Avvocato Antonello Paoletti a Milano

Antonello Paoletti

Avvocato a milano


Informazioni generali

Benvenuti. Il mio nome è Antonello Paoletti. Sono Avvocato Penalista (esercito anche innanzi al Tribunale per i Minorenni). Sono iscritto alle Liste di Difensore d'Ufficio, perchè ritengo che tutti - indistintamente - abbiano diritto ad una difesa e a un giusto processo. Il mio Studio Legale si occupa anche di diritto Civile, Famiglia, Malasanità, Recupero Crediti, collaborando con fidati e preparati professionisti. Opero a livello nazionale e anche internazionale.

Esperienza


Recupero crediti

Lo studio svolge da anni attività di Recupero Crediti, applicando al meglio la nuova normativa e i nuovi negozi giuridici attuali. Obiettivo principale è riuscire ad ottenere da parte del debitore il pagamento del credito maturato stragiudizialmente, con evidente risparmio di costi e tempo per l'assistito.


Diritto penale

La materia del Diritto Penale è affascinante e altrettanto rigorosa. E' necessario oltre a fornire una difesa adeguata, un giusto processo, anche entrare in sintonia con il proprio assistito. Cerco di creare una sinergia con il mio assistito. Cura. Tutela. Giustizia.


Tutela dei minori

Sono specializzato in Diritto Minorile ed iscritto anche alle liste di difensore d'Ufficio innanzi al Tribunale per i Minorenni di Milano. Ho seguito un corso specializzato, organizzato dall'Università Statale di Milano. In tali ambiti sono un forte sostenitore di una precisa e dovuta specializzazione.


Altre categorie:

Unioni civili, Separazione, Divorzio, Domiciliazioni, Diritto civile, Diritto di famiglia, Eredità e successioni, Pignoramento, Contratti, Diritto tributario, Violenza, Stalking e molestie, Omicidio, Sostanze stupefacenti, Sfratto, Diritto dei trasporti terrestri, Incidenti stradali, Tutela del consumatore, Malasanità e responsabilità medica, Diritti umani, Arbitrato, Mediazione, Negoziazione assistita, Gratuito patrocinio, Risarcimento danni.


Referenze

Pubblicazione legale

Alcune precisazioni sull'Istanza ex art. 492 bis c.p.c..

Pubblicato su IUSTLAB

Dovute precisazioni. L‘art. 492 bis c.p.c. prevede che “ su istanza del creditore, il presidente del tribunale del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede, verificato il diritto della parte istante a procedere ad esecuzione forzata, autorizza la ricerca con modalità telematiche dei beni da pignorare… ”. Con l'introduzione di tale nuovo articolo nel nostro codice di procedura civile il legislatore ha inteso regolare un importante strumento al fine di evitare che possano rimanere occultati i beni espropriabili del debitore. Il provvedimento in esame è ovviamente affidato all’autorità giudiziaria (in particolare l'Istanza viene rivolta al Presidente del tribunale ovvero a un giudice delegato. L'atto introduttivo predisposto dal legale procedente è una vera e proprie Istanza del creditore (ci sia permesso, espressione che pare una variante a-tecnica del più noto strumento che è il ‘ricorso’). Inoltre l'istanza deve contenere, tra l'altro: indirizzo di posta elettronica ordinaria e il numero di fax del difensore, nonché, ai fini dell’art. 547 c.p.c., l’indirizzo di posta elettronica certificata. Competenza: L'istanza va indirizzata al “Presidente del tribunale del luogo in cui il debitore ha la residenza, il domicilio, la dimora o la sede ”. Necessaria ovviamente l'esistenza di di un titolo esecutivo (provvedimento giurisdizionale immediatamente esecutivo o definitivo, spedito in forma esecutiva, ovvero altri atti menzionati dall’art. 474 c.p.c. in forma completa; Precetto: è necessario dare dimostrazione del perfezionamento della notificazione; decorrenza del termine dilatorio ex art. 482 c.p.c.; che sia ancora efficace e dunque non sia maturata la decadenza ex art. 481 c.p.c.; Altre allegazioni: laddove il debitore sia una persona fisica va necessariamente allegato il certificato anagrafico di residenza con la relata (anche ex art. 143 c.p.c.); in caso di notifica telematica, la stampa della pagina tratta da Inipec che rechi chiaramente l'indirizzo di posta elettronica del destinatario della notifica; se il debitore è una società, la visura camerale aggiornata. Tempistiche inerenti il precetto: la domanda va proposta una volta decorso il termine di cui all’art. 482 c.p.c., disposizione secondo cui “ non si può iniziare l’esecuzione forzata prima che sia decorso il termine indicato nel precetto e in ogni caso non prima che siano decorsi dieci giorni dalla notificazione di esso ”. Il precetto inoltre non deve essere perento ai sensi dell’art. 481 c.p.c..

