Caso legale:
Nel dicembre 2023 si è rivolto a me un agente di commercio che aveva un consolidato rapporto di agenzia con una società con la quale collaborava da oltre 10 anni realizzando fatturati molto considerevoli.
La preponente era riuscita ad indurre l'agente a firmare un accordo di revisione del proprio contratto sulla base di presupposti poi rivelatisi inveritieri.
Era stato infatti fatto intendere all'agente che a fronte di una riduzione della sua aliquota provvigionale (che dal 10% passava al 5%), della sua zona (che da Italia passava a Emilia Romagna) e dei sui clienti, gli sarebbe stato concesso di operare come agente anche a favore di altra società del Gruppo, il cui portafoglio clienti avrebbe consentito all'agente non solo di compensare la perdita subita, ma addirittura di accrescere i propri fatturati, data la complementarietà delle due aziende.
L'agente, forte del vinco fiduciario esistente tra le parti, sottoscriveva l'accordo di revisione del proprio contratto ma, dall'esame della lista clienti della nuova azienda - scaltramente trasmessa solo successivamente alla firma dell'accordo di revisione contrattuale - emergeva che il valore commerciale dei nuovi clienti affidatigli era drasticamente inferiore a quello che gli era stato fatto credere e indicato, con conseguente sua perdita di fatturato di circa il 47%.
Intimavo alla preponente l'annullamento della scrittura privata con cui le parti avevano modificato il contenuto del contratto originario, ritenendo tale accordo nullo per venir meno dei presupposti che avevano inciso sulla volontà dell'agente.
A fronte del rifiuto della mandante consigliavo all'agente di dimettersi immediatamente per giusta causa, in quanto la condotta della mandante rappresentava una violazione dei più basilari doveri di lealtà e buona fede, non consentendo la prosecuzione neanche provvisoria del rapporto di agenzia. Suggerivo inoltre all'agente di rivendicare, al momento del recesso, anche le indennità di cessazione del rapporto, essendo il mandato cessato per fatto imputabile alla mandante.
La preponente, tramite il proprio legale, probabilmente consapevole dell'opportunità di un accordo, prendeva contatti con la sottoscritta e iniziavamo una trattativa tutt'altro che semplice, anche per il coinvolgimento emotivo delle parti, originariamente legate non solo da rapporti lavorativi ma anche e soprattutto di amicizia.
Grazie all'accordo stragiudiziale raggiunto l'agente si è visto riconoscere in pochi mesi una cospicua somma a titolo di indennità di cessazione del rapporto, che avevo quantificato ai sensi dell' art. 1751 c.c. sussistendone tutti i presupposti, oltre al FIRR per l'ultimo anno di rapporto, provvigioni residue e per affari conclusi successivamente alla cessazione del rapporto ex art. 1748 comma 3 c.c. Sono inoltre state integralmente rimborsate all'agente le spese legali che aveva sostenuto, cosìcche il mio cliente a "costo zero" ha ottenuto soddisfazione immediata, senza le lungaggini, i maggiori costi e i rischi sempre insiti in una vertenza giudiziale, potendo in pochi mesi "voltare pagina".