di esonero o di limitazione di responsabilità per i casi in cui il fatto del debitore e dei suoi ausiliari costituisca violazione di obblighi derivanti da norme di ordine pubblico”.

San Salvo, 22 aprile 2021.

Avv.Vincenzo de Crescenzo


Avv. Vincenzo De Crescenzo - Avvocato civilista

Mi chiamo Vincenzo de Crescenzo, lavoro come avvocato da oltre dieci anni e mi sono sempre occupato di diritto civile (obbligazioni e contratti, proprietà, famiglia e sucessioni), commerciale, lavoro e previdenza, conseguendo anche vari titoli accademici di specializzazione nel settore. I miei clienti sono sia privati che aziende. Professionalità e trasparenza sono i valori su cui baso un rapporto strettamente fiduciario con i miei assistiti, ricercando sempre soluzioni che garantiscano il miglior risultato, tempi rapidi ed un prezzo equo. Posso assicurare ampia tutela su tutto il territorio nazionale, anche in videochiamata.




Vincenzo De Crescenzo

Esperienza


Diritto di famiglia

Nel corso degli anni, ho maturato una importante esperienza nel diritto di famiglia, che è quel ramo del diritto privato afferente ai rapporti personali e patrimoniali tra i coniugi, ai rapporti di filiazione, parentela e more uxorio. In particolare, mi occupo di separazione e divorzio, obblighi alimentari e di mantenimento, modifica delle condizioni di separazione o divorzio, decadenza dalla responsabilità genitoriale, interdizione e inabilitazione. Le liti familiari sono, in genere, molto delicate e trovare la soluzione più adatta richiede particolare sensibilità ed attitudine che i miei assistiti spesso mi riconoscono.


Diritto civile

Mi sono sempre occupato di diritto civile, sin dagli anni della formazione e collaborazione presso altri studi legali, trattando pratiche relative al recupero crediti, esecuzioni mobiliari ed immobiliari, sinistri stradali, locazioni, sfratti, proprietà, condominio, e molti altri casi tipici. Il diritto civile e privato, in genere, rappresenta, quindi, il settore in cui ho maggiormente lavorato, maturando una particolare conoscenza ed attitudine.


Diritto del lavoro

Nel 2010 ho conseguito la Specializzazione Universitaria in “Discipline del lavoro, sindacali e della sicurezza sociale” e da vari anni collaboro con alcune organizazioni sindacali. Mi occupo di impiego pubblico e privato, procedimenti disciplinari, licenziamenti, demansionamento e/o mobbing, differenze retributive, trasferimenti e/o mobilità, malattie e infortuni, contratti di appalto e concorsi pubblici.


Altre categorie:

Diritto commerciale e societario, Mediazione, Matrimonio, Eredità e successioni, Separazione, Divorzio, Recupero crediti, Pignoramento, Contratti, Mobbing, Sicurezza ed infortuni sul lavoro, Licenziamento, Locazioni, Sfratto, Fallimento e proc. concorsuali, Previdenza, Malasanità e responsabilità medica, Diritto immobiliare, Edilizia ed urbanistica, Diritto condominiale, Incidenti stradali, Arbitrato, Negoziazione assistita, Incapacità giuridica, Domiciliazioni, Risarcimento danni.


Referenze

Pubblicazione legale

Strumenti giuridici a tutela delle condizioni di separazione o divorzio e affidamento dei figli

