Sentenza giudiziaria: Consulenti del Lavoro e Antiriciclaggio. La recente pronuncia del Tribunale di Roma del 2022 offre importanti chiarimenti sui confini applicativi della normativa antiriciclaggio nei confronti dei consulenti del lavoro, delineando con precisione quali attività siano soggette agli obblighi di adeguata verifica della clientela e quali invece ne siano esenti. Il Quadro Normativo di Riferimento La disciplina antiriciclaggio trova il suo fondamento nel decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231, che ha recepito nell'ordinamento italiano le direttive europee in materia di prevenzione dell'utilizzo del sistema finanziario a scopo di riciclaggio dei proventi di attività criminose e di finanziamento del terrorismo. L'articolo 3, comma 4, del decreto include espressamente tra i soggetti obbligati "i soggetti iscritti nell'albo dei dottori commercialisti e degli esperti contabili e nell'albo dei consulenti del lavoro", stabilendo così che anche i consulenti del lavoro rientrano nella categoria dei professionisti destinatari della normativa antiriciclaggio. Gli Obblighi di Adeguata Verifica della Clientela Il cuore della disciplina è rappresentato dall'articolo 17 del decreto legislativo 231/2007, che stabilisce quando i soggetti obbligati devono procedere all'adeguata verifica del cliente e del titolare effettivo. Tale obbligo sussiste in due circostanze principali: in occasione dell'instaurazione di un rapporto continuativo o del conferimento dell'incarico per l'esecuzione di una prestazione professionale, e in occasione dell'esecuzione di un'operazione occasionale che comporti la trasmissione o movimentazione di mezzi di pagamento di importo pari o superiore a 15.000 euro. La giurisprudenza più recente ha chiarito che l'obbligo di adeguata verifica non si limita alla mera identificazione del cliente, ma richiede una valutazione complessiva del rischio. Come evidenziato dalla sentenza del Tribunale di Roma n. 18547/2024, "la mancata compilazione del modulo antiriciclaggio di identificazione ed adeguata verifica non ha consentito una adeguata profilazione del cliente e ha impedito una valutazione del rischio specifico, impedendo allo stesso modo di adottare le misure adeguate per ciascun cliente". Le Esenzioni per i Consulenti del Lavoro Il legislatore ha tuttavia previsto specifiche esenzioni per determinate attività professionali. L'articolo 17, comma 7, del decreto legislativo 231/2007 stabilisce che "gli obblighi di adeguata verifica della clientela non si osservano in relazione allo svolgimento dell'attività di mera redazione e trasmissione ovvero di sola trasmissione delle dichiarazioni derivanti da obblighi fiscali e degli adempimenti in materia di amministrazione del personale di cui all'articolo 2, comma 1, della legge 11 gennaio 1979, n. 12". La legge n. 12/1979 definisce l'ambito di attività dei consulenti del lavoro, stabilendo che essi "svolgono per conto di qualsiasi datore di lavoro tutti gli adempimenti previsti da norme vigenti per l'amministrazione del personale dipendente". La Distinzione Operata dal Tribunale di Roma La sentenza in esame affronta proprio la questione della delimitazione tra attività esenti e attività soggette agli obblighi antiriciclaggio. Il consulente del lavoro aveva eccepito di aver svolto una mera attività di redazione e trasmissione delle dichiarazioni in materia di amministrazione del personale, sostenendo che si trattasse di operazioni inferiori alla soglia di 15.000 euro e di aver comunque effettuato la verifica. Il Tribunale ha respinto tale eccezione, evidenziando che il decreto sanzionatorio indicava, in riferimento alle diciotto operazioni contestate, fatture o compensi per "consulenza aziendale" ai numeri 2, 6, 7, 8, 10, 11, 12 e 18. Tale consulenza, secondo il giudice, "non può rientrare nelle attività indicate dall'art. 2, 1° comma, legge n. 12/1979 di mera redazione e trasmissione delle dichiarazioni in materia di amministrazione del personale, ovvero di trasmissione di buste paga". L'Irrilevanza dell'Importo delle Operazioni Un aspetto particolarmente significativo della pronuncia riguarda la valutazione dell'importo delle operazioni. Il Tribunale ha chiarito che "non rileva l'importo delle operazioni, di modesto valore ed inferiori a 15.000,00 euro, ma la circostanza che trattasi di consulenze e, dunque, di evidente rapporto continuativo con i singoli soggetti di volta in volta interessati". Questa precisazione è fondamentale perché stabilisce che l'obbligo di verifica sussiste per i rapporti continuativi indipendentemente dall'importo delle singole operazioni, purché si tratti di attività che non rientrano nelle esenzioni previste dalla legge. Le Sanzioni e la Loro Determinazione La violazione degli obblighi di adeguata verifica della clientela è sanzionata