Nell’affrontare un reato, purtroppo ampiamente diffuso in tutto il territorio dello stato, non può non evidenziarsi che il c.d. furto di energia elettrica, inteso come fattispecie autonoma e specifica nel Codice Penale, non esiste.
Non esiste, quindi, un articolo dedicato esclusivamente a questa fattispecie che ricade, pertanto, all’interno della figura più ampia del furto comune o, meglio ancora, al furto aggravato.
In quanto tale si tratta di un reato perseguibile d’ufficio, non essendo necessaria alcuna querela o l’intervento della persona fisica o giuridica offesa.
L’articolo 624 del Codice Penale individua la condotta del furto come quella posta in essere da «Chiunque s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 154 a euro 516. Agli effetti della legge penale, si considera cosa mobile anche l’energia elettrica e ogni altra energia che abbia un valore economico».
L’ultimo comma, in particolare, chiarisce che l’energia elettrica, così come l’energia termica ed il gas, debba essere considerata un bene mobile, avente valore economico, che può oggetto di una sottrazione o impossessamento.
Il furto di energia elettrica è spesso considerato come furto aggravato ed è punibile, in quanto tale, con la reclusione da due a sei anni e con una multa da 927 euro a 1500 euro.
Il Codice Penale all’art. 625, comma 2, definisce il furto “aggravato” quando il reato è commesso con violenza sulle cose, con mezzi fraudolenti, da un gruppo di persone o su beni necessariamente esposti alla “pubblica fede”.
Tutte queste circostanze sono ritenute aggravanti e, tra queste, rientra quindi chi manomette il contatore della luce o chi, in altro modo, riesce a sottrarre l’energia elettrica.
In modo concreto il furto di energia elettrica può configurarsi nella condotta mediante:
– Allacciamento abusivo direttamente ai cavi della rete;
– Allacciamento abusivo di utenza distaccata;
– Collegamento al cavo di alimentazione di un altro utente;
– Rottura del sigillo del distributore in modo da bypassare il proprio contatore e non pagare la corrente usata;
– Manomissione del contatore tramite una calamita o un magnete: il contatore viene così rallentato e il consumo segnato è notevolmente inferiore;
– Manomissione del contatore tramite software o altri mezzi fraudolenti.
Proprio la varietà di modalità con cui può realizzarsi la fattispecie di furto in esame ha portato, inevitabilmente, al proliferare dei più svariati orientamenti giurisprudenziali.
In particolare, non possono non richiamarsi le pronunce della Corte appello Cagliari sez. II, 05/02/2021, n.725 e del Tribunale di Trieste n.368 del 25/03/2021, con la quale si è ritenuto che le difficoltà economiche non possano costituire giustificato motivo dello stato di necessità, esimente dalla responsabilità penale per il furto di energia elettrica attuato mediante l’abusivo allaccio alla rete.
Si tratta evidentemente sentenze che richiamano i principi già enucleati dalla Cassazione penale sez. IV, 11/12/2018, n.121 secondo cui: “in tema di furto di energia elettrica, una situazione di difficoltà economica non può essere invocata ai fini del riconoscimento della causa di giustificazione ex art. 54 cod. pen., essendo possibile vedersi garantiti i bisogni primari da parte degli enti preposti all’assistenza sociale”.
Secondo la Corte appello Lecce, 10/05/2021, n.339 <<Integra il reato di furto di energia elettrica aggravato dalla violenza sulle cose, la condotta di chi abbia attaccato un cavo ad una fornitura attiva, utilizzando un bypass, dotato di meccanismi di regolazione dell’attivazione mediante un interruttore a comando>>.
Risponde del reato di furto di energia elettrica, aggravato dalla violenza sulle cose, colui che si sia avvalso consapevolmente dell’allaccio abusivo alla rete di distribuzione realizzato da terzi. (Cassazione penale sez. V, 30/04/2021, n.24592)
Nel furto di energia elettrica sussiste l’aggravante in caso di utilizzo di un capo privato mediante l’allaccio diretto alla rete elettrica in spregio della presenza di un contatore regolare. (Tribunale Napoli sez. V, 20/04/2021, n.3413)
Il furto di energia elettrica realizzato con l’apposizione di un magnete collocato all’esterno del contatore e idoneo ad alterare la registrazione dei consumi, è aggravato dal mezzo fraudolento (articolo 625, comma 1, numero 2, seconda ipotesi, del Cp), in quanto trattasi di condotta che si risolve in un espediente o malizioso accorgimento diretto a superare la naturale custodia e protezione della cosa.
