Avvocato Andrea Iaretti a Gattinara

Andrea Iaretti

Avvocato-Dottore commercialista. Ricorsi Antiriciclaggio

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Antiriciclaggio - Dottore commercialista- irregolarità nella tenuta della contabilità - segnalazione operazione sospetta. Sent. Trib. 20416/2018.

Scritto da: Andrea Iaretti - Pubblicato su IUSTLAB

Pubblicazione legale:

Il Tribunale della capitale si è espresso con Sent. 20416/2018 nei confronti di un decreto sanzionatorio emesso nei confronti di un Dottore commercialista, sanzionato per omessa segnalazione di operazione sospetta.
L'accertamento,  eseguito come al solito per questa categoria di professionisti dalla  Guardia di Finanza - Nucleo di Polizia Tributaria (attivato dall’UIF) presso il suo studio, era finalizzato alla verifica della corretta e puntuale osservanza degli obblighi e dei divieti sanciti dal d.lgs. 231/2007, in modo particolare nello svolgimento del servizio di tenuta delle scritture contabili ad aziende della sua zona, tra le quali ne era stata individuata una in modo specifico, da probabili indagini svolte in precedenza dai militari. L'analisi della documentazione contabile di tale società evidenziava che il professionista, nell'espletare il suo servizio relativo alla tenuta dei libri contabili, con conseguente registrazione sugli stessi degli accadimenti aziendali, contabilizzava nel conto di mastro denominato "cassa", tra l’altro, una serie di operazioni che gli operanti giudicavano palesemente anomale rispetto ad una corretta e usuale contabilità.

In modo particolare gli operanti verbalizzavano che, ovviamente, non era nella natura del conto "cassa" registrare saldi negativi, mentre nel caso in disamina esso esponeva saldi negativi persistenti nel tempo e di importo rilevante.

Inoltre, erano contabilizzati ingenti incassi da clienti e pagamenti di fornitori tutti concentrati nelle stesse date. In altro periodo di osservazione, il conto incassi presentava contabilizzazioni giornaliere con una notevole, anomala, media di registrazioni per pagina di giornale.

Erano presenti altresì operazioni riferibili ai medesimi interlocutori, annotate in pari data e con modalità la cui evidenza era quella di voler occultare pagamenti in denaro contante di importo superiore alla soglia prevista dalla normativa antiriciclaggio.

Il professionista giustificava le anomalie in quanto dovute a giroconti tra le partite di cassa e banca; giustificava inoltre la superficialità del suo operato con il fatto che il cliente si era dimostrato spesso restio a fornire la documentazione necessaria alle registrazioni contabili, e proprio per tale motivo era stato costretto ad inviare diversi, documentati, solleciti scritti.

I militari, ritenendo la vicenda meritevole di SOS, procedevano alla contestazione di tale infrazione nel PVC, al quale faceva ovviamente seguito il relativo decreto sanzionatorio emesso dal Ministero.

Nel successivo ricorso, il commercialista sollevò una serie di eccezioni, in sintesi: intervenuta prescrizione (non oggetto della presente analisi, in quanto poi eccezione non accolta dal Tribunale); errata applicazione di norme, infondatezza delle contestazioni ed indeterminatezza delle stesse in ordine alla presunta violazione dell’obbligo di SOS; esistenza di vizi del provvedimento sanzionatorio; il ricorso proseguiva con l'eccezione che la formulazione del decreto ministeriale si limitava a ripetere le contestazioni della Guardia di finanza che non coglievano nel segno, non evidenziando in modo sufficiente le ragioni per le quali il ricorrente avrebbe dovuto sospettare il sussistere di quale si volesse fenomeno di riciclaggio, limitandosi a riportare in modo acritico e generico la presunta mera ricorrenza di taluni indicatori di anomalia, di per sé non sufficienti per individuare e segnalare operazioni presunte sospette.