Pubblicato su IUSTLAB

STRUMENTI GIURIDICI A TUTELA DELLE CONDIZIONI DI SEPARAZIONE O DIVORZIO E AFFIDAMENTO DEI FIGLI Contro la violazione, da parte del proprio coniuge o ex coniuge, delle condizioni stabilite per la separazione personale o il divorzio (cessazione degli effeti civili o scioglimento del matrimonio) , comprese quelle sull’affidamento e mantenimento dei figli, il nostro ordinamento giuridico prevede varie forme di tutela, in sede civile e penale. Le condizioni stabilite in sede giudiziale, quindi, da un provvedimento del giudice (sentenza o decreto di omologa), in seguito alla presentazione di un ricorso in Tribunale, per la separazione o il divorzio o la modifica delle condizioni ivi stabilite, così come anche l’accordo mediante la negoziazione assistita, costituiscono titolo esecutivo , pertanto, in caso di inadempienza, consentono di agire immediatamente in via esecutiva, senza dover ottenere un’ulteriore pronuncia giurisdizionale, o, comunque, di ricorrere a procedimenti particolarmente snelli e rapidi, al fine di ottenere il rispetto delle prescrizioni ivi contenute. In particolare, quando l’obbligo di corrispondere un assegno di mantenimento nei confronti dell’altro coniuge o ex coniuge, è stabilito da un provvedimento giudiziale, qualora l’obbligato non provveda (anche in seguito a formale lettera di diffida e messa in mora), è possibile, in virtù del suddetto titolo esecutivo, notificargli il cosiddetto atto di precetto ed avviare, così, l’esecuzione forzata per il recupero coattivo delle somme arretrate non corrisposte. Trascorsi, infatti, inutilmente, dieci giorni dalla notificazione dell’atto di precetto, è possibile procedere con il pignoramento mobiliare e immobiliare dei beni del debitore. Il pignoramento può riguardare, ad esempio, l’autovettura o un’abitazione, ma, soprattutto, lo stipendio del coniuge o ex coniuge, mediante il pignoramento presso terzi. Si noti, in merito, come, per un recente orientamento giurisprudenziale (Cass. 11316/2011), lo stesso procedimento, previa notifica dell’atto di precetto, sia possibile, in alternativa al ricorso per decreto ingiuntivo, anche per il recupero di quelle spese straordinarie per i figli considerate, comunque, prevedibili, in quanto routinarie (come le spese mediche e scolastiche), rispondendo ad ordinarie e prevedibili esigenze di mantenimento del figlio, a tal punto dall’avere la certezza del loro verificarsi, pur non essendo ricomprese nell’assegno forfettizzato di mantenimento. Inoltre, ai sensi dell'art. 156, comma 5 e 6 del codice civile, il provvedimento di separazione costituisce titolo idoneo pr l’iscrizione di ipoteca giudiziale e consente di chiedere il sequestro ma, soprattutto, l'ordine di pagamento diretto nei confronti del terzo debitore dell'obbligato, come, ad esempio, il datore di lavoro. E’ possibile, cioè, chiedere al giudice, in caso di reiterato inadempimento del coniuge obbligato, di ordinare al suo datore di lavoro di versare direttamente in proprio favore la somma corrispondente all’assegno di mantenimento stabilito, sottraendola dall’importo mensile dello stipendio corrisposto. Lo stesso è previsto, ex art. 8 comma 2, l. n. 898/1970, anche per il provvedimento di divorzio, che consente, addirittura, di chiedere il versamento diretto dell’assegno di mantenimento in via stragiudiziale, rivolgendosi, in caso di inadempimento dell’ex coniuge, anziché al giudice, direttamente al suo creditore o datore di lavoro. Il provvedimento giudiziale costituisce, inoltre, titolo necessario, anche, per presentare ricorso, ai sensi dell’art. 709 ter del codice di procedura civile , per la soluzione di ogni controversia insorta tra i genitori in ordine all’esercizio della potestà genitoriale o delle modalità dell’affidamento. Il Tribunale , in tal caso, accertati gravi inadempienze o atti pregiudizievoli per il minore o contrari alle modalità dell’affidamento, può modificare i provvedimenti in vigore, oltre che ammonire, sanzionare o condannare al risarimento danni il genitore inadempiente. Quando, invece, le condizioni di separazione o divorzio, soprattutto per una questione di economicità, sono stabilite in via stragiudiziale dalle parti, quindi, mediante la sottoscrizione di una scrittura privata, come può accadere, in particolare, per la modifica delle condizioni economiche già stabilite giudizialmente, l’atto sottoscritto, pur essendo ritenuto valido, purchè non leda diritti ed interessi dei minori, non costituisce titolo esecutivo e non consente di accedere alle forme di tutela giuridica sin qui