Avvocato Aurora Alaimo a Palermo

Aurora Alaimo

Avvocato civilista e penalista a Palermo


Informazioni generali

Sono Aurora Alaimo la mia attività è stata incentrata in ambito civile sulle locazioni, sulle amministrazioni di sostegno, sulle successioni, sul risarcimento danni, sul recupero crediti e sulla tutela dei diritti patrimoniali e possessori, sulle controversie relative ai diritti del viaggiatore, sul diritto bancario e sulle controversie vertenti la materia condominiale (avendo conseguito presso l’ARAI di Palermo l’abilitazione come amministratore di condominio). Per ciò che riguarda l’ambito penale ho maturato una concreta e valida esperienza anche come Difensore d’ufficio.

Esperienza


Incapacità giuridica

Nel corso del tempo mi sono occupata di svariate pratiche di nomina di amministratori si sostegno ed in generale di problematiche legate alla gestione di soggetti sottoposti a tutela e/o amministrazione di sostegno.


Eredità e successioni

Ho seguito svariate rinunce all'eredità, nonché accettazioni con beneficio d'inventario, cercando di risolvere le problematiche patrimoniali e personali che spesso insorgono in seguito al venir meno di una persona cara.


Separazione

Ho seguito separazioni di ogni tipo, fornendo assistenza sia per la separazione congiunta che giudiziale e cercando di favorire quando possibile il raggiungimento di un accordo condiviso.


Altre categorie:

Divorzio, Matrimonio, Fallimento e proc. concorsuali, Recupero crediti, Pignoramento, Aste giudiziarie, Diritto condominiale, Diritto civile, Diritto di famiglia, Diritto assicurativo, Contratti, Diritto del lavoro, Diritto penale, Violenza, Reati contro il patrimonio, Sostanze stupefacenti, Diritto immobiliare, Locazioni, Sfratto, Incidenti stradali, Multe e contravvenzioni, Tutela del consumatore, Mediazione, Negoziazione assistita, Gratuito patrocinio, Domiciliazioni, Diritto bancario e finanziario, Usura, Stalking e molestie, Risarcimento danni.


Referenze

Titolo professionale

Master in Diritto Bancario “Modulo I - Contratti di Credito”

Ascheri Academy Ltd - 1/2022

Il Master ha riguardato l'approfondimento delle seguenti tematiche relative alle banche e all'attività bancaria: » disciplina dei contratti di credito nel codice civile e nel testo unico bancario » forma dei contratti bancari » contenuto minimo dei contratti bancari » modifiche unilaterali dei contratti bancari nella giurisprudenza (art. 118 TUB) » diritto all’informazione bancaria e strumenti di raccolta documenti bancari (art. 119 TUB) » varie tipologie di interessi » indeterminatezza dei tassi d’interesse (Tribunale di Campobasso, 26 marzo 2020) » clausole floor » questioni varie in tema di piani di ammortamento » indicatori sintetici di costo (ISC) » commissioni bancarie

