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Il fine vita tra medicina e diritto. La pianificazione condivisa dele cure

Scritto da: Walter Massara - Pubblicato su IUSTLAB




Pubblicazione legale:

La recente approvazione della legge 22 dicembre 2017, n. 219 “Norme in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento”, riforma che introduce nel nostro diritto positivo il consenso informato e le disposizioni anticipate di trattamento (testamento biologico), pone alcuni interrogativi in merito alla natura dell’istituto della pianificazione condivisa delle cure e dei suoi riflessi civilistici sulla responsabilità del professionista sanitario.
Ebbene, ai sensi dell’articolo 5, primo comma, della novella legislativa viene introdotta nel nostro ordinamento la cd. “pianificazione condivisa delle cure”. Trattasi di una nuova proposta terapeutica che viene concordata tra medico e paziente qualora quest’ultimo versi in condizioni cliniche caratterizzate dall’ “… evolversi di una patologia cronica invalidante o caratterizzata da inarrestabile evoluzione con prognosi infausta”. Questo atto supera la precedente disposizione anticipata di trattamento – per ovvie questioni di specialità e temporalità – e viene predisposta dal medico che ha previamente informato il paziente e, dietro suo esplicito consenso, il suo consesso familiare (coniuge, convivente, parte dell’unione civile, altri familiari). Il paziente può quindi nominare, con lo stesso atto, un fiduciario. Particolare attenzione viene posta alle aspettative di vita residue, ai trattamenti sanitari da porre in essere e alle cure palliative, aggiornati “al progressivo evolversi della malattia” sia su “richiesta” del paziente che su “suggerimento” del medico.
Si pone quindi il problema della natura giuridica dell’istituto in esame che, a giudizio degli scriventi, non può che essere negoziale. L’art. 5, comma 3 configura difatti la pianificazione condivisa delle cure quale esito dell’incontro tra la volontà del medico che formula la proposta terapeutica e del paziente che, debitamente informato, presta il proprio consenso a detta proposta. Medico e paziente pertanto, nel condividere il piano terapeutico, pongono in essere un atto di autonomia negoziale. Tale natura negoziale della pianificazione terapeutica viene quindi corroborata dalla succitata previsione normativa di cui all’art. 5, comma 1, che obbliga il medico e la propria équipe ad attenersi al contenuto della stessa pianificazione terapeutica in caso di sopravvenuta incapacità del paziente. Per l’effetto, il medico che dovesse discostarsi dalla pianificazione condivisa non potrà che rendersi contrattualmente inadempiente proprio degli obblighi che egli stesso ha volontariamente assunto predisponendo il piano terapeutico accettato dal paziente.
A detta conclusione si deve giungere a nostro parere sia nel caso in cui si interpretino dette norme quale creazione di nuova fattispecie negoziale (ovvero di un contratto atipico), sia nel diverso caso in cui si configuri il rapporto obbligatorio in oggetto quale mandato speciale a titolo gratuito, soggetto alle disposizioni di cui agli articoli 1703 e seguenti del c.c., in forza del quale il medico si impegna nei confronti del paziente a compiere per suo conto uno o più atti giuridici in esecuzione del piano di cure, come disposto dall’art. 1703 c.c.
Ci si pone, a questo punto, l’ulteriore problematica relativa alla relazione tra l’art. 5 della legge 219/2017 e la disposizione normativa dell’art. 7 della Legge Gelli - Bianco (L. 24/2017) e, in particolare, alla compatibilità tra i due precetti. Ovvero ci si chiede se la prima norma, disciplinando il rapporto tra paziente e sanitario in merito alla pianificazione condivisa delle cure, possa spostare per la fattispecie ivi contemplata dalla riforma Gelli, la responsabilità del sanitario stesso – pur inquadrato nelle tipologie di cui all’art. 7 commi 1 e 2 della Legge 24/2017 – nel campo della responsabilità contrattuale.
E’ noto difatti che la responsabilità civile del singolo esercente la professione sanitaria “strutturato” viene ora espressamente configurata dall’art. 7 della Legge 24/2017 quale responsabilità di natura aquiliana, distinta dalla responsabilità della struttura sanitaria la quale assume nella nuova legge, altrettanto espressamente, la natura contrattuale.� E’ però altrettanto vero, sotto altro profilo, che la responsabilità contrattuale viene normalmente configurata, ogni qualvolta il danno subito consegua all’inadempimento di un obbligo nascente da un rapporto giuridico già esistente tra danneggiato e danneggiante ovvero dalla preesistenza di un programma specifico di comportamento.
Non si può escludere, inoltre, che l’inciso “salvo che abbia agito nell'adempimento di obbligazione contrattuale assunta con il paziente” di cui all’art. 7, comma 3 della Legge 24/2017, seppur evidentemente riferito nelle intenzioni del legislatore allo svolgimento dell’attività libero professionale, possa essere interpretato, nella sua formulazione generica, anche agli esercenti la professione sanitaria che, pur agendo quali dipendenti o collaboratori di una struttura sanitaria, abbiano assunto un obbligo di natura negoziale – come nell’ipotesi della pianificazione condivisa delle cure - con il paziente.
È utile rilevare, infine, che l’eventuale conflitto tra le due norme dovrà essere risolto anche a fronte dei principi di temporalità e specialità, poichè l’articolo 5 della legge 219/2017, entrato il vigore il 30 gennaio 2018, è successivo e regolante una fattispecie speciale rispetto al principio generale sancito dall’art. 7 della Legge Gelli/Bianco.
Alla luce di quanto innanzi esposto non si può pertanto escludere che l’esercente la professione sanitaria che si sia reso inadempiente rispetto alla pianificazione delle cure condivisa con il paziente possa essere chiamato a rispondere di responsabilità contrattuale nei confronti del paziente stesso pur avendo egli operato quale sanitario “strutturato”.
Avv. Walter Massara
Avv. Ruggiero Gorgoglione
Team WR & Partners, Milano – Italia Avvocati



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Walter Massara

Avvocato - diritto condominiale , malpractice medica