Il Tribunale coglieva l’essenza della questione nel fatto che le annotazioni contabili, seppure non eseguite con precisione ma alquanto superficialmente, non potevano qualificare come "operatività sospetta” quella della quale il commercialista aveva l’incarico di elaborazione; i militari avrebbero preteso di fornire una motivazione priva di logica: la supposta giustificazione del sospetto in seguito a contabilità non tenuta a regola d’arte, diventava essa stessa operazione sospetta di riciclaggio; prendeva quindi sostanza, a parere del Giudice, l’impossibilità di comprendere il nesso di causalità esistente tra ciò che doveva venire segnalato e i motivi per cui tali accadimenti sarebbero dovuti essere stati segnalati; l’insussistenza dei “motivi ragionevoli per sospettare”, in quanto una tenuta non regolare della contabilità non poteva generare il sospetto di fenomeni di riciclaggio, ma solo l'esistenza di illeciti amministrativi non concernenti la normativa antiriciclaggio.

Il riferimento dei militari, effettivamente, per sostanziare l'asserita omessa segnalazione, faceva esclusivo riferimento a irregolari "annotazioni contabili" e non all’operazione o alle operazioni eventualmente oggetto della prestazione professionale ritenute sospette (queste, si, che avrebbero dovuto essere oggetto dell’obbligo di adeguata verifica da parte del professionista). Le registrazioni, più o meno corrette, erano “rappresentazioni” in un linguaggio economico aziendale dei flussi economici e finanziari dell’azienda.
Il Tribunale non condivise la tesi dell'opposizione ministeriale, in quanto il carattere ampio della formulazione della norma impone di ritenere che il legislatore abbia inteso prevedere l'obbligo di effettuare la SOS all’unica condizione che i destinatari del precetto siano venuti a conoscenza dell’operazione in virtù del proprio lavoro, senza precisare e distinguere se le operazioni sospette siano quelle che essi hanno cooperato a porre in essere (o abbiano posto in essere  direttamente per conto del cliente) da quelle in cui essi siano comunque venuti a conoscenza in conseguenza dell’espletamento del loro mandato. Il commercialista ha l’obbligo di segnalare operazioni sospette a prescindere da ogni indagine circa l’effettiva consistenza dei sospetti.
Il Tribunale, in definitiva, nell’esercizio del suo potere discrezionale collegato alla scelta dalla sanzione tra minimo e massimo, dedotto:

1- considerando la ridotta offensività della condotta connessa alla contestata omissione dalla SOS, la cui eventuale necessità sarebbe stata identificabile ove le scritture contabili fossero state tenute correttamente;

2- la non provata partecipazione psichica del professionista;

3- il mancato emergere di contestazioni criminose di riciclaggio anche nei confronti del cliente;

In parziale accoglimento del ricorso, ha ritenuto di ridimensionare la sanzione originariamente applicata dal Ministero.

 


Avv. Andrea Iaretti - Avvocato-Dottore commercialista. Ricorsi Antiriciclaggio

Sono Andrea Iaretti, Avvocato, Dottore commercialista, Revisore legale. Mi occupo principalmente di consulenze e contenziosi a favore di imprese e lavoratori autonomi; in modo particolare quelli afferenti la normativa ANTIRICICLAGGIO: MEMORIE difensive al MEF, RICORSI avanti Trib. Roma. Tramite e-mail potrai presentarmi il tuo problema, per quanto possibile in modo dettagliato; ove lo ritenessi di mia competenza e nei limiti dei miei impegni professionali, ti risponderò rapidamente e, in seguito, ti farò sapere se posso aiutarti, quali vantaggi potresti trarre dalla mia consulenza ed i relativi costi. Opero in tutta Italia.




Andrea Iaretti

Esperienza


Diritto assicurativo

Mi occupo della tutela risarcitoria del danno alle persone ed alle cose, della responsabilità professionale che coinvolge professionisti e del settore dei sinistri stradali. Prediligo risoluzioni veloci e stragiudiziali a tutela dei diritti e delle aspettative dei clienti. Per l'attività, ove necessario, mi avvalgo altresì di validi corrispondenti.


Antiriciclaggio

Conteziosi e ricorsi sia di carattere amministrativo che dinnanzi al tribunale civile, principalmente a favore di soggetti obbligati ad osservare le norme antiriciclaggio: commercialisti, consulenti del lavoro, notai, contabili, banche, per contestazioni circa violazioni relative al d.lgs. 231/2007; regole tecniche, linee guida, titolarità effettiva, segnalazione operazioni sospette. Rapporto tra norma sanzionatoria antiriciclaggio e L. 689/81. I ricorsi in tali materie hanno tempi stringenti, necessitano di molto studio relativamente al singolo caso per essere affrontati al meglio, essere tempestivi risulta perciò essenziale.