esaminate. In particolare, se il coniuge o ex coniuge obbligato non provvede al mantenimento, il recupero delle somme, così, evetualmente, concordate, richiede un’attività più complessa e dispendiosa, essendo necessario conseguire, tramite un giudizio civile, il titolo esecutivo mancante, ossia il provvedimento giudiziale, in virtù del quale, poi, sarà possibile procedere con l’esecuzione forzata. È possibile e necessario, in tal caso, presentare in Tribunale un ricorso per decreto ingiuntivo, chiedendo al Giudice di ordinare il pagamento in proprio favore delle somme inevase riportate nell’accordo stragiudiziale. In seguito, ottenuto il decreto, anche se provvisoriamente esecutivo, sarà possibile notificare al debitore l’atto di precetto ed eventualmente quello di pignoramento. Tuttavia, l’eventualità e gli effetti di un accordo stragiudiziale tra le parti, riguarda, soprattutto, la separazione di una coppia di fatto, convivente more uxorio . A riguardo, occorre precisare, infatti, che, a differenza di quanto avviene per i coniugi, la separazione tra una coppia di fatto non necessita di alcun provvedimento. Inoltre, l’ex convivente non ha un obbligo di mantenimento verso l’altro (salvo quello degli alimenti, qualora questi versi in stato di bisogno, ma solo in caso di convivenza regolarizzata), tuttavia, in presenza di figli minori, è tenuto, in ogni caso, a contribuire al loro mantenimento ed occorre, come per i genitori sposati, regolamentarne l’affido, condiviso o meno, e tutto ciò che ne concerne. È possibile, quindi, anche stabilire, semplicemente, tra le parti, accordi verbali o, meglio, scritti. Una scrittura privata, infatti, in quanto prova delle obbligazioni reciprocamente assunte, consente, comunque, una certa tutela, in caso di inadempimento, ma non abbastanza e, comunque, come abbiamo già vsto per i coniugi, non quanto il titolo esecutivo costituito dal provvedimento giudiziale. Anche in questo caso, quindi, contro il mancato versamento dell’assegno di mantenimento concordato, in mancanza di un provvedimento giudiziale, è possibile prsentare in Tribunale un ricorso per decreto ingiuntivo, al fine di ottenere il necessario titolo esecutivo per l’esecuzione forzata. Tuttavia, anche gli ex conviventi di fatto, in alternativa ad un accordo verbale o per scrittura privata, possono, mediante apposito ricorso in Tribunale, stabilire giudizialmente la regolamentazione del regime di affidamento, mantenimento e frequentazione dei propri figli minori, disponendo così di quel provvedimento giudiziale, con valore di titolo esecutivo, necessario per accedere anch’essi a tutte le forme di tutela giuridica sin qui esaminate per gli ex coniugi. Il ricorso può essere presentato da entrambi i genitori, anche congiuntamente se sono d'accordo sulle condizioni da applicare ( ex art . 316 e 316 bis c.c .). In tal caso, è possibile anche un accordo in negoziazione assistita con i rispettivi avvocati, del tutto equiparato al provvedimento giudiziale. In ambito penale, per tutelarsi contro il mancato pagamento dell’assegno di mantenimento, innanzitutto, è possibile far riferimento all’art 570, comma 2, c.p., rubricato “violazione degli obblighi di assistenza familiare”, che punisce la mancata somministrazione dei mezzi di sussistenza a discendenti minorenni o inabili al lavoro, oltre che al coniuge e agli ascendenti. In caso di separazione, quindi, il reato si configura solo a carico dei genitori, anche se non coniugati, e solo in caso di un grave inadempimento, tale da aver generato nel minore uno stato di bisogno, privandolo dei necessari mezzi di sussistenza, indispensabili per vivere ( come il vitto, l’abitazione, il vestiario, i medicinali i canoni per le utenze indispensabili e le spese per l’istruzione ). Una maggiore tutela è, invece, garantita dal successivo art. 570 bis c.p. , rubricato “violazione degli obblighi di assistenza familiare in caso di separazione o di scioglimento del matrimonio” (introdotto dal Decreto Legislativo 1 marzo 2018 n. 21 e in vigore dal 6 aprile 2018), che ha esteso le pene previste dall’articolo 570 – reclusione fino a 12 mesi o la multa da 103 a 1.032 euro – al coniuge che si sottrae all’obbligo di corresponsione di ogni tipologia di assegno dovuto in caso di scioglimento, di cessazione degli effetti civili o di nullità del matrimonio ovvero viola gli obblighi di natura economica in materia di separazione dei coniugi e di affidamento condiviso dei figli. Quest’ultimo periodo implica che il genitore obbligato sia responsabile anche in caso di omesso rimborso delle spese