Pubblicazione legale

Il contratto di agenzia

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Il rapporto di agenzia è caratterizzato dalla stipula di un contratto, con cui l’agente si impegna stabilmente a promuovere, a fronte di un corrispettivo, la conclusione di contratti in una determinata zona per conto dell’azienda preponente. Tale contratto può essere a tempo determinato o indeterminato. L’accordo AEC stabilisce espressamente che “ l’agente o rappresentante esercita la sua attività in forma autonoma ed indipendente, nell’osservanza delle istruzioni impartite dal preponente ai sensi dell’art. 1746 c.c. senza obblighi di orario di lavoro e di itinerari predeterminati. Le istruzioni di cui all’art. 1746 c.c. devono tener conto dell’autonomia operativa dell’agente o rappresentante, il quale, tenuto ad informare costantemente la casa mandante sulla situazione del mercato in cui opera, non è tenuto peraltro a relazioni con periodicità prefissata sulla esecuzione della sua attività. ” La figura dell’agente è normativamente e contrattualmente inserita nella categoria dei lavoratori autonomi . Cosa succede, quindi, in caso di cessazione del rapporto di agenzia? Conclusosi il rapporto, sia per scadenza naturale che per volontà delle parti, all’agente spetta il riconoscimento delle indennità previste dalla normativa specifica dettata in materia. Le indennità per lo scioglimento del contratto si distinguono in contrattuali (indicate nell’Accordo Economico Collettivo-2014) e legali (v. Art. 1751 c.c.) e sono tra di loro alternative. Per quanto riguarda l’indennità legale disciplinata dal Codice Civile all’art. 1751 c.c. va precisato che si caratterizza per più stringenti oneri probatori, per una scarsa probabilità di accoglimento della domanda e per lo svantaggio economico derivante dalla detrazione dell’importo delle somme maturate a titolo di FIRR dall’eventuale indennità riconosciuta. Altro profilo è quello delle indennità contrattuali disciplinate dall’Accordo Economico Collettivo, relativamente alle quali è intervenuta anche la Corte di Giustizia UE (C.Giust. CE/23 marzo 2006 C-465/04) che, facendo proprio l’orientamento giurisprudenziale prevalente, ha ritenuto che le indennità previste dagli AEC costituiscano un “trattamento minimo garantito” per l’agente e che, proprio per tale motivo, gli vadano sempre corrisposte. Passando all’esame delle singole indennità previste e disciplinate dall’Accordo Economico Collettivo, individuiamo: L’indennità per il mancato preavviso : dovuta esclusivamente nelle ipotesi la risoluzione unilaterale del mandato sia stata esercitata da parte della preponente (fatta salva l’ipotesi di una giusta causa) e va calcolata nella misura indicata dall’art. 9 AEC industria 2014 “ (…) in caso di recesso senza preavviso, l’agente ha diritto al pagamento di un’indennità sostitutiva a titolo di risarcimento pari a tanti dodicesimi delle provvigioni di competenza dell’anno solare precedente quanti sono i mesi di preavviso dovuti ”. L’indennità di risoluzione del rapporto (Firr): ovvero l’indennità di risoluzione del rapporto che è riconosciuta all’agente di commercio anche se non vi sia stato da parte sua alcun incremento della clientela e/o del fatturato. Il FIRR è calcolato sulla base delle provvigioni maturate e liquidate fino al momento della cessazione del rapporto. L’indennità de qua è stabilita nella misura del 3% dell’ammontare delle provvigioni liquidate nel corso del contratto con i limiti di cui all’art. 13, capo I dell’AEC. A decorrere del 1° gennaio 2002 l’indennità per lo scioglimento del contratto a tempo indeterminato è stabilita nella misura dell’1% (uno per cento) dell’intero ammontare delle provvigioni liquidate all’agente o rappresentante, e integrata nelle misure del 3% (tre per cento) fino al limite di 6.200,00 euro di provvigioni liquidate per ciascun anno e dell’1% (uno per cento) per la parte di provvigioni liquidate per ciascun