Antiriciclaggio - Dottore commercialista e S.O.S. Sent. Trib. 10339/2018

Il blog dei professionisti - 3/2025




Intervista: Nella sentenza n.10339 emessa dal Tribunale di Roma nel 2018 il caso, riguardante un dottore commercialista, ha messo in evidenza importanti aspetti relativi all’obbligo di segnalazione di operazioni sospette nell’ambito della normativa antiriciclaggio. L’ispezione La vicenda aveva preso avvio da un’ispezione per la verifica del corretto adempimento degli obblighi, a carico dei commercialisti, previsti dal d.lgs.231/2007. Il motivo dell’ispezione nei confronti del professionista, chiaro, in questa occasione, a differenza di molti altri casi nei quali le verifiche sono intraprese per “iniziativa” dell’ufficio preposto (anche se l’esperienza suggerisce che i controlli “casuali”, in questo ambito, sono pressoché inesistenti) era stato dichiarato e da attribuirsi al seguito di un controllo fiscale su una società di capitali, attiva nel settore del recupero metalli, della quale il commercialista risultava depositario delle scritture contabili.L’oggetto della vicenda si è concentrato sulla contestazione, e seguente sanzione antiriciclaggio, effettuata dalla Guardia di Finanza, circa la mancata segnalazione di operazioni sospette. La fattispecie Nella fattispecie, infatti, i pagamenti eseguiti per contanti dalla società per l’acquisto dei metalli da soggetti privati, per quanto modesti se considerati singolarmente, raggiungevano nel complesso importi considerevoli. Per tale motivo, la mancanza della segnalazione ha sollevato interrogativi sulla responsabilità del professionista. La difesa del commercialista A sua difesa il commercialista ha eccepito, come prima questione, la decorrenza del termine per la contestazione, affermando che tra la conclusione delle indagini (precisiamo, indagini a carico della società cliente dalla quale era iniziata la vicenda) e la notifica dell’illecito al professionista, erano trascorsi oltre novanta giorni. I chiarimenti del Tribunale Il Tribunale ha chiarito che l’accertamento relativo alla società cliente e quello nei confronti del commercialista non potevano essere considerati equivalenti temporalmente, mettendo in evidenza la specificità della verifica nei suoi confronti effettuata, in seguito, dal Nucleo speciale di Polizia valutaria. Il secondo motivo di ricorso, concernente l’infondatezza della pretesa sanzionatoria, è stato egualmente respinto. Il Tribunale ha ribadito l’obbligo di ogni professionista di effettuare valutazioni “critiche” sulle operazioni dei propri clienti, indipendentemente dalla tipologia di clientela e dalla loro consolidata presunta affidabilità. L’obbligo di segnalazione L’obbligo di segnalazione, applicabile anche in assenza di un reato di riciclaggio accertato, implica un’analisi suscettibile di considerare eventuali sospetti, persino quelli meno evidenti. La difesa del professionista sosteneva, inoltre, che le transazioni eseguite fossero di origine bancaria, pertanto tracciabili; ciò nonostante, il Giudice ha sottolineato come tali movimentazioni in contanti avessero avuto luogo dopo l’uscita del denaro dal circuito bancario, rendendo pertanto il professionista responsabile della mancata segnalazione delle operazioni sospette. Commercialista tenutario scritture contabili Il Tribunale ha dunque ribadito che, essendo il commercialista il tenutario delle scritture contabili presso l’Agenzia delle Entrate, egli avesse l’obbligo di vigilare su tutte le movimentazioni del cliente. Analizzando il merito della sanzione, il Tribunale ha evidenziato l’enorme valore delle transazioni in contante e l’evidente responsabilità in base alla normativa introdotta dal d.lgs. 231/2007, il quale impone agli intermediari di segnalare operazioni che destino sospetto. Obbligo di segnalazione Risulta chiaro che l’obbligo di segnalazione non può essere trascurato da alcun professionista iscritto negli albi di riferimento, inclusi ragionieri e dottori commercialisti, che devono osservare, altresì, quanto previsto delle regole tecniche varate dai rispettivi organismi di autoregolamentazione. In tal modo, il professionista deve essere in grado di discernere indizi di anomalia anche senza disporre di specifiche competenze investigative. Le autofatture Per il Tribunale, particolarmente allarmante avrebbe dovuto essere la questione delle “autofatture” emesse dalla società, le quali risultavano regolate in modo irregolare; non indicavano elementi identificativi dei cedenti né le modalità di pagamento. Questa prassi, insieme all’uso di contanti per ingenti somme prelevate da vari conti correnti, ha rappresentato un evidente indice di rischio e ha reso ineccepibile la necessità di segnalarne la sospettabilità. Conclusione In conclusione, il Tribunale ha rilevato non solo l’esistenza di indizi oggettivi di illecito ma anche la gravità dell’elemento soggettivo, evidenziando la sistematica complicità del professionista nel favorire un modus operandi elevato al rango di consuetudine. Tali circostanze hanno legittimato la decisione di mantenere la sanzione antiriciclaggio in capo al dottore commercialista, confermando l’importanza della vigilanza e della responsabilità nella professione contabile e fiscale.

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Pubblicato da:


Andrea Iaretti

Avvocato-Dottore commercialista. Ricorsi Antiriciclaggio. Eredità e successioni




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