straordinarie. Quindi, diversamente dall’art. 570, comma 2, c.p. , che tutela solo il coniuge non separato ed i figli (anche nati al di fuori del matrimonio), l’art. 570 bis c.p. sanziona anche l’omesso versamento dell’assegno di mantenimento nei confronti del coniuge separato, oltre che dei figli, per giurisprudenza prevalente in materia, anche nati da genitori non sposati, ma non tra i semplici conviventi more uxorio . Prescinde, inoltre, dall’accertamento dello stato di bisogno ed il reato si configura, semplicemente, con l’omesso versamento, anche solo parzialmente, dell’assegno stabilito dal Giudice, senza alcun accertamento in ordine allo stato di bisogno, richiesto, invece, dall’art. 570, comma 2, c.p.. Entrambe le norme sono poste a tutela delle esigenze economiche ed assistenziali dei familiari, in caso di inadempimento del soggetto giuridicamente obbligato. Tuttavia, mentre l’art. 570, comma 2 c.p. tutela il più ampio diritto a ricevere, in caso di bisogno, i necessari mezzi di sussistenza dai propri familiari, pertanto, il reato si configura anche in mancanza di un provvedimento giudiziale di separazione, poichè l’obbligo di contribuire al mantenimento dei figli grava sui genitori anche in caso di separazione di fatto. L’art. 570 bis c.p. , invece, sanziona l’inadempimento dell’obbligo di natura economica stablito dal provvedimento giudiziale, in caso di separazione, divorzio o regolamentazione dell’affido e mantenimento dei figli nati al di fuori del matrimonio, da cui non si può prescindere e senza il quale la norma non consente alcuna tutela. In entrambi i casi, l’obbligato è, comunque, esente da ogni responsabilità, qualora non possa adempiere per comprovate difficoltà economiche per ragioni al medesimo non imputabili. Le norme appena esaminate sanzionano penalmente la violazione degli obblighi di natura economica, a carico dei coniugi o dei genitori, come il mancato versamento dell’assegno di mantenimento, ma non riguardano i rapporti personali del provvedimento emesso in sede di separazione, tutelati, invece, dall’art. 388, comma 2, c.p ., che sanziona quei comportamenti contrari agli interessi relativi alla educazione, alla cura ed alla custodia del minore, punendo, con la reclusione fino a tre anni o la multa da euro 103 a euro 1.032, chi elude l'esecuzione di un provvedimento del giudice civile che concerna l'affidamento di minori o di altre persone incapaci. Tra i comportamenti più ricorrenti che integrano il presente reato, ricordiamo quello consistente nel rifiuto alla consegna del figlio da parte del genitore affidatario, impedendo all’altro di vederlo e tenerlo con sé o, semplicemente, non favorendo i suoi rapporti con il minore e l’esercizio del suo diritto di visita, secondo le modalità stabilite dal giudice, salvo motivi particolarmente gravi. In conclusione : in caso di violazione delle condizioni di separazione o divorzio e affidamento dei minori, stabilite con provvedimento giudiziale, sarà possibile, procedere contro il coniuge, ex coniuge o, comunque, contro l’altro genitore inadempiente, secondo le circostanze, mediante: 1. pignoramento immediato dei suoi beni e, in particolare, dello stipendio, per il recupero degli arretrati dell’assegno di mantenimento (per recente giurisprudenza, anche di quelle spese straordinarie routinarie, certe e prevedibili, destinate ai bisogni ordinari del figlio); 2. iscrizione di ipoteca giudiziale e richiesta di versamento diretto dell’assegno di mantenimento da parte del suo datore di lavoro, ex art. 156, comma 5 e 6, c.c. e art. 8, comma 2, l. n. 898/1970 ; 3. ricorso per decreto ingiuntivo, per il recupero delle spese straordinarie stricto sensu , imprevedibili, imponderabili ed economicamente rilevanti; 4. ricorso ex art. 709 ter c.p.c., per la modifica dei provvedimenti in vigore, la condanna alle previste sanzioni e risarcimento danni, in caso di violazione delle condizioni sia economiche che personali; 5. querela per violazione degli obblighi di assistenza familiare, ex art. 570, comma 2, e 570 bis c.p. o delle modalità di affidamento di minori stabilite dal giudice, ex art. 388, comma 2, c.p.. In mancanza di un provvedimento giudiziale, sarà, comunque, possibile chiedere, mediante ricorso per decreto ingiuntivo, il rimborso degli arretrati dell’assegno di mantenimento concordato, per se o per i minori, nonché sporgere querela per violazione degli obblighi di assistenza familiare, ex art. 570, comma 2, qualora si facciano mancare i necessari mezzi di sussistenza. San Salvo, 24 novembre 2022 Avv.Vincenzo de Crescenzo