anno tra 6.200,00 euro e 9.300,00 euro; per gli agenti e/o rappresentanti impegnati ad esercitare in esclusiva, i limiti di 6.200,00 euro e 9.300,00 euro sono elevati, rispettivamente, a 12.400,00 euro e 18.600,00 euro. Monomandatari 4% sulle provvigioni fino a 12.400,00 €/anno; 2% sulla quota delle provvigioni tra 12.400,01 e 18.600,00; 1% sulla quota delle provvigioni oltre 18.600,01. La liquidazione del menzionato contributo viene effettuata alla cessazione del mandato di agenzia mediante istanza inviata esclusivamente on line direttamente alla fondazione Enasarco, per quanto riguarda i contributi già accantonati. Il contributo Firr relativo all’ultimo anno del mandato di agenzia viene liquidato dall’impresa preponente direttamente all’ex agente, con tempi e modi stabiliti in accordo tra le parti. L’ indennità suppletiva di clientela: Se il contratto di agenzia si conclude per volontà della casa mandante e per fatto non imputabile all’Agente di commercio, l’indennità suppletiva di clientela sarà corrisposta direttamente dalla preponente all’Agente di commercio in aggiunta all’Indennità di fine rapporto FIRR. I presupposti per il diritto all’indennità suppletiva di clientela sono i seguenti, alternativi tra loro: – il contratto si scioglie ad iniziativa dell’agente per circostanze attribuibili alla casa mandante; – il contratto di scioglie ad iniziativa dell’agente per malattia, infermità per cui non possa ragionevolmente richiedersi la prosecuzione del rapporto; – il contratto si scioglie ad iniziativa dell’agente per il raggiungimento dei requisiti per il pensionamento Enasarco o INPS; – il contratto si scioglie per morte dell’agente. Detta indennità va calcolata sull’ammontare globale delle provvigioni per le quali è sorto il diritto al pagamento per tutta la durata del rapporto, tenendo presente che per gli affari conclusi successivamente al 1° gennaio 1989 viene riconosciuta una percentuale pari al: 3% sulle provvigioni maturate nei primi tre anni di durata del rapporto di agenzia; 3,50% sulle provvigioni maturate dal quarto al sesto anno compiuto; 4% sulle provvigioni maturate negli anni successivi. L’indennità meritocratica: relativamente alla quale L’AEC Industria prevede un calcolo piuttosto strutturato, oltre al fatto che ne prevede il riconoscimento all’agente solamente nel caso in cui il valore complessivo risulti superiore alla somma delle due indennità sopra analizzate (FIRR + suppletiva), e va determinata come segue: Si individua il valore dell’incremento della clientela e/o giro d’affari prendendo in considerazione il volume complessivo dei guadagni provvigionali e di ogni altro compenso percepito dall’agente o rappresentante di commercio. Nel caso di rapporti di agenzia e rappresentanza commerciale, che all’atto della cessazione, siano in corso da oltre 10 anni, il valore dell’incremento si determina in base alla differenza tra la media annua delle provvigioni di competenza dell’agente o rappresentante negli ultimi tre anni di durata del rapporto (ultime dodici liquidazioni trimestrali) e la media annua delle provvigioni di competenza dell’agente o rappresentante nei primi tre anni di durata del rapporto (prime dodici liquidazioni trimestrali, rivalutate secondo gli indici Istat per i crediti di lavoro). Il raffronto tra dati iniziali e dati finali di cui ai precedenti commi va effettuato in termini omogenei. Pertanto, in caso di variazioni in aumento o in diminuzione intervenute nel corso del rapporto e riguardanti il territorio, la clientela, i prodotti, le provvigioni, gli effetti di dette variazioni vanno neutralizzati, non potendo comportare né oneri né vantaggi per nessuna delle parti, ai fini specifici qui considerati. Si individua il “periodo di prognosi” , come da tabella che segue, in base alla tipologia di agente o rappresentante ed alla durata del rapporto, stimando così la durata del periodo nel corso del quale la ditta preponente continuerà