Titolo professionale

CORSO PERFEZIONAMENTO

UNIVERSITA' STATALE DI MILANO - 4/2019

CORSO DI PERFEZIONAMENTO : GIUSTIZIA PENALE MINORILE: IL MINORE AUTORE DI REATO

Pubblicazione legale

Il reato di “Revenge Porn” ovvero la diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti.

Pubblicato su IUSTLAB

Quante volte abbiamo sentito parlare di Revenge Porn? Esso è – purtroppo – un fenomeno diffuso sempre più in molti paesi occidentali e ovviamente anche in Italia. Sostanzialmente si tratta di una vera e propria “vendetta” (da qui la parola inglese 'revenge' che appunto significa vendetta) nei confronti della vittima realizzata con il diffondere immagini private ovvero video che abbiano un contenuto sessuale esplicito della stessa. Una condotta che potremmo inserire tra il c.d. cyber-bullismo e il c.d. Reato di stalking previsto dall'art. 612-bis del codice penale. Molti stati, tra cui ricordiamo ad esempio il Regno Unito, puniscono detta tipologia di reato come un reato del tutto autonomo e ciò ha portato ad una drastica riduzione dello stesso. Anche nel nostro paese, a seguito dell'approvazione - da parte del nostro legislatore - di un emendamento di modifica del co dice penale è stato introdotto l'art. 612 ter c.p. intitolato appunto “ Diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti ” . Norma finalmente introdotta dal legislatore (la proposta di legge fu ribattezzata “Codice Rosso”) che va principalmente a contrastare la c.d. violenza di genere e che inasprisce le pene previste per altri reati 'similari', giungendo ad infliggere una pena fino a sei anni di reclusione (escluse le aggravanti che esamineremo infra) . Come è agevole notare l'art. 612 ter è preceduto, nel codice di rito, dall'art. 612 bis (ovvero reato di atti persecutori, il c.d. Stalking) e dall'art. 612 c.p. relativo al reato di minaccia. Il nostro legislatore ha voluto chiaramente porre una continuità tra questa tipologia di reati. Esaminiamo compiutamente l'articolo 612 ter c.p., riguardante il c.d. Revenge Porn (volendo tradurre il termine potremmo intendere una sorta di 'vendetta' a sfondo pornografico) . Il primo comma recita: “ S alvo che il fatto costituisca più grave reato, chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate, è punito con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da euro 5.000 a euro 15.000 ” L'oggetto della condotta sono chiaramente tutti quei video e tutte quelle immagini che abbiano un “contenuto espressamente esplicito”, il primo comma punisce quindi chiunque, dopo averli realizzati o sottratti, invia, consegna, cede, pubblica o diffonde immagini o video a contenuto sessualmente esplicito, destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone rappresentate. Non necessariamente dunque il soggetto del reato deve essere l'autore della ripresa del video o delle immagini, atteso che viene ricompresa nella fattispecie in parola anche la mera sottrazione del video o di una immagine e chiaramente la successiva divulgazione delle stesse. In tal senso la condotta in esame risulta essere estremamente esplicita nella sua modalità di realizzazione del reato: resta quindi esclusa la detenzione del materiale ad uso strettamente personale. Per “sottrazione” deve intendersi una sottrazione violenta o comunque avvenuta in modo fraudolento. In caso contrario, laddove il soggetto passivo ovvero la vittima cedesse spontaneamente le immagini o i video all'agente, in tal caso la norma fornisce comunque una tutela che tuttavia rientra nell'ipotesi di cui al comma secondo dell'articolo in parola. E' chiaro che il reato sussiste laddove e solo laddove manchi il consenso della persona ritratta nel video o nelle immagini incriminate. Appare chiaro che dunque il consenso debba essere del tutto libero e non viziato in alcun modo e chiaramente consenso avuto da un soggetto capace di intendere di volere. Il secondo comma recita: “ La stessa pena si applica