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Passaggio in giudicato della sentenza di divorzio

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PASSAGGIO IN GIUDICATO DELLA SENTENZA DI DIVORZIO La sentenza di divorzio scioglie ogni vincolo matrimoniale tra le parti ed ha efficacia, agli effetti civili, solo dopo la sua trascrizione nei registri dello stato civile del Comune dove i coniugi si sono sposati, che avviene in seguito al suo passaggio in giudicato. In genere, ogni sentenza passa in giudicato (cioè diventa definitiva) quando non è più possibile impugnarla, o perché sono stati utilizzati tutti i mezzi di impugnazione consentiti o perche sono trascorsi i termini utili per proporre l’impugnazione (trenta o sessanta giorni dalla notifica della sentenza o sei mesi dalla sua pubblicazione). Detto ciò, precisiamo che l’impugnazione di una qualsiasi sentenza è riservata alla parte soccombente (anche parzialmente soccombente), pertanto chi ha vinto la causa, vedendosi accolte tutte le richieste avanzate, non ha alcun interesse e diritto ad impugnare la sentenza. In caso di divorzio giudiziale, dove le parti sono contrapposte e formulano richieste diverse e contrastanti, essendo possibile, per la parte che risulterà soccombente, impugnare la sentenza, questa potrà essere trascritta solo in seguito al suo passaggio in giudicato. Al contrario, in caso di divorzio su ricorso congiunto delle parti, che non sono contrapposte ma concordano su ogni aspetto e condizione del divorzio, secondo l’orientamento prevalente da alcuni anni, la sentenza di accoglimento deve considerarsi già passata in giudicato subito dopo la sua pubblicazione (cioè il deposito nella cancelleria del Tribunale), senza la necessaria decorrenza dei termini, brevi o lunghi, per l’impugnazione, in quanto nessuna delle due parti può avere interesse e diritto all’impugnazione di una sentenza che ha soddisatto integralmente le richieste di entrambe. Ai fini della trascrizione di una sentenza su ricorso congiunto di divorzio dovrebbe, quindi, essere sufficiente la sua pubblicazione, senza dover attendere che sia passata in giudicato, non essendo possibile impugnarla. Per l’orientamento contrario, che ritiene il passaggio in giudicato della sentenza di divorzio sempre necessario prima della sua trascrizione nei registri dello stato civile, nelle more, la sopravvenuta morte del coniuge, in ogni caso, determina la cessazione della materia del contendere, con riferimento al rapporto di coniugio e a tutti i profili economici connessi, onde l’evento della morte sortisce l’effetto di travolgere ogni pronuncia in precedenza emessa e non ancora passata in giudicato ( Cass.azione Civile, Ordinanza n. 31358/2019 ) Il divorzio sarebbe, quindi, inefficace ed il coniuge superstite risulterebbe ancora separato coservando, così, i diritti successori sul patrimonio dell’altro coniuge scomparso, quale erede legittimario. San Salvo, 01/07/2021. Avv.Vincenzo de Crescenzo