Risarcimento danni

Presunti danni causati a imprese, lavoratori autonomi, privati, derivanti da operato di tributaristi, fiscalisti, centri contabili, presunti commercialisti, consulenti del personale, patronati, caaf, ecc. In questo ambito è di estrema importanza conoscere la relativa normativa, in quanto errori, che possono apparire poco significativi ai non esperti, hanno poi ripercussioni notevoli oltre a manifestarsi spesso solo a distanza di anni. Errori di compilazione denunce di successione, dichiarazioni dei redditi e fiscali in genere, nelle scritture contabili, nei rapporti con gli enti, di corretto "inquadramento" nuova attività ecc.


Altre categorie:

Previdenza, Eredità e successioni, Diritto del lavoro, Fallimento e proc. concorsuali, Diritto commerciale e societario, Recupero crediti, Incidenti stradali, Malasanità e responsabilità medica.


Referenze

Pubblicazione legale

Antiriciclaggio - Money Transfer - Sent. Trib. n. 6041/2018

Pubblicato su IUSTLAB

Nel contenzioso in analisi, conclusosi con sentenza del Tribunale della capitale nell'anno 2018, soggetto coinvolto era un'impresa esercente l'attività di money transfer, pesantemente sanzionata dal Ministero in solido con il suo legale rappresentante (anche responsabile dell’assolvimento degli obblighi inerenti alla segnalazione di operazioni sospette), per non avere segnalato tempestivamente movimentazioni finanziarie in violazione della normativa antiriciclaggio. Nel dettaglio, l'impresa svolgeva attività di intermediazione finanziaria, ed in particolare prestazioni di servizi di pagamento nella forma dell’incasso e trasferimento fondi dall’Italia verso Cina e Filippine. All’esito delle verifiche condotte dalla GdF era stato constatato che nel periodo di tempo oggetto di verifica un cospicuo numero di clienti avevano disposto trasferimenti di denaro all’estero che, seppure di importi considerati singolarmente inferiori al limite di legge previsto all’epoca degli eventi, erano di ammontare complessivo rilevante in relazione all’intervallo di tempo in cui avvennero, tali da dover far sorgere dubbi circa la provenienza delle somme, soprattutto in assenza di informazioni sul profilo economico dei clienti. Nel merito, il soggetto sanzionato si difese eccependo che l'assenza di notizie circa il profilo economico patrimoniale dei clienti era giustificata in quanto, essendo le operazioni occasionali, si era in assenza di elementi idonei a giustificare l'anomalia delle operazioni. Il Tribunale, nella decisione, premetteva che gli indici di anomalia delle operazioni sono ricavati dal c.d. Decalogo emanato dalla Banca d’Italia. Nella parte di questo dedicata alle misure organizzative ed alla conoscenza della clientela, si afferma che gli intermediari effettuano l'analisi del grado di anomalia di una operazione con riferimento alle caratteristiche del cliente che la pone in essere. Il dato oggettivo va integrato con le informazioni sul cliente in possesso dell'intermediario, nel valutare la coerenza e la compatibilità dell'operazione con il profilo economico-finanziario che deve essere dichiarato dal cliente medesimo; particolare attenzione è richiesta qualora risulti che il cliente non svolge attività con rilievo economico. Gli intermediari “non devono farsi carico di