Anna Lisa Montano

Sentenza giudiziaria

Il processo si svolgeva innanzi al Tribunale dei Minorenni, con imputato oramai maggiorenne e detenuto per altra causa. Per gli stessi fatti era stata già pronunciata una sentenza di condanna, dichiarata nulla dalla Corte di Appello dei Minori per omessa citazione dell’imputato. Il procedimento de quo si concludeva con una sentenza di non luogo a procedere per il capo A) perché estinto per prescrizione. Per il capo B) il Tribunale dei Minori assolveva l’imputato perché incapace di intendere e di volere a causa della minore età.

Sentenza giudiziaria

Il giudizio di primo grado riguardava i reati di violenza sessuale, lesioni gravi e rapina aggravata. Il processo svoltosi nelle forme del rito ordinario e con l’imputato detenuto si concludeva con una sentenza di assoluzione e la cessazione della custodia cautelare in carcere. L’imputato proponeva istanza di ingiusta detenzione (148 giorni di custodia cautelare in carcere). Si costituiva il Ministero dell’Economia e delle Finanze chiedendo il rigetto dell’istanza proposta dall’imputato. La Corte di Appello di Roma accoglieva la richiesta di risarcimento del danno.

Sentenza giudiziaria

I reati contestati erano sequestro di persona, violenza sessuale di gruppo e lesioni. Nel caso in questione le dichiarazioni della persona offesa presentavano una serie di incongruenze. Inoltre, nessuno dei dna analizzati dal consulente del p.m. Dott. GIARDINA - medico legale genetista – poteva attribuirsi all’imputato. L’accusa chiedeva la condanna ad anni 4 e mesi 2 di reclusione. L’imputato veniva assolto.

Sentenza giudiziaria

Il caso in questione riguarda il reato di tentato omicidio aggravato dai futili motivi. In primo grado l’imputato veniva condannato alla pena di anni 8 di reclusione e veniva rigettata la richiesta di provvisionale avanzata dalla parte civile. La Corte di Appello rideterminava la pena in anni 5 di reclusione.

Sentenza giudiziaria

I reati contestati erano sequestro di persona, violenza sessuale di gruppo e lesioni. Nel caso in questione le dichiarazioni della persona offesa presentavano una serie di incongruenze. Inoltre, nessuno dei dna analizzati dal consulente del p.m. Dott. GIARDINA - medico legale genetista – poteva attribuirsi all’imputato. L’accusa chiedeva la condanna ad anni 4 e mesi 2 di reclusione. L’imputato veniva assolto e proponeva istanza di ingiusta detenzione (452 giorni di custodia cautelare in carcere). La Corte di Appello di Roma accoglieva la richiesta di risarcimento del danno

Sentenza giudiziaria

L’imputato all’epoca, unitamente agli altri due imputati ed alle presunte persone offese, era ospite in un centro di accoglienza per stranieri non accompagnati. Viene accusato di maltrattamenti aggravati dalla minore età e dalla relazione domestica. Il Tribunale dei Minori dichiarava inattendibili le persone offese; il mio assistito si sottoponeva ad esame. Veniva pronunciata sentenza di assoluzione.

Sentenza giudiziaria

L’accusa riguardava il reato di esercizio arbitrario delle proprie ragione con violenza pluriaggravata. Durante l’istruttoria espletata venivano acquisite ex art. 512 c.p.p. le dichiarazioni della persona offesa, che tuttavia se unilateralmente rese non possono fondare un giudizio di colpevolezza. Difatti, il Tribunale pronunciava sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste.

Sentenza giudiziaria

Il processo si svolgeva innanzi al Tribunale dei Minorenni, con imputato oramai maggiorenne al quale veniva contestato il reato di tentato furto pluriaggravato. Dopo un lungo colloquio con il mio assistito si decideva di definire il processo all’udienza preliminare, ammettendo l’addebito. Vista l’occasionalità del fatto, il buon comportamento processuale, l’impegno scolastico ed l’attività sportiva professionale svolta dall’imputato all’epoca dei fatti minorenni Il Tribunale pronunciava sentenza di non luogo a procedere per l’irrilevanza del fatto.