Pubblicazione legale

Spese straordinarie per i figli - prescuola, doposcula e baby sitter

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SPESE STRAORDINARIE PER I FIGLI Prescuola, doposcula e baby sitter Uno degli argomenti pià dibattuti tra gli ex coniugi è, senz’altro, quello delle spese per i figli e in particolare di quelle straordinarie. Queste sono così denominate perché non prevedibili (o perché di importo eccessivo rispetto al reddito) e non rientrano tra quelle comprese nell’assegno mensile per alimenti, definite ordinarie, che sono quelle più ricorrenti, necessarie, in genere, per le sigenze principali e quotidiane dei figli (vitto, abbigliamento, cotributo per spese dell’abitazione, medicinali da banco ec. ecc.). Le innumerevoli controversie e contraddizioni che si sono avute a riguardo nel corso degli anni, in mancanza di una normativa che indicasse esattamente la dovuta ripartizione delle spese, ha indotto, negli ultimi anni, i vari Tribunali ad adottare, protocolli d’intesa con gli Ordini degli avvocati, dove vengono riportate, distintamente, in un elenco, piuttosto completo, le spese per i figli considerate ordinarie, quindi comprese nell’assegno mensile di mantenimento, e quelle considerate straordinarie, che devono, invece, essere rimborsate pro quota, di volta in volta, al genitore che le ha sostenute. I protocolli spese adottati dai Tribunali, pur prevenendo parte del contenzioso in materia, non sono sempre esattamente uguali tra loro, ma, in alcuni casi, presentano alcune differenze che possono ancora creare un po’ di confusione e, soprattutto, un’ingiusta differenza di trattamento in giudizio, in base al Giudice territorialmente competente, di casi tra loro simili. Tuttavia, il protocollo spese stilato dal CNF (Consiglio nazionale forense) è tra quelli più diffusi nei Tribunali e garantisce, quindi, la giusta identità di trattamento dei vari casi su gran parte del territorio nazionale. Le spese straordinarie indicate dal suddetto protocollo sono suddivise tra quelle obbligatorie, per cui non è richiesto il preventivo accordo dell’altro genitore (tenuto a rimborsarle pro quota), e quelle, invece, subordinate a tale accordo (benchè la giurisprudenza in materia, per lo più, ritenga legittime anche le spese eseguite senza consenso, laddove risultino, comunque, utili e necessarie per i figli). Tra le prime ricordiamo i libri scolastici, le spese sanitarie urgenti, l’acquisto di farmaci con presrizione medica e gli interventi chirurgici indifferibili. Le seconde, subordinate al consenso di entrambi i genitori, sono, a loro volta, suddivise in spese scolastiche , di natura ludica o parascolastica, sportive, medico sanitarie e per l’organizzazione di ricevimenti e festeggiamenti dedicati ai figli. Tra quelle scolastiche, in particolare, vogliamo ricordare le spese per il prescuola, doposcuola ed il servizio di baby sitting. Queste spese rientrano, secondo i casi, tra quelle ordinarie, comprese nell’assegno di mantenimento, o quelle straordinarie, extra assegno. Le spese per il prescuola ed il doposcuola sono comprese nell’assegno di mantenimento, in quanto ordinarie, allorchè siano già presenti nell’organizzazione familiare prima della separazione o conseguenti al nuovo assetto determinato dalla cessazione della convivenza, ma, in quest’ultimo caso, a condizione che si tratti di spesa sostenibile. Le spese per la baby sitter rientrano anch’esse tra le ordinarie quando erano già esistenti nell’organizzazione familiare prima della separazione. Sono considerate, invece, straordinarie laddove l’esigenza nasca con la separazione e debba coprire l’orario di lavoro del genitore che utilizza il servizio. Si evince, pertanto, come, in entrambi i casi, l’elemento discriminante, per cui ricomprendere le suddette spese tra quelle ordinarie o straordinarie, sia la circostanza che facessero già parte delle spese affrontate (anche occasionalmente, come può essere quella della baby sitter) durante la convivenza dei due genitori, ovvero, che non siano divenute necessarie a causa della separazione e del mancato contributo dell’altro genitore che, durante la convivenza, invece, avrebbe