Non è invece ravvisabile l’aggravante della violenza sulle cose (articolo 625, comma 1, numero 2, prima ipotesi, del Cp), perché questa si realizza solo allorquando il soggetto, per commettere il fatto, “manometta” la cosa in modo che, per riportarla ad assolvere la sua naturale funzione, sia necessaria un’attività di ripristino: l’apposizione del magnete, infatti, non determina alcuna manomissione, ma si risolve in una semplice manipolazione, che non implica alcuna rottura, guasto, danneggiamento, trasformazione o mutamento di destinazione, per cui sia necessaria un’attività di ripristino. (Cassazione penale sez. V, 15/04/2021, n.19937 – Tribunale Torre Annunziata, 21/11/2018, n.2979)
Integra il reato di furto di energia elettrica in danno del condomino la condotta attuata mediante il collegamento di un cavo elettrico ad una plafoniera condominiale che condotta nell’abitazione privata dell’imputato, non rilevando la circostanza che il bene oggetto di furto fosse sotto il controllo della p.o. In siffatta ipotesi è integrata anche l’aggravante di aver agito su beni esposti alla pubblica fede. (Tribunale Trieste, 25/03/2021, n.368)
Creare degli allacci abusivi sulle linee del vicino di casa, mediante allaccio di fili e creazione di ponti artigianali, al fine di sfruttare le di lui forniture a proprio vantaggio, condotta riproposta più volte a seguito dell’intervento del legittimo proprietario per ripristinare la regolarità della situazione è una condotta atta ad integrare gli elementi oggettivi e soggettivi propri del furto aggravato di energia elettrica. (Tribunale Gorizia, 10/08/2020, n.206)
Sussiste l’aggravante della violenza sulle cose nel furto di energia elettrica quando sia stato posto in essere mediante la manomissione dei fili, seppur marginale e ridotto. (Tribunale Taranto sez. I, 21/04/2020, n.182)
In tema di furto, le circostanze aggravanti previste dall’art. 625, comma 1, n. 2, c.p., della violenza sulle cose e del mezzo fraudolento possono concorrere tra loro in ragione della diversa oggettività giuridica. (Cassazione penale sez. IV, 11/02/2020, n.8860)
In tema di furto di energia elettrica, l’aggravante della violenza sulle cose – prevista dall’art. 625, primo comma, n. 2), cod. pen. – è configurabile anche quando l‘allacciamento abusivo alla rete di distribuzione venga materialmente compiuto da persona diversa dall’agente che si limiti a fare uso dell’allaccio altrui, trattandosi di circostanza di natura oggettiva, valutabile a carico dell’agente se conosciuta o ignorata per colpa, con la conseguenza che la distinzione tra l’autore della manomissione e il beneficiario dell’energia può rilevare, ai fini della configurabilità del reato o della circostanza aggravante, solo nel caso in cui incida sull’elemento soggettivo. (Cassazione penale sez. IV, 05/02/2020, n.5973)
In tema di furto di energia elettrica, costituisce mezzo fraudolento e, pertanto, integra l’aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 2 cod. pen., l’allacciamento abusivo alla rete esterna mediante un cavo volante per la sottrazione dell’energia elettrica. (Cassazione penale sez. V, 23/09/2019, n.5055)
In materia di furto di energia elettrica, le sanzioni previste dall’art. 59 d.lg. 26 ottobre 1995, n. 504, hanno natura amministrativa ed assolvono ad un’autonoma funzione ripristinatoria del bene giuridico leso, da individuare nella sottrazione del consumo all’imposta, e non hanno finalità punitive, in quanto producono effetti sul soggetto obbligato all’adempimento fiscale, indipendentemente dall’essere o meno quest’ultimo l’autore dell’abusivo prelievo, sicché la loro irrogazione non comporta la violazione del principio del “ne bis in idem” convenzionale, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo Corte europea dei diritti dell’uomo, sez. II, 4 marzo 2014 n. 18640/10. (Cassazione penale sez. V, 06/06/2019, n.38717)