Sentenza giudiziaria

Trattasi di un procedimento che si svolgeva innanzi al Tribunale dei Minorenni a carico di 3 soggetti. Al mio assistito veniva contestato solamente il reato di danneggiamento aggravato ed in concorso. La scelta di non definire il processo all’udienza preliminare e quindi di affrontare l’istruttoria dibattimentale veniva dettata dalla necessità di chiarire il ruolo del mio assistito sul luogo dei fatti – circostanza chiarita anche dal suo esame - .

Sentenza giudiziaria

Nel caso in questione venivo nominato all’esito del giudizio di primo grado, definito con le forme del rito abbreviato, dove l’imputato veniva condannato alla pena di 13 anni di reclusione, nonché alla misura di sicurezza della libertà vigilata per il periodo di 2 anni. La Corte di Appello rideterminava la pena complessiva in anni 6 di reclusione.

Sentenza giudiziaria

L’accusa riguardava i reati di violenza sessuale, lesioni gravi e rapina aggravata. Nonostante l’infondatezza e le numerose contraddizioni emerse dall’esame della persona offesa, unitamente all’irritualità sia dell’identificazione dell’imputato, che lo svolgimento dell'individuazione fotografica l’accusa chiedeva la condanna ad anni 4 e mesi 3 di reclusione relativamente ai primi 2 capi di imputazione. Il Tribunale pronunciava sentenza di assoluzione e ne ordinava l’immediata liberazione. L’imputato proponeva istanza di ingiusta detenzione (148 giorni di custodia cautelare in carcere). La Corte di Appello di Roma accoglieva la richiesta di risarcimento del danno.

Sentenza giudiziaria

Il mio assistito era imputato di tentato omicidio, aggravato dai futili motivi. Il processo si svolgeva nelle forme del rito abbreviato; la persona offesa, mediante missiva inviata dalla casa circondariale dove era detenuto, richiedeva di essere sentito sui fatti. Il Tribunale di Roma – sezione g.u.p. - riqualificava il fatto contestato in lesioni personali gravissime di cui all’art.583.2/n.4 c.p. ed escludeva, altresì, l’aggravante dei futili motivi.

Sentenza giudiziaria

A carico dell’imputato vi erano num. 2 Sentenze irrevocabili di cui: 1. Anni 4 e mesi 8 di reclusione € 20.000,00 di multa; 2. Anni 3 e mesi 4 di reclusione € 13.000,00 di multa; Totale pena anni 8 e mesi 2 di reclusione € 33.000,00 di multa. Proponevo istanza di reato continuato che il Tribunale di Milano – sezione G.i.p. – riconosceva, rideterminando così la pena finale in anni 5, mesi 4 e 20 giorni di reclusione ed € 24.000,00 di multa.

Sentenza giudiziaria

Trattasi di un procedimento che si svolgeva innanzi al Tribunale dei Minorenni per detenzione ai fini di spaccio di stupefacenti, aggravato dall’ingente quantitativo. Durante la fase delle indagini preliminari al mio assistito veniva applicata la misura della custodia cautelare in carcere. All’esito del giudizio abbreviato, l’imputato veniva assolto per insufficienza della prova e pertanto, veniva revocata la misura.

Sentenza giudiziaria

A seguito di giudizio abbreviato il Tribunale di Civitavecchia condannava il mio assistito - sottoposto alla misura della custodia cautelare in carcere ed accusato di importare nel territorio nazionale 2765 grammi di sostanza stupefacente di tipo cocaina (13.780 dosi singole medie) - alla pena di 6 anni di reclusione, nonché alla multa di € 40.000,00. Con l’entrata in vigore della riforma Cartabia consigliavo al mio assistito di rinunciare a proporre impugnazione, in modo da ottenere un ulteriore sconto di pena, pari ad 1/6 di 6 anni. La pena finale così veniva ridotta a 5 anni di reclusione ed € 33.333,33.

Sentenza giudiziaria

Il Tribunale di Roma – sezione g.u.p. – riconosceva la totale estraneità del mio assistito per il reato così come descritto nel capo di imputazione (vedasi sentenza allegata) e pertanto, pronunciava sentenza di non luogo a procedere disponendo, altresì, il dissequestro della somma di € 1.800,00.