ulteriori attività di accertamento, di competenza delle Autorità di ciò istituzionalmente incaricate. Una approfondita conoscenza del cliente costituisce, da un lato, un momento fondamentale del percorso logico che porta alla valutazione dell'operazione …”. Sempre nel Decalogo, nella parte introduttiva alla elencazione degli indici di anomalia, è previsto che “Nel caso di operazioni richieste da utenti occasionali, la valutazione (qualora le informazioni sulla capacità economica e l'attività svolta risultino insufficienti) deve concentrarsi soprattutto sulle caratteristiche tecniche dell'operazione, e in particolare sulla sua entità”. Il ricorrente, in allegato al ricorso, produceva un campione di scheda identificativa del cliente da cui si poteva comprendere che in modo succinto veniva indicata la professione svolta, i dati anagrafici ed il loro il codice fiscale. Erano stati escussi altresì testi, prova non usuale in questo tipo di procedimenti, ma rivelatasi poi determinate. A testimonianza di come fosse valutata la consistenza economico-finanziaria dei clienti, l'addetta al ricevimento della clientela riferì di utilizzare un database che consentiva di non accettare transazioni che in un determinato periodo superassero un certo ammontare e che, qualora si verificava tale ipotesi, avvisava il responsabile antiriciclaggio dell’ufficio che, in tal caso, effettuava indagini personali sui soggetti e le eventuali attività commerciali dove gli stessi operavano, prima di autorizzare l'operazione. Il teste, precisava altresì che i clienti del posto erano spesso commercianti, promanazione di attività aventi sede in Asia; il danaro inviato era utilizzato, pertanto, allo scopo di pagare i fornitori. Entrambi i testi hanno riferivano che veniva richiesta l’esibizione del documento di identità in originale. Anche la teste escussa in qualità di cliente ha confermato che le veniva richiesto di esibire in originale il documento di identità e il codice fiscale. A parere del Ministero, l'assenza di informazioni approfondite avrebbe dovuto far ritenere i clienti come occasionali, con la conseguente necessità di considerare sufficienti, ai fini dell’obbligo di segnalazione che invece non vi erano state, gli indicatori di anomalie oggettive, come la frequenza e importo dei trasferimenti. Secondo il Giudice, la peculiarità della vicenda attiene al fatto che effettivamente per molti clienti le informazioni ottenute sul profilo economico finanziario consistevano unicamente nella dichiarazione sulla professione svolta, ma per questo non poteva essere preteso che gli intermediari dovessero farsi carico di ulteriori accertamenti, così come stabilisce anche il Decalogo emanato dalla Banca d’Italia. Appariva quindi eccessivo, al Giudice, ritenere che tutti i clienti del servizio di money transfer fossero da considerare clienti occasionali solo perché non erano documentate informazioni dettagliate sul loro profilo economico, a causa delle modalità di operatività del servizio. Poteva ritenersi sufficiente l'approfondimento della conoscenza della clientela mediate la verifica dell'esistenza delle relative attività commerciali, come emerso nel corso del giudizio. Per tale motivo, l'opposizione meritava accoglimento con annullamento del relativo decreto sanzionatorio

