Avvocato Vincenzo Zecchino a Roma

Vincenzo Zecchino

Avvocato amministrativista e tributarista

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L’ordinanza di demolizione di abusi edilizi

Scritto da: Vincenzo Zecchino - Pubblicato su IUSTLAB

Pubblicazione legale:

L’ordinanza di demolizione può essere definita come quel provvedimento amministrativo con cui normalmente) viene notificato un ordine da parte del Comune ove l’edificio interessato è collocato, con cui si ordina di demolire un immobile privo di autorizzazioni, e quindi, realizzato in maniera abusiva oppure in maniera difforme alla normativa edilizia.

Ovviamente, trattandosi di atto amministrativo, deve contenere dei requisiti essenziali e, inoltre, presenta una serie di particolarità su cui la giurisprudenza si è spesso pronunciata.

In primis, la giurisprudenza ha più volte ribadito che, trattandosi di atto per sua natura vincolato, non vi è alcuna necessità di comunicare il cd avvio del procedimento al soggetto destinatario dell’ordine di abbattimento.

Tale solco giurisprudenziale, oramai consolidato, è stato ribadito e fatto proprio anche dal TAR Campania, Salerno, sez. I, sent. 27 giugno 2022, n. 1864, secondo cui l’ordine “viene emesso quale sanzione per l’accertamento dell’inosservanza di disposizioni urbanistiche secondo un procedimento di natura vincolata precisamente tipizzato dal legislatore e rigidamente disciplinato dalla legge; pertanto, trattandosi di un atto volto a reprimere un abuso edilizio, esso sorge in virtù di un presupposto di fatto, ossia, l’abuso, di cui l’interessato deve essere ragionevolmente a conoscenza, rientrando nella propria sfera di controllo (Cons. Stato, n. 6424/2020)”.

Pertanto, l’ordinanza di demolizione non richiede la previa instaurazione del contraddittorio con i suoi destinatari in quanto deriva da un presupposto di fatto (l’abuso edilizio) di cui gli stessi devono essere ragionevolmente a conoscenza.

Motivazione dell’ordinanza di demolizione

L’ordinanza di demolizione è un atto condizionato e, pertanto non deve per forza motivare le ragioni di interesse pubblico, e neppure deve contenere una comparazione degli interessi privati coinvolti, nè una motivazione che dia conto della sussistenza di un interesse concreto ed attuale alla demolizione. Sul punto, il TAR Campania, Salerno, sez. II, nella sent. 24 giugno 2022, n. 1805, ha ricordato che l’ordinanza di demolizione “è da ritenersi sorretta da adeguata e autosufficiente motivazione, allorquando sia rinvenibile la compiuta descrizione (morfologica, costruttiva, dimensionale, oltre che ubicativa, mediante puntuale indicazione degli estremi di localizzazione geografica) delle opere abusive, nonché l’individuazione delle violazioni accertate (realizzazione di un nuovi organismi edilizi in assenza di permesso di costruire) e della normativa applicata (art. 31 del d.p.r. n. 380/2001)” e “rimane affrancata dalla ponderazione discrezionale del confliggente interesse al mantenimento in loco della res, dove l’interesse pubblico risiede in re ipsa nella riparazione (tramite ripristino dello stato dei luoghi) dell’illecito edilizio e, stante il carattere permanente di quest’ultimo, non viene meno per il mero decorso del tempo, insuscettibile di ingenerare affidamenti nel soggetto trasgressore”.

Prescrizione dell’abuso edilizio

Nella presente ipotesi di illecito amministrativo esso ha carattere permanente e, come tale, non è soggetto a termini di prescrizione. Per tale motivo, l’ordinanza di demolizione di abuso edilizio può essere emessa anche a distanza di molti anni da quando è stato posto in essere la realizzazione dell’opera abusiva.

Dagli abusi edilizi non può derivare alcun legittimo affidamento per effetto del decorso del tempo o per effetto della mancata vigilanza da parte dell’amministrazione.

Quando viene emessa Ordinanza di demolizione

Tale provvedimento viene posto in essere quando ci si riferisce ad abusi edilizi gravi. Le ipotesi tipiche sono le seguenti:

·        interventi di ristrutturazione edilizia in assenza di permesso di costruire o in totale difformità;

·        opere eseguite in difformità dalle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti urbanistici.

