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Avvocato Alberto Giupponi a San Pellegrino Terme

Alberto Giupponi

Avvocato Civilista - Avvocato Penalista - Matrimonialista e divorzista

Informazioni generali

Laureto con votazione 110 e lode presso l'Università degli Studi di Bergamo in data 26.10.2006 ed iscritto presso l'Ordine degli Avvocati di Bergamo dal 17.12.2010. Patrocinante in Cassazione e presso le altre giurisdizioni superiori. Lo studio ha tre sedi in: - San Pellegrino Terme (Bg), via Lungo Brembo n. 2 (sede principale); - Bergamo, via Masone n. 28; - Borgo di Terzo (Bg), via Nazionale n. 22. Le materia principalmente trattate sono il diritto civile (compresi sfratti, eredità, dichiarazioni di successione), il diritto penale ed il diritto di famiglia.

Esperienza


Eredità e successioni

Si tratta della materia maggiormente trattata dallo Studio. Generalmente il problema principale di queste cause riguarda l'impugnazione del testamento per la violazione della quota di legittima, ossia il mancato rispetto delle quote di spettanza di ciascun erede. Dette quote variano da caso a caso, a seconda della presenza del coniuge o dal numero di figli.


Matrimonio

La separazione ed il divorzio possono essere consensuali o giudiziali. La separazione consensuale e il divorzio congiunto richiedono che i due coniugi abbiano raggiunto un accordo in tutti i loro rapporti: dall’assegnazione della casa all’assegno di mantenimento, dal coniuge affidatario dei figli agli orari di frequentazione degli stessi, dall’assegnazione del mobilio a quello dei veicoli. In caso di difficoltà a raggiungere l’accordo la separazione o il divorzio saranno giudiziali. Ciò significa che il Giudice, dopo aver ascoltato le diverse esigenze dei coniugi, deciderà la risoluzione di ogni singola divergenza.


Diritto civile

Il diritto civile è una categoria estremamente ampia, la cui trattazione ricomprende materie come le eredità e le successioni, le separazioni ed i divorzi, le locazioni e gli sfratti, il recupero credito ed i pignoramenti, il diritto immobiliare, il diritto condominiale, etc. Lo Studio, nell'arco della sua ventennale esperienza, ha avuto modo di affrontare e risolvere un elevato numero di pratiche e controversie.


Altre categorie

Diritto condominiale, Diritto di famiglia, Divorzio, Separazione, Recupero crediti, Pignoramento, Diritto tributario, Diritto penale, Diritto immobiliare, Locazioni, Sfratto, Mediazione, Negoziazione assistita, Cassazione, Domiciliazioni.



Credenziali

Pubblicazione legale

Cosa accade se ci sono due testamenti?

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Il testamento è l’atto attraverso il quale il testatore dispone delle proprie sostanze per il tempo in cui avrà cessato di vivere. Esistono tre forme di testamento: vi sono quello pubblico e quello segreto, che coinvolgono necessariamente il notaio e comportano dei costi, e quello olografo, il quale può essere scritto di proprio pugno, facendo però attenzione a rispettare i requisiti di legge per non incorrere nella sua invalidità. I requisiti sono solo tre, per il resto per scrivere il testamento potrà essere utilizzato anche un semplice foglio di carta. Il testamento olografo deve essere scritto, interamente, dal testatore: non è valida la sottoscrizione di fogli stampati a computer o a macchina. Lo scritto deve inoltre essere datato e sottoscritto. La data consente di capire se, nel momento in cui il testamento è stato scritto, il testatore fossa capace di intendere e volere. E’ opportuno indicare giorno, mese e anno per non incorrere in contestazioni sulla validità, ma la data può essere ricostruita anche attraverso parole sostitutive che consentano di risalire con certezza al giorno in cui fu scritto, come “Natale 2012” che si riferisce senza incertezza al giorno al 25 dicembre 2012. Quanto alla sottoscrizione è consigliabile firmare in corsivo con nome e cognome, anche se sono ammessi vezzeggiativi o pseudonimi (si pensi a Jovanotti per Lorenzo Cherubini, oppure ai soprannomi con cui venivano chiamati alcuni dei nostri nonni o genitori nel paese), a condizione che individuino con certezza il testatore. L’indicazione del luogo non è richiesta a pena di nullità. E’ importante ricordare che il testamento può sempre essere revocato dal testatore. Nell’ipotesi in cui venga scritto un secondo testamento questo comporta la revoca di quello precedente, anche se non è stato espressamente previsto nello scritto (revoca tacita). La revoca tacita opera solo quando i due testamenti sono incompatibili fra loro, contrariamente si integreranno. Pertanto saranno incompatibili i due testamenti che assegnino quote differenti agli eredi. In questo caso sarà efficace solo il secondo testamento. Al contrario saranno entrambi validi e si integreranno due testamenti qualora nel primo vengano indicate le quote da destinare agli eredi, mentre nel secondo venga indicato uno specifico bene che si vuole lasciare ad uno dei figli (purché nel rispetto delle quote di legittima). Qualora l’incompatibilità riguardi non l’intero testamento, ma solo una parte del suo contenuto, la parte non incompatibile sarà comunque valida. Avv. Alberto Giupponi

