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Con la sentenza in commento (n. 505/2022) la Corte d'Appello di Catanzaro ha confermato la decisione con cui il Tribunale di primo grado, sia nella fase sommaria che di opposizione con Rito Fornero (doppia conforme), aveva giudicato legittimo il licenziamento intimato nei confronti di un dipendente trovato in possesso di armi frutto di ricettazione e con matricola abrasa.
La Corte, nel solco della giurisprudenza della Suprema Corte (Cass.5317/2017; Cass. 2168/2013; Cass. 132/2008), ha ritenuto che nell'accertamento della sussistenza di determinati fatti e della loro idoneità a costituire giusta causa di licenziamento, il Giudice del Lavoro può fondare il suo convincimento su tutti gli atti del procedimento penale, finanche quando sia mancato il vaglio critico del dibattimento, giacché la parte può sempre contestare, nell'ambito del giudizio civile, i fatti così acquisiti in sede penale.
La Corte ha condiviso l'iter argomentativo di primo grado con cui il Tribunale ha ritenuto irrimediabile la lesione del rapporto fiduciario da parte di chi si è reso autore di condotte in contrasto rispetto a fondamentali principi etici, venendo gravemente meno al dovere di non porre in essere, fuori dall'ambito lavorativo, comportamenti tali da ledere gli interessi morali e materiali del datore di lavoro o da comprometterne il rapporto fiduciario.
Ciò di cui si deve tenere conto al fine di stabilire se il comportamento extra-lavorativo di un dipendente abbia incidenza lesiva del vincolo fiduciario è la sua potenziale, e non già effettiva, attitudine a compromettere la funzionalità del rapporto.