Secondo la Corte la norma introdotta con la riforma prevede una causa di non punibilità del medico qualora il sanitario, pur avendo adottato una condotta imperita (indipendentemente dal grado della colpa), si sia adeguato alle linee guida o alle buone pratiche assistenziali in assenza di linee guida. La responsabilità penale secondo tale orientamento residuerebbe comunque in caso di condotta imprudente o negligente, nel qual caso potrebbe applicarsi ancora la legge Balduzzi per in caso di condotta imprudente o negligente che qualificata da colpa lieve a condizione che comunque il sanitario si sia attenuto a linee guida o buone pratiche e che il fatto si sia consumato sotto la vigenza della norma.
Rilevato il contrasto interpretativo la corretta interpretazione della norma è stata rimessa alle Sezioni Unite Penali della Corte di Cassazione le quali, all’esito dell’udienza del 21.12.2017, hanno formulato il principio di diritto di seguito schematizzato per fornire delle prime considerazioni agli operatori.
Per cui, secondo quanto asserito dalle Sezioni Unite, il professionista è penalmente responsabile per l’evento “morte o lesioni personali” derivanti dall’esercizio della propria attività se:
a) ha agito con condotta imprudente o negligente sia lieve che grave;
b1) ha agito con imperizia sia lieve che grave commettendo un errore esecutivo in assenza di linee guida e buone pratiche clinico-assistenziali;
b2) ha agito con imperizia sia lieve che grave avendo erroneamente individuato e scelto le linee-guida o le buone pratiche inadeguate al caso concreto, fermo restando l’obbligo del medico di disapplicarle quando la specificità del caso renda necessario lo scostamento da esse;
c) ha agito con “colpa grave” da imperizia anche se ha rispettato le linee guida e le buone pratiche, tenuto conto altresì del grado di rischio da gestire e delle specifiche difficoltà tecniche dell’atto medico.
La Corte, pertanto, non ha accolto l’interpretazione letterale secondo la quale sarebbe esclusa la punibilità per qualsivoglia errore esecutivo per imperizia ma nel rispetto delle linee guida e buone pratiche. Ha reintrodotto pertanto in via interpretativa la graduazione della colpa non prevista dal “frettoloso” legislatore.
Insomma, in attesa di poter dar conto delle motivazioni della sentenza, è disponibile l’informazione provvisoria della pronuncia del 21 dicembre scorso sull’ambito di esclusione della punibilità previsto dall’art. 590-sexies, 2° comma, c.p.
Nel descrivere la soluzione adottata, dalla lettura del dispositivo si rovescia la prospettiva con l’indicazione dei casi nelle quali il sanitario possa essere considerato penalmente responsabile, ovverosia quando, nell’interpretazione della condotta professionale, i profili di colpa attengano ad un ambito diverso da quello della perizia, cioè siano qualificabili in termini di negligenza o imprudenza. Ovvero allorchè, pur trattandosi di imperizia:
-vi sia un rimproverabile errore nell’individuazione e nella scelta di linee guida o buone pratiche a cui il sanitario si attenga nonostante siano inadeguate alle specificità del caso concreto;
- sussiste un rimproverabile errore esecutivo della prestazione sanitaria e per il caso concreto non siano disponibili linee guida né buone pratiche clinico - assistenziali;
- vi siano linee guida oppure, in mancanza di esse, buone pratiche clinico - assistenziali adeguate alle specificità del caso concreto a cui il sanitario si attenga ma commetta un rimproverabile errore esecutivo qualificabile in termini di colpa grave.
In sintesi, sembra che le Sezioni Unite siano orientate ad attribuire, ancora oggi, importanza al grado della colpa, riconoscendo l’operatività dell’art. 590-sexies, 2° comma, c.p. nei soli casi di imperizia in cui vi sia un lieve errore esecutivo di linee guida o (in mancanza di esse, di) buone pratiche clinico - assistenziali adeguate alle specificità del caso concreto, tenendo comunque conto “… del grado di rischio da gestire e delle specifiche difficoltà tecniche dell’atto medico”.