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Avvocato Andrea Tonalli a Rho

Andrea Tonalli

Avvocato giuslavorista

Informazioni generali

Avvocato giuslavorista, socio AGI - Avvocati Giuslavoristi Italiani - fornisco assistenza giudiziale e stragiudiziale nell'ambito del diritto del lavoro, sindacale e previdenziale. Ho maturato esperienza sia presso primari studi nazionali ed internazionali sia presso società multinazionali. L'esperienza maturata e la specializzazione consente di intervenire con rapidità ed efficacia in tutte le situazioni critiche del rapporto di lavoro.

Esperienza


Diritto del lavoro

Mi occupo esclusivamente dal 2010 di Diritto del Lavoro e l’esperienza maturata in anni di attività mi permette di fornire al cliente risposte e strategie concrete per affrontare ogni problematica che può verificarsi nel corso di un rapporto di lavoro. Fornisco supporto in ogni fase del rapporto di lavoro, dalla sua costituzione alla risoluzione, garantendo un’assistenza completa per ogni problematica inerente il rapporto di lavoro.


Previdenza

Nell'ambito del diritto previdenziale fornisco assistenza a società in caso di verifiche ispettive da parte degli organi di vigilanza con la presentazione ricorsi amministrativi e l'impugnazione dei verbali di accertamento in sede giudiziale. Mi occupo altresì dell'opposizione a cartella di pagamento.


Mobbing

Presto assistenza specifica in favore di lavoratori che siano vittima di mobbing o che in ogni caso abbiano subito comportamenti aggressivi o vessatori ad opera di colleghi o superiori aiutandoli ad ottenere la rimozione del comportamento vessatorio nonché un adeguato risarcimento per il danno patito.


Altre categorie

Sicurezza ed infortuni sul lavoro, Licenziamento, Diritto sindacale.



Credenziali

Pubblicazione legale

Reintegrato il lavoratore licenziato per giusta causa in assenza di procedimento disciplinare anche se l’impresa ha meno di 15 dipendenti.

Pubblicato su IUSTLAB

Con ricorso promosso davanti il Tribunale di Roma, un pasticcere aveva lamentato di essere stato licenziato in tronco per giusta causa dal titolare del negozio di pasticceria in cui lavorava per non essere stato il licenziamento preceduto dalla necessaria lettera di contestazione. L’art. 7 dello Statuto dei Lavoratori prevede, a tale proposito, che “ Il datore di lavoro non può adottare alcun provvedimento disciplinare nei confronti del lavoratore senza avergli preventivamente contestato l'addebito e senza averlo sentito a sua difesa. […] In ogni caso, i provvedimenti disciplinari più gravi del rimprovero verbale, non possono essere applicati prima che siano trascorsi cinque giorni dalla contestazione per iscritto del fatto che vi ha dato causa. ” Il Tribunale di Roma in accoglimento del ricorso promosso dal lavoratore, con sentenza del 12 ottobre 2024 ha dichiarato la illegittimità del licenziamento per mancanza assoluta di contestazione. Il difetto assoluto di contestazione – afferma il Tribunale - priva il lavoratore degli strumenti di difesa essenziali davanti alle accuse del datore di lavoro integrando una ipotesi di nullità del licenziamento. Con conseguente diritto del lavoratore illegittimamente licenziato ad essere reintegrato nel posto di lavoro e al pagamento delle mensilità maturate dal licenziamento fino alla effettiva reintegra. Ciò a prescindere dal numero dei dipendenti impiegati dal datore di lavoro (nel caso di specie il datore di lavoro impiegava meno di 15 dipendenti).

Pubblicazione legale

Licenziato chi scrive post offensivi e minacciosi verso il proprio capo su Facebook

Pubblicato su IUSTLAB

Lo ha affermato la Corte di Cassazione con provvedimento del 24 ottobre 2024 confermando la sentenza della Corte d’Appello di Roma che aveva dichiarato legittimo il licenziamento disciplinare intimato al lavoratore per aver postato sulla pagina Facebook di un collega “amico di Facebook” una serie di commenti ingiuriosi e minacciosi nei confronti della dirigenza aziendale. Il lavoratore, da parte sua, si era giustificando cercando senza successo di dimostrare una sottrazione del profilo mediante una attività di hackeraggio. La Corte di Cassazione a questo proposito ha risposto alle obiezioni del lavoratore affermando che è noto che “ le presunzioni semplici costituiscono una prova completa alla quale il giudice di merito può attribuire rilevanza, anche in via esclusiva, ai fini della formazione del proprio convincimento”. A fronte di un impianto probatorio che appare grave, preciso e concordante, l’ipotesi di hackeraggio formulata dal lavoratore appare molto meno plausibile, resa ancora meno plausibile dalla postuma cancellazione delle frasi e dello stesso link di “amicizia”.

Pubblicazione legale

Licenziato chi esce dall’ufficio per fare shopping senza timbrare. No chi esce per il caffè.

Pubblicato su IUSTLAB

Con la sentenza n. 26938 del 17 ottobre 2024 la Corte di Cassazione ha respinto il ricorso di un impiegato che si era assentato per fare shopping senza registrare l’uscita dall’ufficio. La contestazione riguardava in particolare 36 episodi in cui il lavoratore si era allontanato dall’ufficio senza timbrare il cartellino (in molte occasioni superiore al limite di tolleranza di 15 minuti) e 16 episodi in cui aveva sottoscritto una falsa dichiarazione relativa a servizi esterni che avrebbe dovuto svolgere mentre era risultato che aveva fatto tutt’altro. Il licenziamento era stato contestato dal lavoratore e con sentenza n. 68/2020 il Tribunale di Massa aveva rigettato il ricorso. Con sentenza n. 99/2021 la Corte d’Appello di Genova aveva respinto l’appello confermando la sentenza impugnata. Secondo la Suprema Corte “ non si è trattato di semplici pause caffè, come può essere capitato ad altri colleghi che sono stati trattati con maggiore clemenza, ma di veri e propri allontanamenti per compiere delle commissioni extralavorative; esigenze che avrebbero potuto essere soddisfatte chiedendo semplici permessi nel rispetto delle regole ampiamente garantiste dell’impiegato pubblico. Non solo, ed è questo che l’aspetto dirimente della controversia, oltre alle volte in cui il lavoratore si assentava dal lavoro per più di 15 minuti senza timbratura in uscita, assumono particolare rilievo le altrettante volte in cui lo stesso è stato pedinato dagli agenti di polizia che hanno potuto constatare come tali uscite non avvennero per svolgere servizi esterni (come autocertificato del lavoratore) ma per recarsi presso familiari, a scuola dai figli o comunque svolgere altre attività extralavorative. Trattasi di tutti quegli episodi individuati dalla Regione nel proprio atto difensivo di appello che non sono stati contestati dal lavoratore….La gravità di questi fatti è incontestabile: trattasi di comportamenti che non possono essere tollerati e devono essere sanzionati con la massima sanzione espulsiva.” (Cass. 26938/24)

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