dall'articolo 56 del decreto legislativo 231/2007. Il comma 2 prevede che "fuori dei casi di cui al comma 1 e salvo quanto previsto dall'articolo 62, commi 1 e 5, nelle ipotesi di violazioni gravi, ripetute o sistematiche ovvero plurime, si applica la sanzione amministrativa pecuniaria da 2.500 euro a 50.000 euro". Nel caso in esame, il Tribunale ha operato una significativa riduzione della sanzione originariamente irrogata di 10.000 euro, riducendola a 4.000 euro. Tale rideterminazione è stata motivata dalla "scarsa portata offensiva dell'illecito contestato", dal "modestissimo valore delle operazioni" e dall'assenza di precedenti violazioni. La riduzione è stata operata ai sensi dell'articolo 6, comma 12, del decreto legislativo 150/2011, che consente al giudice dell'opposizione di "annullare in tutto o in parte l'ordinanza o modificarla anche limitatamente all'entità della sanzione dovuta". I Poteri del Giudice nell'Opposizione a Sanzione Amministrativa La sentenza richiama un importante principio giurisprudenziale consolidato, secondo cui "tra le questioni rilevabili d'ufficio da parte del giudice dell'opposizione a sanzione amministrativa rientra anche quella afferente all'entità della sanzione". Tale principio, affermato dalle Sezioni Unite della Cassazione con la sentenza n. 20935/2009, consente al giudice di valutare la proporzionalità della sanzione anche quando non specificamente eccepita dalla parte. Criteri di Determinazione della Sanzione La giurisprudenza più recente ha sviluppato criteri sempre più raffinati per la determinazione delle sanzioni in materia antiriciclaggio. La Corte d'Appello di Roma, con sentenza n. 2443/2025, ha stabilito che nella determinazione della sanzione il giudice deve valutare "la gravità della violazione, l'opera svolta dall'agente per l'eliminazione o attenuazione delle conseguenze della violazione, nonché la personalità dello stesso e le sue condizioni economiche". Implicazioni Pratiche per i Consulenti del Lavoro La pronuncia del Tribunale di Roma offre importanti indicazioni operative per i consulenti del lavoro. In primo luogo, è necessario distinguere chiaramente tra: Attività esenti: mera redazione e trasmissione di dichiarazioni fiscali e adempimenti in materia di amministrazione del personale, come definiti dalla legge 12/1979 Attività soggette: consulenza aziendale e tutte le prestazioni che non rientrano strettamente negli adempimenti amministrativi del personale Per le attività soggette agli obblighi antiriciclaggio, i consulenti del lavoro devono implementare procedure di adeguata verifica della clientela che includano l'identificazione del cliente e del titolare effettivo, l'acquisizione di informazioni sullo scopo e natura del rapporto, e il monitoraggio costante delle operazioni. L'Evoluzione della Giurisprudenza L'orientamento giurisprudenziale si sta consolidando verso un'interpretazione rigorosa degli obblighi antiriciclaggio. La sentenza del Tribunale di Roma n. 14466/2024 ha chiarito che "l'obbligo di adeguata verifica della clientela costituisce uno dei cardini del sistema di prevenzione antiriciclaggio" e che le esenzioni devono essere interpretate restrittivamente. Prospettive Future La normativa antiriciclaggio è in continua evoluzione, con modifiche legislative che tendono ad ampliare gli obblighi dei soggetti destinatari. I consulenti del lavoro devono quindi mantenere un costante aggiornamento professionale e implementare sistemi di compliance sempre più sofisticati. La sentenza del Tribunale di Roma rappresenta un importante precedente che contribuisce a definire i confini applicativi della normativa, offrendo maggiore certezza giuridica agli operatori del settore. Tuttavia, la complessità della materia richiede un approccio prudenziale che privilegi la sostanza sulla forma, valutando caso per caso la natura effettiva delle prestazioni rese. Conclusioni La pronuncia del Tribunale di Roma n. 16095/2022 costituisce un contributo significativo alla definizione dell'ambito applicativo della normativa antiriciclaggio nei confronti dei consulenti del lavoro. La distinzione tra attività esenti e attività soggette agli obblighi di verifica deve essere operata sulla base della sostanza delle prestazioni rese, non limitandosi alla loro qualificazione formale. I professionisti del settore devono quindi adottare un approccio sistematico alla compliance antiriciclaggio, implementando procedure di verifica adeguate per tutte le attività che non rientrano strettamente nella mera amministrazione del personale. Solo attraverso un'attenta valutazione caso per caso sarà possibile garantire il rispetto degli obblighi normativi, evitando al contempo l'applicazione di sanzioni che, come dimostra la sentenza in esame, possono essere significativamente ridotte quando sussistano circostanze attenuanti.