potuto evitare la spesa, occupandosi prsonalmente dei figli. Occorre, in pratica, fare un salto indietro nel tempo al periodo della convivenza dei genitori e chidersi se anche allora, nella stessa circostanza di oggi, sarebbe stato necessario ricorrere alla baby sitter o al prescuola o doposcuola per l’impossibilità dei genitori (per motivi, per lo più, di lavoro o salute) di occuparsi personalmente dei figli. In caso di risposta positiva, le relative spese saranno da considerarsi ordinarie (comprese nell’assegno di mantenimento), in quanto non potrebbero dirsi causate dalla separazione, essendo già necessarie durante la convivenza. In caso contrario, le spese dovranno, invece, considerarsi straordinarie (da rimborsarsi, pro quota, di volta in volta al coniuge che le ha eseguite), in quanto causate dalla separazione, considerato che in caso di convivenza non sarebbero state necessarie. Volendo fare un esempio pratico, se entrambi i genitori lavorano durante le medesime ore della giornata, è evidente che, sia prima che dopo la separazione, durante il loro normale orario di lavoro, possano avere la necessità, in mancanza di valide alternative, di affidare i figli ad un servizio di prescuola, doposcuola o alla baby sitter, non potendo tenerli con sé, perché entrambi impegnati. In tal caso, le spese non possono, certo, ritenersi straordinarie, ovvero causate dalla separazione, per la mancanza del sostegno da parte dell’altro genitore, che non avrebbe potuto dare comunque, neanche durante la convivenza. Essendo, quindi, spese già presenti e necessarie durante e nonostante la convivenza, sono da considearsi ordinarie e comprese, pertanto, nell’assegno di mantenimento. Se, invece, le stesse spese, si rendessero necessarie perché, ad esempio, uno dei genitori ha seri problemi di salute o deve rimanere a lavoro oltre l’orario normale, mentre l’altro, benchè libero da impegni lavorativi o altri impedimenti oggettivi (perché in ferie o ha già terminato il suo orario di lavoro), non vuole occuparsi personalmente dei figli (o non può comunque, perché, ad esempio, risiede in una città troppo distante), nè può indicare un’alternativa valida (come quella dei nonni o altri parenti disponibili), tali spese devono considerarsi straordinarie, in quanto causate dalla separazione. Infatti, se i genitori fossero ancora conviventi, quello libero tra i due, avrebbe potuto e dovuto occuparsi personalmente dei figli, essendo presente in casa. In tal caso, le spese non sono comprese nell’assegno di mantenimento, ma (debitamente documentate) devono essere rimborsate, pro quota, all’altro genitore che le ha sostenute. Gli altri due criteri di distinzione, ovvero, che si tratti di spesa sostenibile, nel primo caso, e che debba coprire l’orario di lavoro del genitore che lo utilizza, nel secondo, sono, certamente, secondari, Riguardo le spese per il prescuola ed il doposcuola, si vuole evitare che il genitore collocatario (convivente coni figli) debba accollarsi spese eccessive rispetto alle proprie possibilità economiche, certamente ridotte a seguito della separazione. Pertanto, in tal caso, tali spese sarebbero ritenute, comunque, straordinarie (per l’importo eccessivo, che impedisce di ricomprenderle nella somma dell’assegno di mantenimento). Riguardo le spese per la baby siter (che, a parere dello scrivente, sarebbero anch’esse da considerare, in ogni caso, straordinarie, laddove risultasero particolarmente alte), si vuole evitare il ricorso eccessivo a figure esterne ed estranee, nonchè ad una spesa ingiustificata, limitandola ai soli casi ritenuti limite, ovvero quando il genitore per motivi di lavoro (come di salute) non può stare con i figli ed occuparsene personalmente. In ogni altro caso, il genitore, che sia o meno il collocatario, dovrà occuparsi personalmente dei figli o ricorrere a proprie spese alla baby siter. Naturalmente, quando le spese in oggetto sono da ritenersi ordinarie, l’assegno menisile di mantenimento dovrà essere, comunque, adeguato per comprendere anch’esse nell’importo dovuto. San Salvo, 22 ottobre 2020 Avv.Vincenzo de Crescenzo

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