Pubblicazione legale

Occorre il consenso dell’altro coniuge per separarsi o per divorziare?

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Per separarsi o divorziare non è necessaria la volontà di entrambi i coniugi, ben potendo la frattura dipendere dalla condizione di disaffezione e distacco di una sola delle parti, tale da rendere intollerabile la convivenza, pur desiderando l’altro coniuge continuarla. Come precisa il Codice Civile la separazione si fonda sull’intollerabilità della prosecuzione della convivenza o sul grave pregiudizio all’educazione dei figli a causa della continuazione della convivenza stessa. Diversamente la legge n. 898/1970 che disciplina il divorzio (che può essere richiesto decorsi 3 anni dall'udienza di comparizione dei coniugi dinanzi al presidente del Tribunale chiamato a statuire sulla separazione) richiede come presupposto l'impossibilità di mantenere o ricostruire la comunione spirituale e materiale tra i coniugi. Ma qual è il significato di questi termini? In estrema sintesi in entrambi i casi non si vuole più condividere il proprio percorso di vita con l’altro coniuge. C’è sempre un pizzico di rammarico nello scrivere articoli come questo, ma è opportuno sfatare quelle credenze che ancora riguardano troppe persone, convinte di non potersi separare senza il consenso dell’altro coniuge. Nello specifico il giudice di legittimità si è pronunciato sul caso di una donna ultrasessantenne, con figli, che dopo anni di insofferenza nei confronti del marito ha deciso di concludere il percorso comune con il coniuge, che ormai comune non era più, in considerazione del distacco che aveva maturato nei confronti del marito. Nello specifico la donna ha dichiarato nel proprio atto costitutivo di non sopportare più il marito e di volersi separare da lui, e tale atteggiamento ha continuato a mantenere durante lo svolgimento del processo. Il marito non aveva commesso gesti eclatanti o tradimenti, ma come può accadere i coniugi erano diventati due estranei fra loro. Detta condotta ha portato alla pronuncia della separazione, senza addebito (quindi senza responsabilità esclusive) nei confronti di nessuno dei due coniugi, e con il riconoscimento di un assegno di mantenimento a favore della moglie per consentirle di mantenere il tenore di vita goduto in costanza di matrimonio in quanto coniuge economicamente più debole. In conclusione l’intollerabilità esiste non solo quando viene riconosciuta da entrambi i coniugi, ma anche quando, nonostante il tentativo di conciliazione, uno dei due insista nel chiedere la separazione. Non è necessaria, quindi, la sussistenza di una situazione di conflitto riconducibile alla volontà di entrambi, ben potendo la frattura dipendere dalla condizione di disaffezione e distacco di una delle parti (cfr. Cass. Civile, sent. n. 1164/14). Avv. Alberto Giupponi

Pubblicazione legale

Infiltrazioni nel condominio: le Sezioni Unite vengono chiamate a ripartire le spese del lastrico solare

