Pubblicazione legale:
Capita frequentemente che un ex socio di una persona giuridica, riceva un accertamento
fiscale da parte dell’Agenzia delle Entrate dopo la chiusura della società.
Tale questione è stata più volte affrontata dai Giudici sia di
legittimità che di merito.
Tuttavia, per dare riposta a tale quesito occorre, in via preliminare,
comprendere cosa succede in ipotesi di cancellazione di una società dal
registro delle imprese.
La cancellazione dal registro delle imprese determina l’estinzione
della società ma non comporta la scomparsa dei debiti che quest’ultima
aveva nei confronti dei terzi.
Di tali passività, nelle società di persone (dove la
responsabilità dei soci è illimitata), ne rispondono i soci per l’intero debito.
Invece, nelle società di capitali (dove la
responsabilità dei soci è limitata), entro massimo quanto riscosso con l’ultimo
bilancio di liquidazione.
In riferimento alla società di capitali, a norma dell’articolo 2495 cod. civ., i creditori possono agire nei
confronti dei soci dell’estinta società di capitali sino alla concorrenza di
quanto questi ultimi hanno riscosso in base al bilancio finale di liquidazione,
così come nei riguardi del liquidatore se il mancato pagamento
è dipeso da sua colpa.
La domanda, se proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere
notificata presso l’ultima sede della società.
La regola appena enunciata vale anche nei confronti del fisco:
l’estinzione della società non fa venir meno la responsabilità dei soci, sia di
quelli delle società di persone (illimitatamente), sia di quelli delle società
di capitali (nei limiti di quanto riscosso con il bilancio di liquidazione).
La Suprema
Corte, con sentenza n. 31904/2021 ha chiarito che, con riferimento alle società
di capitali, il fisco può sia notificare atti impositivi, sia procedere
all’iscrizione a ruolo dei tributi non versati sia a nome della società
estinta, sia a nome dei soci “pro quota”, in relazione alle relative
quote di partecipazione.
Può anche
azionare il credito tributario nei confronti dei soci stessi, non occorrendo
procedere all’emissione di autonomo avviso di accertamento.
Ne discende che
gli accertamenti nei confronti di società estinte sono da considerarsi validi se
notificati semplicemente ai soci.
A norma
dell’articolo 28, comma 4 del decreto legislativo 175/14, per l’amministrazione
finanziaria è prevista la reviviscenza delle società per cinque anni
successivi alla richiesta di cancellazione dal registro delle imprese.
Detta normativa
dispone che “ai soli fini della liquidazione, accertamento, contenzioso e
riscossione dei tributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società di
cui all’articolo 2495 cod. civ. ha effetto trascorsi cinque anni dalla
richiesta di cancellazione dal registro delle imprese.”
L’unico modo
per i soci di una società di capitali per difendersi da un accertamento
notificato loro dopo la cancellazione della società dal registro delle imprese
è dimostrare l’inesistenza originaria o sopravvenuta del titolo formatosi nei
confronti della società, oppure contestare il fondamento della propria
responsabilità, dimostrando di non aver conseguito utili dalla
liquidazione.
Secondo la Cassazione
è legittima la notifica dell’avviso di
accertamento al socio in caso di
sopravvenuto fallimento della società estinta ma solo entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese. “Il sopravvenuto fallimento della società estinta entro un anno
dalla cancellazione dal registro delle imprese non comporta il venire meno
della soggettività passiva del socio di detta società e, quindi, della sua
legittimazione processuale. È pertanto legittimo l’avviso di accertamento
notificato ai soci, ancorché siano congiuntamente occorse l’estinzione della
società e la dichiarazione di fallimento entro il termine dell’anno decorrente
dalla cancellazione della stessa dal registro delle imprese.”
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