a trarre vantaggi dall’attività svolta dall’agente o rappresentante; TIPOLOGIA PERIODO DI PROGNOSI (ANNI DI PROIEZIONE) TASSO DI MIGRAZIONE Agente monomandatario con durata inferiore o uguale a 5 anni 2,25 15% Agente monomandatario con durata superiore a 5 anni e inferiore o uguale a 10 anni 2,75 20% Agente monomandatario con durata superiore a 10 anni 3,25 35% Agente plurimandatario con durata inferiore o uguale a 5 anni 2,00 17% Agente plurimandatario con durata superiore a 5 anni e inferiore o uguale a 10 anni 2,50 22% Agente plurimandatario con durata superiore a 10 anni 3,00 37% Si determina il “tasso di migrazione” della clientela , come da tabella sopra riportata, in base alla tipologia di agente o rappresentante ed alla durata del rapporto contrattuale; Si sottrae, per il primo anno del periodo di prognosi il citato tasso di migrazione dal valore dell’incremento di cui al punto (1) . Per gli anni successivi del periodo di prognosi il medesimo tasso di migrazione viene sottratto dal valore determinato per l’anno di prognosi precedente. Si sommano i risultati così ottenuti; Si diminuisce forfetariamente l’importo ottenuto di una percentuale variabile pari: al 10% per i contratti di agenzia di durata inferiore o uguale a 5 anni; al 15% per i contratti di agenzia di durata superiore a 5 anni ed inferiore o uguale a 10 anni; al 20% per i contratti di agenzia di durata superiore a 10 anni. Si confronta l’indennità meritocratica calcolata in base ai precedenti punti con il valore massimo dell’indennità previsto dal terzo comma dell’art. 1751 Codice Civile , qualora l’importo calcolato ecceda il tetto massimo l’indennità sarà pari a quest’ultimo; Si detrae dall’indennità meritocratica ottenuta l’indennità di risoluzione. Termini di prescrizione e decadenza delle domande. L’agente di commercio per richiedere le indennità di fine rapporto deve rispettare 2 termini. Il termine breve di 1 anno , che decorre da quando cessa il rapporto di agenzia (non da quando parte il preavviso). Entro tale termine l’agente deve, a pena di decadenza, fare richiesta scritta di pagamento delle indennità. Si tratta di una richiesta che non esige una particolare forma o contenuto, essendo sufficiente la semplice domanda di pagamento delle indennità, senza alcun’altra precisazione. Il termine di decadenza di un anno, secondo la giurisprudenza più recente, si applica anche alla richiesta delle indennità previste dagli A.E.C. (FIRR, indennità suppletiva di clientela, indennità meritocratica). Il secondo termine è quello “ordinario” di 10 anni che incomincia a decorrere dalla cessazione del rapporto . Al preavviso, al contrario, non si applica il termine di decadenza di 1 anno, previsto per le indennità di fine rapporto, e quindi l’agente potrebbe attendere anche più di un anno prima di inviare la prima richiesta. Se l’agente durante il rapporto ha maturato diritti ad altro titolo, come ad esempio: indennità di incasso, rimborsi spese pattuiti e non pagati, fissi provvigionali. Trattandosi di somme dovute con cadenza periodica, il termine di prescrizione in questo caso sarà di 5 anni come quello della prescrizione delle provvigioni. Nell’ipotesi invece di premi provvigionali, se si tratta di un riconoscimento “una tantum” il termine di prescrizione sarà pari a 10 anni. Qualora questi dovessero essere riconosciuti periodicamente, si applicherà il termine di “breve “di 5 anni. Chiarito quanto sopra, si precisa che l’indennità di fine rapporto è immediatamente esigibile sin dal giorno successivo alla cessazione del rapporto. È, comunque, necessario affidarsi ad un legale e/o ad un consulente per esaminare il caso concreto e ottenere calcoli più precisi necessari per istruire un eventuale ricorso e per accertare anche, relativamente agli ultimi 5 anni, se siano riscontrabili differenze tra quanto ricevuto a titolo di provvigioni e premi e quanto effettivamente ottenuto in sede di esecuzione del contratto.