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Come si ripartiscono le spese relative alle infiltrazioni provenienti dal lastrico solare? La soluzione non è scontata come si potrebbe pensare. Se ne è resa conto la Suprema Corte che, con sentenza n. 13526/2014, ha chiesto l'intervento delle Sezioni Unite. Un condomino lamenta di aver subito dei danni da infiltrazioni provenienti dal sovrastante terrazzo condominiale e chiede il risarcimento dei danni al condominio. Quest'ultimo, a sua volta, chiama in causa il condomino proprietario esclusivo del terrazzo. Come ci si poteva aspettare, i danni vengono ripartiti per 1/3 a carico della proprietà esclusiva e, per i rimanenti 2/3, a carico del condominio, nel rispetto del contenuto dell'art. 1126 c.c. Il problema della ripartizione delle spese relative al terrazzo condominiale non è mai stato di facile soluzione. Le Sezioni Unite erano intervenute per fare chiarezza con la sentenza n. 3672/1997, escludendo l'applicabilità della responsabilit extracontrattuale ex art. 2051 (risarcimento dei danni cagionati da cose in custodia) a vantaggio dell'art. 1126 c.c., con l'espressa distinzione di due ipotesi. Il lastrico appartiene a tutti i condomini. Nel caso in cui il lastrico solare svolga soltanto la funzione di copertura dell'edificio e appartenga a tutti i condomini, alle obbligazioni concernenti il contributo nelle spese per la conservazione, le riparazioni e le ricostruzioni sono tenuti tutti i partecipanti al condominio, sulla base delle rispettive quote di comproprietà riportate nelle tabelle millesimali (art. 1223, comma I, c.c.). In tale ipotesi, il risarcimento dei danni cagionati all'appartamento sottostante dalle infiltrazioni d'acqua derivanti dal lastrico per difetto di manutenzione sono a carico di tutti i condomini, in proporzione alle quote riportate dalle tabelle millesimali di proprietà. Il lastrico è di proprietà o uso esclusivo. Quando il lastrico solare, oltre che fungere da copertura dell'edificio, è destinato ad offrire ulteriori utilità a vantaggio del titolare della proprietà superficiaria o dell'uso esclusivo, in quanto il lastrico oltre alla funzione di copertura, offre ad un singolo condomino ulteriori concretamente utilità, le spese (ed i danni risarcitori) andranno ripartiti in misura diversa, ponendo i 2/3 a carico di tutti i condomini (in ragione della funzione di copertura) e 1/3 a carico del titolare della proprietà superficiaria o dell'uso esclusivo (in ragione delle altre utilità). In sostanza, secondo le Sezioni Unite (n. 3672/1997) obbligati alle ripartizioni ed ai risarcimenti sono i condomini che usufruiscono della copertura in concorso con il proprietario esclusivo. Abbiamo detto in precedenza che le Sezioni Unite sono intervenute per sopire il conflitto giurisprudenziale in atto, ma la soluzione prospettata dagli Ermellini, in questo caso, evidentemente non ha convito e non è riuscita a sopire gli animi. Secondo parte della dottrina, la questione doveva essere impostata in termini diversi, specie nell'ipotesi in cui i danni derivavano da un difetto di manutenzione: a prescindere dalla proprietà del terrazzo, se l'onere di manutenzione gravava sull'intero condominio, era questo a dover provvedere alla manutenzione e, in mancanza, al risarcimento dei relativi danni. Il proprietario esclusivo risponde solo dell'usura. La dottrina contestava la soluzione prospettata dalle Sezioni Unite sottolineando che il proprietario esclusivo poteva essere chiamato a concorrere alle spese nella misura di 1/3 (ovvero in altra misura da quantificare) solo nel caso in cui i danni fossero derivati dall'usura causata dal godimento esclusivo del bene ma non nel caso in cui essi derivavano dall'omessa manutenzione da parte del condominio. L'inerzia di quest’ultimo, in definitiva, non poteva pesare sulle tasche del singolo proprietario. In altre parole, se, per esempio, il proprietario esclusivo, con l'uso, deteriorava la pavimentazione del terrazzo, doveva concorrere in maniera maggiore alle spese di rifacimento, viceversa, nel caso in cui le infiltrazioni fossero state determinate dal naturale deterioramento della guaina, le spese sarebbero state ripartite tra tutti i condomini. Anche la giurisprudenza non era convinta. Parte della giurisprudenza aveva ovviamente seguito la dottrina con il risultato che alcune pronunce continuano a considerare il condominio come un custode della cosa e pertanto responsabile, ex art. 2051 c.c., dei danni che siano derivati al singolo condomino o a terzi per difetto di manutenzione del lastrico solare (cfr. Cass. Civile, sent. n. 7727/2000 e n. 642/2003). Richiesto nuovamente l'intervento delle Sezioni Unite. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 13526 dell'11 marzo 2014, preso atto del contrasto in atto, ha rimesso la questione al Primo Presidente per l'eventuale assegnazione alle Sezioni Unite. Avv. Alberto Giupponi

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