·        lavori eseguiti in assenza di permesso di costruire, in totale difformità da esso o con variazioni essenziali;

·        interventi abusivi realizzati su suoli di proprietà dello Stato, demaniale o di enti pubblici;

·        lottizzazione abusiva;

·        interventi eseguiti in parziale difformità dal permesso di costruire;

·        opere eseguite senza titolo su aree assoggettate da leggi statali, regionali o da altre norme urbanistiche vigenti o adottate, a vincolo di inedificabilità, o destinate ad opere e spazi pubblici ovvero ad interventi di edilizia residenziale pubblica;

Notifica dell’Ordinanza di demolizione e memorie ex 10 L. 241/1990

L'ordinanza di demolizione dev'essere notificata al responsabile dell'abuso edilizio nonché ai proprietari dell'immobile. Se manca la notifica dell'ordine di demolizione a uno dei comproprietari, è illegittimo il provvedimento di acquisizione dell'area al patrimonio comunale.

L’amministrazione, in questo caso, non può prendere atto della inottemperanza all’ordine di demolizione.

Per effetto di tale vizio, tra l’altro, l’amministrazione non può trascrivere il provvedimento di acquisizione nei confronti del comproprietario a cui, l’ordine di demolizione non è stato notificato (T.A.R. Napoli 5 luglio 2021, n. 4616).

Prima della notifica dell’ordinanza di demolizione, normalmente essa è preceduta da una comunicazione di avvio del procedimento.

Tuttavia, ciò non sempre accade e non è obbligatoria per l’amministrazione in quanto l’ordinanza di demolizione è un atto per sua natura vincolato e, pertanto, non è richiesto l’apporto dell’interessato (TAR Napoli Sent. 8146 del 21 dicembre 2021).

Nel caso di comunicazione di avvio del procedimento il destinatario del provvedimento ha un termine di 10 giorni per poter proporre memorie che, a nostro avviso, e sempre opportuno proporre con l’ausilio di un Avvocato specializzato nell’ambito del diritto amministrativo.

Irregolarità dei dati catastali e identificativi dell’immobile nell’ordinanza di demolizione

I riferimenti catastali costituiscono elemento essenziale del provvedimento successivo all’ordinanza di demolizione, di acquisizione al patrimonio del Comune una volta che, l’Amministrazione, ha preso atto che l’interessato non abbia eseguito la demolizione degli abusi.

Mentre, se a mancare sono i riferimenti catastali dell’immobile ritenuto abusivo nell’ordinanza di demolizione, tale irregolarità non rileva ai fini della validità del provvedimento amministrativo.

Tuttavia, l’ordinanza di demolizione deve contenere una chiara e precisa descrizione delle opere, manufatti o lavori che l’amministrazione ritiene realizzati in violazione di norme o prescrizioni urbanistiche.

Istanza di sanatoria dell’abuso edilizio

Occorre premettere che l’istanza di sanatoria di eventuali abusi edilizi sospende l’efficacia dell’ordinanza di demolizione. Tuttavia, tale richiesta non rende di per sé inefficace l’ordinanza di demolizione in quanto, se l’istanza di sanatoria viene rigettata l’ordinanza di demolizione riacquista efficacia senza che l’amministrazione torni a notificare un nuovo ordine di demolizione (T.A.R. Lecce 27 agosto 2021, n. 1305; T.A.R. Napoli 2 agosto 2021 n. 5388).

Avv. Vincenzo Zecchino


Avv. Vincenzo Zecchino - Avvocato amministrativista e tributarista

Iscritto all'Ordine degli Avvocati di Roma, l'Avv. Vincenzo Zecchino fornisce assistenza e consulenza legale nell'ambito del diritto amministrativo, civile e tributario. Ha svolto la propria attività legale presso primari studi legali italiani e, dal 2022, svolge la propria attività presso il suo studio ACT Law Firm. L'Avv. Zecchino, laureato presso l'Università "La Sapienza" di Roma, ha conseguito un master in "Giurista di Impresa" presso Business School Meliusform e, nel 2022, ha conseguito l'abilitazione come mediatore presso l'istituto certificato Concilium A.D.R.. Dal 2023 svolge anche l'attività di DPO.




Vincenzo Zecchino

Esperienza


Diritto civile

Lo studio ACT Law Firm di cui sono titolare ha consolidata esperienza nell'ambito del diritto civile in particolare in materia contrattuale e risarcimento del danno. Inoltre, anche l'esperienza professionale personale mi ha visto impegnato in plurimi cause in materia civile dinanzi ai tribunali e corti di appello italiane.


