Pubblicazione legale:
Lo ha affermato la Corte di Cassazione con provvedimento del 24 ottobre 2024 confermando la sentenza della Corte d’Appello di Roma che aveva dichiarato legittimo il licenziamento disciplinare intimato al lavoratore per aver postato sulla pagina Facebook di un collega “amico di Facebook” una serie di commenti ingiuriosi e minacciosi nei confronti della dirigenza aziendale.
Il lavoratore, da parte sua, si era giustificando cercando senza successo di dimostrare una sottrazione del profilo mediante una attività di hackeraggio. La Corte di Cassazione a questo proposito ha risposto alle obiezioni del lavoratore affermando che è noto che “le presunzioni semplici costituiscono una prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza, anche in via esclusiva, ai fini della formazione del proprio convincimento”.
A fronte di un impianto probatorio che appare grave, preciso e concordante, l’ipotesi di hackeraggio formulata dal lavoratore appare molto meno plausibile, resa ancora meno plausibile dalla postuma cancellazione delle frasi e dello stesso link di “amicizia”.