Pubblicazione legale

Il reato di furto di energia elettrica.

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Nell’affrontare un reato, purtroppo ampiamente diffuso in tutto il territorio dello stato, non può non evidenziarsi che il c.d. furto di energia elettrica, inteso come fattispecie autonoma e specifica nel Codice Penale, non esiste. Non esiste, quindi, un articolo dedicato esclusivamente a questa fattispecie che ricade, pertanto, all’interno della figura più ampia del furto comune o, meglio ancora, al furto aggravato. In quanto tale si tratta di un reato perseguibile d’ufficio, non essendo necessaria alcuna querela o l’intervento della persona fisica o giuridica offesa. L’articolo 624 del Codice Penale individua la condotta del furto come quella posta in essere da «Chiunque s’impossessa della cosa mobile altrui, sottraendola a chi la detiene, al fine di trarne profitto per sé o per altri, è punito con la reclusione da sei mesi a tre anni e con la multa da euro 154 a euro 516. Agli effetti della legge penale, si considera cosa mobile anche l’energia elettrica e ogni altra energia che abbia un valore economico». L’ultimo comma, in particolare, chiarisce che l’energia elettrica, così come l’energia termica ed il gas, debba essere considerata un bene mobile, avente valore economico, che può oggetto di una sottrazione o impossessamento. Il furto di energia elettrica è spesso considerato come furto aggravato ed è punibile, in quanto tale, con la reclusione da due a sei anni e con una multa da 927 euro a 1500 euro. Il Codice Penale all’art. 625, comma 2, definisce il furto “aggravato” quando il reato è commesso con violenza sulle cose, con mezzi fraudolenti, da un gruppo di persone o su beni necessariamente esposti alla “pubblica fede”. Tutte queste circostanze sono ritenute aggravanti e, tra queste, rientra quindi chi manomette il contatore della luce o chi, in altro modo, riesce a sottrarre l’energia elettrica. In modo concreto il furto di energia elettrica può configurarsi nella condotta mediante: – Allacciamento abusivo direttamente ai cavi della rete; – Allacciamento abusivo di utenza distaccata; – Collegamento al cavo di alimentazione di un altro utente; – Rottura del sigillo del distributore in modo da bypassare il proprio contatore e non pagare la corrente usata; – Manomissione del contatore tramite una calamita o un magnete: il contatore viene così rallentato e il consumo segnato è notevolmente inferiore; – Manomissione del contatore tramite software o altri mezzi fraudolenti. Proprio la varietà di modalità con cui può realizzarsi la fattispecie di furto in esame ha portato, inevitabilmente, al proliferare dei più svariati orientamenti giurisprudenziali. In particolare, non possono non richiamarsi le pronunce della Corte appello Cagliari sez. II, 05/02/2021, n.725 e del Tribunale di Trieste n.368 del 25/03/2021, con la quale si è ritenuto che le difficoltà economiche non possano costituire giustificato motivo dello stato di necessità, esimente dalla responsabilità penale per il furto di energia elettrica attuato mediante l’abusivo allaccio alla rete. Si tratta evidentemente sentenze che richiamano i principi già enucleati dalla Cassazione penale sez. IV, 11/12/2018, n.121 secondo cui: “in tema di furto di energia elettrica, una situazione di difficoltà economica non può essere invocata ai fini del riconoscimento della causa di giustificazione ex art. 54 cod. pen., essendo possibile vedersi garantiti i bisogni primari da parte degli enti preposti all’assistenza sociale”. Secondo la Corte appello Lecce, 10/05/2021, n.339 <<Integra il reato di furto di energia elettrica aggravato dalla violenza sulle cose, la condotta di chi abbia attaccato un cavo ad una fornitura attiva, utilizzando un bypass, dotato di meccanismi di regolazione dell’attivazione mediante un interruttore a comando>>. Risponde del reato di furto di energia elettrica, aggravato dalla violenza sulle cose, colui che si sia avvalso consapevolmente dell’allaccio abusivo alla rete di distribuzione realizzato da terzi. (Cassazione penale sez. V, 30/04/2021, n.24592) Nel furto di energia elettrica sussiste l’aggravante in caso di utilizzo di un capo privato mediante l’allaccio diretto alla rete elettrica in spregio della presenza di un contatore regolare. (Tribunale Napoli sez. V, 20/04/2021, n.3413) Il furto di energia elettrica realizzato con l’apposizione di un magnete collocato all’esterno del contatore e idoneo ad alterare la registrazione dei consumi, è aggravato dal mezzo fraudolento (articolo 625, comma 1, numero 2, seconda ipotesi, del Cp), in quanto trattasi di condotta che si risolve in un espediente o malizioso accorgimento diretto a superare la naturale custodia e protezione della cosa. Non è invece ravvisabile l’aggravante della violenza sulle cose (articolo 625, comma 1, numero 2, prima ipotesi, del Cp), perché questa si realizza solo allorquando il soggetto, per commettere il fatto, “manometta” la cosa in modo che, per riportarla ad assolvere la sua naturale funzione, sia necessaria un’attività