Un signora convive da quasi dieci anni con un uomo che l’ha sempre maltrattata: inizialmente solo qualche insulto e schiaffo, sempre “giustificati” dalla donna (e per questo tollerati) a causa del forte stress lavorativo cui l’uomo (importante dirigente di società) era sottoposto. Purtroppo detti episodi erano destinati ad aumentare in frequenza ed intensità, fino a tradursi in una serie di prepotenze, meschine cattiverie, infedeltà ostentate, collegata ad atti violenti favoriti anche dall’abuso di alcol. La signora ha ora trovato la forza di rivolgersi al legale, cui chiede che tipo di tutela possa avere dalla legge.
Un’abituale condotta prevaricatrice, tendente ad umiliare
e sottoporre la congiunta a sofferenze fisiche e morali tali da rendere penosa
l’esistenza, integra il reato di maltrattamenti in famiglia, punito con
reclusione da 1 a 5 anni (art. 572 cp). Il reato è configurabile non solo in
danno del coniuge ma anche del convivente more uxorio quando si sia in presenza
di un rapporto stabile qualificabile come “famiglia di fatto”
C’è da dire che al reato di maltrattamenti vanno ricondotti non solo eventi di per sé penalmente rilevanti (come le lesioni fisiche), ma anche quelle condotte, singolarmente innocue, ma svilenti, per continuità ed abitualità, il quotidiano della vittima. Il legislatore vuole infatti sanzionare ogni genere di azione idonea a pregiudicare la serena quotidianità del soggetto oppresso; ad es. sono rilevanti le vessazioni dovute alla avarizia del marito, la negazione dell’assistenza morale, ma anche l’atteggiamento strafottente di chi ostenti la propria infedeltà fino a cagionare gravi sofferenze morali .
Che cosa può fare, allora, la signora? Può denunciare il convivente, dare inizio ad un procedimento penale in cui sarà chiamata a testimoniare (e il fatto di rievocare le violenze, nonché di subire il controinterrogatorio, sarà fonte di nuova sofferenza), e alla fine l’eventuale condanna dell’uomo sarà presumibilmente non superiore agli anni tre di reclusione; essendo l’uomo incensurato, non sconterà nemmeno un giorno di carcere. Unica (magra) consolazione sarà il risarcimento dei danni, che la donna potrà chiedere o costituendosi parte civile nel procedimento penale, o in separato procedimento civile
Avv. Angela Di Pisa
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Angela Di Pisa
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