Pubblicazione legale

Antiriciclaggio - Money Transfer - Sent. Trib. 2630/2022

Pubblicato su IUSTLAB

La CdA di Roma si è espressa, con Sentenza 2630/2022, a riguardo di un decreto sanzionatorio emesso dal Ministero a carico di un esercizio commerciale che svolgeva attività di money transfer. Il Tribunale si era pronunciato in precedenza con sentenza di condanna, ma con riduzione della sanzione applicata, alla quale il money transfer propose appello. Il Ministero, con appello incidentale, chiedeva di ristabilire la sanzione applicata in origine. La sanzione traeva origine dal fatto che il titolare dell'attività aveva acquisito denaro contante da clienti per valori superiori alla soglia di legge, senza il tramite degli intermediari abilitati. Tali somme erano state trasferite in Cina. Nei confronti dei soggetti cinesi indicati quali mittenti nelle rimesse di denaro, i militari della GdF affermavano di aver effettuato interrogazioni alle banche dati i cui esiti rivelavano che gli menzionati soggetti erano “inesistenti”, non identificabili o rintracciabili in luoghi notevolmente distanti dalla sede dell'esercizio commerciale ispezionato. Il titolare chiedeva, nelle memorie difensive, di essere sentito dal Ministero; a fondamento della propria opposizione, egli manifestava la propria assoluta buona fede sostenendo di aver sempre osservato, con diligenza, la normativa in materia di antiriciclaggio, identificando i soggetti richiedenti l'invio di denaro tramite la sua Agenzia, che erano quindi individui diversi l'uno dall'altro e non riconducibili, in virtù delle sue risultanze, a un unico ordinante, come invece sostenevano gli operanti. In sede di primo grado veniva richiesta la prova testimoniale degli agenti verbalizzanti, con particolare riguardo all'entità dei singoli versamenti effettuati, che furono dagli stessi operanti dichiarati essere stati sotto soglia di legge; inoltre, riguardo i documenti d'identità dei disponenti e i moduli da compilare per le operazioni, veniva confermato di averne accertate la presenza. L’appello principale conteneva quattro motivi, i primi due dei quali lamentavano il vizio della motivazione della sentenza di primo grado, che non avrebbe dato risposta ai rilievi del ricorso e fatto malgoverno del materiale istruttorio, ritenuto insufficiente per affermare la colpevolezza dell'opponente. Col terzo motivo, fu contestata la qualificazione giuridica dell'illecito operata dal Tribunale come se si trattasse di una responsabilità oggettiva; il quarto motivo, infine, assegnava alla riduzione della sanzione operata dal primo giudice il valore di indizio dell'insussistenza dell'illecito. La CdA rilevava che l'appello era fondato nella parte in cui lamentava la mancanza di una affidabile e riscontrabile prova della colpevolezza; il titolare aveva annotato gli estremi identificativi dei soggetti che a lui si rivolgevano per effettuare il trasferimento di denaro e non vi era prova della sua consapevolezza dell'eventuale falsità dei documenti annotati e dei dati dei clienti. Gli operanti non avevano fornito prova di chi sarebbero stati i presunti clienti muniti di documenti non di loro proprietà, non essendo sufficiente la mera indicazione nel PVC secondo cui dette indagini furono “molto approfondite”. Secondo la Corte non poteva quindi essere escluso che l'appellante avesse eseguito le disposizioni provenienti da più soggetti cinesi a lui presentatisi sotto falso nome e che agivano, a sua insaputa, nell'interesse di altri ai fini del trasferimento all'estero di denaro. Per la CdA trova, pertanto, applicazione l'art.6, comma 11, del D.lgs. 150/2011 secondo cui l’opposizione va accolta quando le prove della responsabilità dell'opponente risultino insufficienti. In conseguenza, la CdA accoglieva l'appello e le spese del doppio grado erano poste a carico del Ministero soccombente.

Pubblicazione legale

Antiriciclaggio - Limite pagamento contanti. Sent. Trib. 17004/2022.

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La L.231/2007, art.51, prevede che i soggetti obbligati che nell'esercizio delle proprie funzioni o nell'espletamento della propria attività abbiano notizia di infrazioni alle disposizioni relative all'utilizzo del contante, riferiscono entro trenta giorni al Ministero dell'economia e delle finanze per la contestazione e gli altri adempimenti previsti dall'articolo 14 della L. 24 novembre 1981, n. 689, e per l’immediata comunicazione dell’infrazione anche alla Guardia di finanza la quale, ove ravvisi l'utilizzabilità di elementi ai fini dell'attività di accertamento, ne dà tempestiva comunicazione all'Agenzia delle entrate. I ricorsi, per quanto attiene la violazione della normativa riguardante il limite alla circolazione del contante si propongono al Tribunale sulla base del luogo dov'è stata commessa l'infrazione, avverso le competenti Ragionerie Territoriali dello Stato nella persona del Ministro pro tempore. Il Tribunale della capitale si è pronunciando recentemente su ricorso promosso avverso infrazione all'utilizzo del contante, con una sentenza riguardante un evento che può verificarsi nella pratica professionale degli studi e nell’attività degli operatori degli istituti di credito. Come detto, le infrazioni di tale tipologia sono sanzionate dal Mef con provvedimento da parte della competente R.T.S. Nel caso in esame la transazione in contanti, avvenuta nel 2018, era stata dell'importo esatto di euro 3.000,00 a fronte della previsione del massimo stabilito dalla legge in euro 2.999,99. Il Giudice, rigettate altre eccezioni, ha rilevato invece meritevole di accoglimento quella sollevata dal ricorrente in merito all'errore sul fatto ex art.3, c.2, L.689/1981, costituito dalla convinzione che il limite all’uso del contante fosse di € 3.000,00 e non di € 2.999,99 come del resto rilevabile anche da alcuni comunicati di autorevoli enti pubblici (fra cui Banca d’Italia e Agenzia delle entrate), diffusi nella rete telematica, nei quali si indicava quel limite proprio in € 3.000,00. Per tali motivi il Tribunale accoglieva il ricorso in quanto, come chiarito, la sanzione risultava applicata ad un comportamento per il quale non sussisteva responsabilità. Le spese di giudizio sono state interamente compensate.

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