di ripristino: l’apposizione del magnete, infatti, non determina alcuna manomissione, ma si risolve in una semplice manipolazione, che non implica alcuna rottura, guasto, danneggiamento, trasformazione o mutamento di destinazione, per cui sia necessaria un’attività di ripristino. (Cassazione penale sez. V, 15/04/2021, n.19937 – Tribunale Torre Annunziata, 21/11/2018, n.2979) Integra il reato di furto di energia elettrica in danno del condomino la condotta attuata mediante il collegamento di un cavo elettrico ad una plafoniera condominiale che condotta nell’abitazione privata dell’imputato, non rilevando la circostanza che il bene oggetto di furto fosse sotto il controllo della p.o. In siffatta ipotesi è integrata anche l’aggravante di aver agito su beni esposti alla pubblica fede. (Tribunale Trieste, 25/03/2021, n.368) Creare degli allacci abusivi sulle linee del vicino di casa, mediante allaccio di fili e creazione di ponti artigianali, al fine di sfruttare le di lui forniture a proprio vantaggio, condotta riproposta più volte a seguito dell’intervento del legittimo proprietario per ripristinare la regolarità della situazione è una condotta atta ad integrare gli elementi oggettivi e soggettivi propri del furto aggravato di energia elettrica. (Tribunale Gorizia, 10/08/2020, n.206) Sussiste l’aggravante della violenza sulle cose nel furto di energia elettrica quando sia stato posto in essere mediante la manomissione dei fili, seppur marginale e ridotto. (Tribunale Taranto sez. I, 21/04/2020, n.182) In tema di furto, le circostanze aggravanti previste dall’art. 625, comma 1, n. 2, c.p., della violenza sulle cose e del mezzo fraudolento possono concorrere tra loro in ragione della diversa oggettività giuridica. (Cassazione penale sez. IV, 11/02/2020, n.8860) In tema di furto di energia elettrica, l’aggravante della violenza sulle cose – prevista dall’art. 625, primo comma, n. 2), cod. pen. – è configurabile anche quando l‘allacciamento abusivo alla rete di distribuzione venga materialmente compiuto da persona diversa dall’agente che si limiti a fare uso dell’allaccio altrui, trattandosi di circostanza di natura oggettiva, valutabile a carico dell’agente se conosciuta o ignorata per colpa, con la conseguenza che la distinzione tra l’autore della manomissione e il beneficiario dell’energia può rilevare, ai fini della configurabilità del reato o della circostanza aggravante, solo nel caso in cui incida sull’elemento soggettivo. (Cassazione penale sez. IV, 05/02/2020, n.5973) In tema di furto di energia elettrica, costituisce mezzo fraudolento e, pertanto, integra l’aggravante di cui all’art. 625, comma primo, n. 2 cod. pen., l’allacciamento abusivo alla rete esterna mediante un cavo volante per la sottrazione dell’energia elettrica. (Cassazione penale sez. V, 23/09/2019, n.5055) In materia di furto di energia elettrica, le sanzioni previste dall’art. 59 d.lg. 26 ottobre 1995, n. 504, hanno natura amministrativa ed assolvono ad un’autonoma funzione ripristinatoria del bene giuridico leso, da individuare nella sottrazione del consumo all’imposta, e non hanno finalità punitive, in quanto producono effetti sul soggetto obbligato all’adempimento fiscale, indipendentemente dall’essere o meno quest’ultimo l’autore dell’abusivo prelievo, sicché la loro irrogazione non comporta la violazione del principio del “ne bis in idem” convenzionale, come interpretato dalla Corte europea dei diritti dell’uomo Corte europea dei diritti dell’uomo, sez. II, 4 marzo 2014 n. 18640/10. (Cassazione penale sez. V, 06/06/2019, n.38717) In tema di furto di energia elettrica, lo stato di flagranza che consente l’arresto non presuppone che l’autore del furto sia sorpreso nell’atto di manomettere il contatore o di effettuare l’allacciamento abusivo, essendo sufficiente che la captazione di energia elettrica sia in corso e che la condotta integrante l’aggravante di cui all’art. 625, n. 2) c.p. sia stata preventivamente posta in essere per consentire l’impossessamento. (Cassazione penale sez. IV, 10/10/2019, n.43693) In tema di furto di energia elettrica, la realizzazione di un allaccio abusivo mediante collegamento diretto alla rete elettrica, da cui consegua la sottrazione di energia all’ente fornitore, comporta un necessario uso della violenza sulle cose, funzionalmente alla manomissione dell’impianto, così da integrare l’aggravante della violenza sulle cose (articolo 625, numero 2, del codice penale). (Cassazione penale sez. IV, 18/01/2019, n.18329) Nell’ordinamento processuale penale, pur non essendo previsto un onere probatorio a carico dell’imputato, modellato sui principi propri del processo civile, è tuttavia prospettabile un onere di allegazione, in virtù del quale lo stesso è tenuto a fornire le indicazioni e gli elementi necessari all’accertamento di fatti e circostanze ignoti che siano idonei, ove riscontrati, a volgere il giudizio in suo favore. (Nella specie la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza impugnata che, in relazione a una contestazione di furto di energia elettrica, aveva