Diritto amministrativo

Precedenti esperienze presso primari studi italiani nell'ambito del diritto amministrativo mi hanno consentito di acquisire una solida preparazione ed una comprovata esperienza nell'ambito delle seguenti materie: Pubblico impiego; Appalti e contratti pubblici; Diritto di cittadinanza; silenzio della P.A. e procedure ex art. 117 cpa; accesso ex art. 22 e ss. l. 241/90 e accessi civici; concessioni demaniali


Ricorso al TAR

Esperienza pluriennale dinanzi alle giurisdizioni amministrative. L'Avv. Zecchino, prima di fondare il proprio studio ACT Law Firm con sede in Roma, ha collaborato con primari studi legali che si occupavano principalmente di diritto amministrativo. Inoltre, ha trattato in via esclusiva numerosi contenziosi aventi ad oggetto la contestazione di procedure amministrative e l'impugnazione di provvedimenti emanati dalla P.A. fornendo la propria assistenza a privati ed aziende. Da ultimo, ha assistito una nota azienda di produzione energetica da fonte rinnovabili con richiesta al TAR Milano di rimessione alla Corte Costituzionale.


Altre categorie:

Appalti pubblici, Diritto commerciale e societario, Contratti, Diritto tributario, Immigrazione e cittadinanza, Edilizia ed urbanistica, Locazioni, Sfratto, Incidenti stradali, Multe e contravvenzioni, Gratuito patrocinio, Domiciliazioni, Risarcimento danni.


Referenze

Pubblicazione legale

Accertamento fiscale dopo chiusura società: se la società risulta estinta, i soci sono responsabili pro futuro?

Pubblicato su IUSTLAB

Capita frequentemente che un ex socio di una persona giuridica, riceva un accertamento fiscale da parte dell’Agenzia delle Entrate dopo la chiusura della società. Tale questione è stata più volte affrontata dai Giudici sia di legittimità che di merito. Tuttavia, per dare riposta a tale quesito occorre, in via preliminare, comprendere cosa succede in ipotesi di cancellazione di una società dal registro delle imprese. La cancellazione dal registro delle imprese determina l’ estinzione della società ma non comporta la scomparsa dei debiti che quest’ultima aveva nei confronti dei terzi. Di tali passività, nelle società di persone (dove la responsabilità dei soci è illimitata), ne rispondono i soci per l’intero debito. Invece, nelle società di capitali (dove la responsabilità dei soci è limitata), entro massimo quanto riscosso con l’ultimo bilancio di liquidazione. In riferimento alla società di capitali, a norma dell’ articolo 2495 cod. civ ., i creditori possono agire nei confronti dei soci dell’estinta società di capitali sino alla concorrenza di quanto questi ultimi hanno riscosso in base al bilancio finale di liquidazione, così come nei riguardi del liquidatore se il mancato pagamento è dipeso da sua colpa. La domanda, se proposta entro un anno dalla cancellazione, può essere notificata presso l’ultima sede della società. Accertamento fiscale nei confronti della società estinta La regola appena enunciata vale anche nei confronti del fisco: l’estinzione della società non fa venir meno la responsabilità dei soci, sia di quelli delle società di persone (illimitatamente), sia di quelli delle società di capitali (nei limiti di quanto riscosso con il bilancio di liquidazione). La Suprema Corte, con sentenza n. 31904/2021 ha chiarito che, con riferimento alle società di capitali, il fisco può sia notificare atti impositivi, sia procedere all’iscrizione a ruolo dei tributi non versati sia a nome della società estinta, sia a nome dei soci “pro quota” , in relazione alle relative quote di partecipazione. Può anche azionare il credito tributario nei confronti dei soci stessi, non occorrendo procedere all’emissione di autonomo avviso di accertamento. Ne discende che gli accertamenti nei confronti di società estinte sono da considerarsi validi se notificati semplicemente ai soci. A norma dell’articolo 28, comma 4 del decreto legislativo 175/14, per l’amministrazione finanziaria è prevista la reviviscenza delle società per cinque anni successivi alla richiesta di cancellazione dal registro delle imprese . Detta normativa dispone che “ai soli fini della liquidazione, accertamento, contenzioso e riscossione dei tributi, sanzioni e interessi, l’estinzione della società di cui all’articolo 2495 cod. civ. ha effetto trascorsi cinque anni dalla richiesta di cancellazione dal registro delle imprese.” L’unico modo per i soci di una società di capitali per difendersi da un accertamento notificato loro dopo la cancellazione della società dal registro delle imprese è dimostrare l’inesistenza originaria o sopravvenuta del titolo formatosi nei confronti della società, oppure contestare il fondamento della propria responsabilità, dimostrando di non aver conseguito utili dalla liquidazione. Avviso di accertamento dopo il fallimento della società Secondo la Cassazione è legittima la notifica dell’avviso di accertamento al socio in caso di sopravvenuto fallimento della società estinta ma solo entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese . “Il sopravvenuto fallimento della società estinta entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese non comporta il venire meno della soggettività passiva del socio di detta società e, quindi, della sua legittimazione processuale. È pertanto legittimo l’avviso di accertamento notificato ai soci, ancorché siano congiuntamente occorse l’estinzione della società e la dichiarazione di fallimento entro il termine dell’anno decorrente dalla cancellazione della stessa dal registro delle imprese.”