a chi, avendo ricevuto o comunque acquisito le immagini o i video di cui al primo comma, li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso delle persone rappresentate al fine di recare loro nocumento”. Ricollegandoci a quanto dicevamo poco fa il comma secondo dell'art. 612-ter c.p. Punisce con le medesime sanzioni di cui al primo comma anche coloro che avendo ricevuto o acquisito le immagini o i video li invia, consegna, cede, pubblica o diffonde senza il consenso dei soggetti ritratti o ripresi . Il punto finale del secondo comma è molto importante... in quel “al fine di recare loro nocumento” si richiama il c.d. “dolo specifico” e dunque il recare un danno alle persone oggetto dei video o delle immagini. Per comprendere cosa la norma intende per nocumento ci viene in soccorso la giurisprudenza la quale chiarisce che per nocumento si deve intendere “ un pregiudizio giurid icamente rilevante di qualsiasi natura, patrimoniale e non, cagionato sia alla persona alla quale i dati illecitamente trattati si riferiscono sia a terzi quale conseguenza della condotta illecita .” (si confronti sul punto Corte di Cassazione Penale – Sezione III, sentenza n. 15221, 23 novembre 2016). Il terzo comma del reato in parola prevede poi che “ La pena è aumentata se i fatti sono commessi dal coniuge, anche separato o divorziato, o da persona che è o è stata legata da relazione affettiva alla persona offesa ovvero se i fatti sono commessi attraverso strumenti informatici o telematici” . Ovviamente il terzo comma introduce quello che si definisce aumento di pena. Si prevede dunque che la pena è aumentata se i fatti sono stati commessi da dei soggetti specifici, o meglio i c.d. soggetti qualificati . E' agevole comprendere quali essi siano: il coniuge – anche separato o divorziato – ovvero altre persone che sono o sono state legate da una relazione affettiva con la vittima oggetto del revenge porn. Il legislatore ha inteso inasprire ancor più la pena ovviamente perchè in tal caso il soggetto autore del reato è una persona a cui la vittima è od è stata legata e astrattamente il pretium doloris sopportato potrebbe essere di gran lunga maggiore rispetto a video posto in essere da un soggetto 'estraneo'. Altri aumenti di pena sono previsti dal comma IV^ dell'articolo in parola, il quale prevede che : “ La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono commessi in danno di persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza ”. In tal caso la norma è estremamente più rigida e aspra e tesa ad offrire e garantire una sorta di tutela rafforzata. La pena infatti è aumentata da un terzo alla metà se i fatti sono stati commessi nei confronti di un soggetto c.d. 'debole' ovvero una persona in condizione di inferiorità fisica o psichica o in danno di una donna in stato di gravidanza. Il comma V^ infine recita “Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei mesi. La remissione della querela può essere soltanto processuale. Si procede tuttavia d'ufficio nei casi di cui al quarto comma, nonché quando il fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio. Tale comma ricalca sostanzialmente il capoverso previsto dall'art. 612.bis c.p., il c.d. Stalking. Il reato di revenge porn è perseguibile, di regola, a querela della persona offesa e soprattutto entro il termine di sei mesi. Si noti subito che l'ordinario termine previsto dalla norma è di tre mesi. Anche in tal caso il Legistlatore ha voluto rafforzare la tutela per simili tipologie di reato e il motivo è ben chiaro ovviamente. Va da sé che il reato in esame sarà invece perseguibile anche d'ufficio laddove la vittima sia un soggetto previsto dai casi di cui al comma precedentemente esaminato. NO alla violenza di genere!

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Lo studio

Avv. Antonello Paoletti
Corso Di Porta Vittoria N. 46
Milano (MI)

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