In tema di furto di energia elettrica, lo stato di flagranza che consente l’arresto non presuppone che l’autore del furto sia sorpreso nell’atto di manomettere il contatore o di effettuare l’allacciamento abusivo, essendo sufficiente che la captazione di energia elettrica sia in corso e che la condotta integrante l’aggravante di cui all’art. 625, n. 2) c.p. sia stata preventivamente posta in essere per consentire l’impossessamento. (Cassazione penale sez. IV, 10/10/2019, n.43693)
In tema di furto di energia elettrica, la realizzazione di un allaccio abusivo mediante collegamento diretto alla rete elettrica, da cui consegua la sottrazione di energia all’ente fornitore, comporta un necessario uso della violenza sulle cose, funzionalmente alla manomissione dell’impianto, così da integrare l’aggravante della violenza sulle cose (articolo 625, numero 2, del codice penale). (Cassazione penale sez. IV, 18/01/2019, n.18329)
Nell’ordinamento processuale penale, pur non essendo previsto un onere probatorio a carico dell’imputato, modellato sui principi propri del processo civile, è tuttavia prospettabile un onere di allegazione, in virtù del quale lo stesso è tenuto a fornire le indicazioni e gli elementi necessari all’accertamento di fatti e circostanze ignoti che siano idonei, ove riscontrati, a volgere il giudizio in suo favore. (Nella specie la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza impugnata che, in relazione a una contestazione di furto di energia elettrica, aveva escluso la scriminante del consenso dell’avente diritto, non avendo l’imputato fornito specifiche indicazioni sull’identità del vicino di casa che, a suo dire, lo aveva autorizzato ad accedere al suo contatore). (Cassazione penale sez. IV, 12/12/2018, n.12099)
Il termine di prescrizione del delitto di furto di energia elettrica decorre dall’ultima delle plurime captazioni di energia, che costituiscono i singoli atti di un’unica azione furtiva a consumazione prolungata. (Cassazione penale sez. IV, 15/11/2018, n.53456)
In tema di furto di energia elettrica, il posizionamento di un magnete di forma cubica sopra il misuratore del consumo di energia, che alteri, rallentandolo, il conteggio dei kilowatt/ora effettivamente consumati, non richiama tanto l’aggravante della violenza sulle cose (che richiede un’ attività fisica del soggetto dotata di una sua materiale consistenza autonoma come lo smontaggio o il taglio di cavi, la rottura del misuratore, l’effrazione dei rivetti di chiusura, etc.), quanto quella del mezzo fraudolento, consistito nell’alterare, con uno stratagemma occultato ad arte dietro uno sportellino, il conteggio dell’energia erogata. (Tribunale Napoli sez. I, 02/11/2018, n.10293)
Non sussiste il reato di furto di energia elettrica se, nonostante la manomissione del contatore, non vi sia stata alcuna sottrazione dell’energia elettrica risultando i consumi minori dei calcoli di ricostruzione dei consumi presuntivi. (Tribunale S.Maria Capua V. sez. III, 12/10/2018, n.4120)
Il reato di furto di energia elettrica mediante allaccio diretto al contatore Enel di cui agli artt. 624 e 625, n. 2, c.p., ricade astrattamente nell’alveo normativo di un delitto con pena massima edittale di tre anni, pertanto il temine di prescrizione matura in sette anni e mezzo. (Tribunale Napoli sez. I, 07/11/2018, n.11136)
Messaggi whatsapp e sms: prove documentali acquisibili in dibattimento mediante riproduzione fotografica a cura degli inquirenti
Con sentenza n. 31364 del 14 aprile 2022, depositata il 22 agosto 2022, la sesta sezione penale della Corte di Cassazione ha ribadito il seguente principio di diritto: i messaggi whatsapp così come gli sms conservati nella memoria di un apparecchio cellulare hanno natura di documenti ai sensi dell’art. 234 c.p.p., di tal che la relativa attività acquisitiva non soggiace alle regole stabilite per la corrispondenza, né tantomeno alla disciplina delle intercettazioni telefoniche.
Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, i messaggi whatsapp così come gli sms conservati nella memoria di un apparecchio cellulare hanno natura di documenti ai sensi dell’art. 234 c.p.p., di tal che la relativa attività acquisitiva non soggiace alle regole stabilite per la corrispondenza, né tantomeno alla disciplina delle intercettazioni telefoniche, con l’ulteriore conseguenza che detti testi devono ritenersi legittimamente acquisiti ed utilizzabili ai fini della decisione ove ottenuti mediante riproduzione fotografica a cura degli inquirenti (Cass. pen., sez. VI, 12 novembre 2019, n. 1822; nello stesso senso, Cass. pen., sez. III, 6 novembre 2019, n. 8332; Cass. pen., sez. III, 25 novembre 2015, n. 928).
I dati informatici acquisiti dalla memoria del telefono in uso all’indagata (sms, messaggi whatsApp, messaggi di posta elettronica “scaricati” e/o conservati nella memoria dell’apparecchio cellulare) hanno natura di documenti ai sensi dell’art. 234 c.p.p., di tal che la relativa attività acquisitiva non soggiace né alle regole stabilite per la corrispondenza, né tantomeno alla disciplina delle intercettazioni telefoniche.
Si ribadisce che ai messaggi WhatsApp e SMS rinvenuti in un telefono cellulare sottoposto a sequestro non sia applicabile la disciplina dettata dall’art. 254 c.p.p., in quanto tali testi non rientrano nel concetto di “corrispondenza”, la cui nozione implica un’attività di spedizione in corso o comunque avviata dal mittente mediante consegna a terzi per il recapito (Cass. pen., sez. III, 25 novembre 2015, n. 928).
Né, d’altra parte, può ritenersi trattarsi degli esiti di un’attività di intercettazione, la quale postula, per sua natura, la captazione di un flusso di comunicazioni in corso, là dove i dati presenti sulla memoria del telefono acquisiti ex post costituiscono mera documentazione di detti flussi.
Si deve pertanto affermare il principio di diritto secondo il quale i messaggi whatsapp così come gli sms conservati nella memoria di un apparecchio cellulare hanno natura di documenti ai sensi dell’art. 234 c.p.p., di tal che la relativa attività acquisitiva non soggiace alle regole stabilite per la corrispondenza, né tantomeno alla disciplina delle intercettazioni telefoniche, con l’ulteriore conseguenza che detti testi devono ritenersi legittimamente acquisiti ed utilizzabili ai fini della decisione ove ottenuti mediante riproduzione fotografica a cura degli inquirenti.
In applicazione di tale principio di diritto, nella specie, i messaggi rinvenuti nella memoria del telefono cellulare dell’imputato risultano, pertanto, essere stati del tutto legittimamente acquisiti al processo e utilizzati ai fini della decisione, giusta la loro natura documentale ex art. 234 c.p.p. e la conseguente acquisibilità con una qualunque modalità atta alla raccolta del dato, inclusa la riproduzione fotografica
Sono Aurora Alaimo la mia attività è stata incentrata in ambito civile sulle locazioni, sulle amministrazioni di sostegno, sulle successioni, sul risarcimento danni, sul recupero crediti e sulla tutela dei diritti patrimoniali e possessori, sulle controversie relative ai diritti del viaggiatore, sul diritto bancario e sulle controversie vertenti la materia condominiale (avendo conseguito presso l’ARAI di Palermo l’abilitazione come amministratore di condominio). Per ciò che riguarda l’ambito penale ho maturato una concreta e valida esperienza anche come Difensore d’ufficio.
Ho maturato esperienza nel ricercare e seguire aste per un noto marchio.
Ho seguito svariate rinunce all'eredità, nonché accettazioni con beneficio d'inventario, cercando di risolvere le problematiche patrimoniali e personali che spesso insorgono in seguito al venir meno di una persona cara.
Ho seguito separazioni di ogni tipo, fornendo assistenza sia per la separazione congiunta che giudiziale e cercando di favorire quando possibile il raggiungimento di un accordo condiviso.
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