Pubblicazione legale

Recupero del TFR per lavoratori dipendenti: il Fondo di Garanzia INPS

Pubblicato su IUSTLAB

Se il datore di lavoro non paga il TFR cosa può fare il lavoratore per ottenerlo? Ai lavoratori subordinati è garantita una specifica tutela in caso di insolvenza del datore di lavoro. La Legge del 29 maggio 1982, n. 297 ha previsto che presso l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale vi sia un apposito “Fondo di Garanzia” con lo scopo di sostituire il datore di lavoro, in caso di insolvenza di quest’ultimo, nel pagamento del trattamento di fine rapporto dovuto ai lavoratori dipendenti. Il D.L. n. 80 del 27 gennaio 1992, successivamente, ha esteso la garanzia anche alle ultime tre mensilità dovute dal datore di lavoro che fosse assoggettato alle procedure di fallimento, concordato preventivo, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria. Chi può chiedere il pagamento al Fondo? Possono chiedere l’intervento del Fondo di Garanzia tutti i lavoratori dipendenti tenuti al versamento dei contributi all’INPS ivi compresi gli apprendisti e i dirigenti e ai soci delle cooperative del lavoro. Pertanto, sono esclusi soltanto quei lavoratori che hanno una c.d. gestione separata. In caso di decesso del lavoratore il diritto di accesso al Fondo di Garanzia potrà essere richiesto dagli eredi I Presupposti per l’intervento del Fondo di Garanzia Il lavoratore che non ha percepito il TFR dal datore di lavoro, prima di richiedere tali somme al Fondo di garanzia dell’INPS, deve fornire prova di aver fatto tutto il possibile per poter ottenere quanto di sua spettanza dal diretto interessato. Nel caso in cui un imprenditore commerciale sia “fallibile” il pagamento da parte dell’INPS potrà intervenire quando vi sono tre requisiti: a) l’avvenuta cessazione del rapporto di lavoro; b) l’inadempimento del datore di lavoro per l’intero credito inerente al trattamento di fine rapporto o per una sua parte; c) l’insolvenza del medesimo datore di lavoro. In caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato la garanzia del Fondo di Garanzia opera a prescindere dalla causa che abbia determinato la cessazione del rapporto (dimissioni, licenziamento o scadenza del termine in caso di contratto a tempo determinato). Il credito deve essere accertato tramite una pronuncia giudiziale o, in caso di apertura di una procedura concorsuale tramite l’ammissione del predetto credito allo stato passivo con conseguente dichiarazione del Curatore Fallimentare, del Commissario Giudiziale o del Commissario Straordinario che questo non è più impugnabile e/o che sia stata incardinata opposizione allo stato passivo. Nel caso in cui l’imprenditore non sia assoggettabile alla procedura concorsuale è possibile che l’intervento del Fondo di Garanzia a patto che il lavoratore interessato dimostri attraverso l’esperimento di una azione esecutiva che abbia cercato di aggredire senza successo il patrimonio dell’Impresa. Per l’intervento del Fondo di Garanzia sarà necessario il pignoramento negativo che potrà essere equiparato a quello mancato quando l’Ufficiale Giudiziario abbia accertato l’irreperibilità del datore di lavoro e l’assenza del debitore.

Titolo professionale

Certificazione abilitazione Mediatore Civile e Commerciale

ADR Concilium - 5/2022

Corso di formazione della durata di 18 ore svolto in conformità all'art. 18 lett. G) del D.L. 18 ottobre 2010 n. 180 autorizzato dal Ministero della Giustizia e valevole per l'inizio attività per gli avvocati Mediatori di diritto.

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