escluso la scriminante del consenso dell’avente diritto, non avendo l’imputato fornito specifiche indicazioni sull’identità del vicino di casa che, a suo dire, lo aveva autorizzato ad accedere al suo contatore). (Cassazione penale sez. IV, 12/12/2018, n.12099) Il termine di prescrizione del delitto di furto di energia elettrica decorre dall’ultima delle plurime captazioni di energia, che costituiscono i singoli atti di un’unica azione furtiva a consumazione prolungata. (Cassazione penale sez. IV, 15/11/2018, n.53456) In tema di furto di energia elettrica, il posizionamento di un magnete di forma cubica sopra il misuratore del consumo di energia, che alteri, rallentandolo, il conteggio dei kilowatt/ora effettivamente consumati, non richiama tanto l’aggravante della violenza sulle cose (che richiede un’ attività fisica del soggetto dotata di una sua materiale consistenza autonoma come lo smontaggio o il taglio di cavi, la rottura del misuratore, l’effrazione dei rivetti di chiusura, etc.), quanto quella del mezzo fraudolento, consistito nell’alterare, con uno stratagemma occultato ad arte dietro uno sportellino, il conteggio dell’energia erogata. (Tribunale Napoli sez. I, 02/11/2018, n.10293) Non sussiste il reato di furto di energia elettrica se, nonostante la manomissione del contatore, non vi sia stata alcuna sottrazione dell’energia elettrica risultando i consumi minori dei calcoli di ricostruzione dei consumi presuntivi. (Tribunale S.Maria Capua V. sez. III, 12/10/2018, n.4120) Il reato di furto di energia elettrica mediante allaccio diretto al contatore Enel di cui agli artt. 624 e 625, n. 2, c.p., ricade astrattamente nell’alveo normativo di un delitto con pena massima edittale di tre anni, pertanto il temine di prescrizione matura in sette anni e mezzo. (Tribunale Napoli sez. I, 07/11/2018, n.11136) Messaggi whatsapp e sms: prove documentali acquisibili in dibattimento mediante riproduzione fotografica a cura degli inquirenti Con sentenza n. 31364 del 14 aprile 2022, depositata il 22 agosto 2022, la sesta sezione penale della Corte di Cassazione ha ribadito il seguente principio di diritto: i messaggi whatsapp così come gli sms conservati nella memoria di un apparecchio cellulare hanno natura di documenti ai sensi dell’art. 234 c.p.p., di tal che la relativa attività acquisitiva non soggiace alle regole stabilite per la corrispondenza, né tantomeno alla disciplina delle intercettazioni telefoniche. Secondo il costante orientamento della giurisprudenza di legittimità, i messaggi whatsapp così come gli sms conservati nella memoria di un apparecchio cellulare hanno natura di documenti ai sensi dell’art. 234 c.p.p., di tal che la relativa attività acquisitiva non soggiace alle regole stabilite per la corrispondenza, né tantomeno alla disciplina delle intercettazioni telefoniche, con l’ulteriore conseguenza che detti testi devono ritenersi legittimamente acquisiti ed utilizzabili ai fini della decisione ove ottenuti mediante riproduzione fotografica a cura degli inquirenti (Cass. pen., sez. VI, 12 novembre 2019, n. 1822; nello stesso senso, Cass. pen., sez. III, 6 novembre 2019, n. 8332; Cass. pen., sez. III, 25 novembre 2015, n. 928). I dati informatici acquisiti dalla memoria del telefono in uso all’indagata (sms, messaggi whatsApp, messaggi di posta elettronica “scaricati” e/o conservati nella memoria dell’apparecchio cellulare) hanno natura di documenti ai sensi dell’art. 234 c.p.p., di tal che la relativa attività acquisitiva non soggiace né alle regole stabilite per la corrispondenza, né tantomeno alla disciplina delle intercettazioni telefoniche. Si ribadisce che ai messaggi WhatsApp e SMS rinvenuti in un telefono cellulare sottoposto a sequestro non sia applicabile la disciplina dettata dall’art. 254 c.p.p., in quanto tali testi non rientrano nel concetto di “corrispondenza”, la cui nozione implica un’attività di spedizione in corso o comunque avviata dal mittente mediante consegna a terzi per il recapito (Cass. pen., sez. III, 25 novembre 2015, n. 928). Né, d’altra parte, può ritenersi trattarsi degli esiti di un’attività di intercettazione, la quale postula, per sua natura, la captazione di un flusso di comunicazioni in corso, là dove i dati presenti sulla memoria del telefono acquisiti ex post costituiscono mera documentazione di detti flussi. Si deve pertanto affermare il principio di diritto secondo il quale i messaggi whatsapp così come gli sms conservati nella memoria di un apparecchio cellulare hanno natura di documenti ai sensi dell’art. 234 c.p.p., di tal che la relativa attività acquisitiva non soggiace alle regole stabilite per la corrispondenza, né tantomeno alla disciplina delle intercettazioni telefoniche, con l’ulteriore conseguenza che detti testi devono ritenersi legittimamente acquisiti ed utilizzabili ai fini della decisione ove ottenuti mediante riproduzione fotografica a cura degli inquirenti. In applicazione di tale principio di diritto, nella specie, i messaggi rinvenuti nella memoria del telefono cellulare dell’imputato risultano, pertanto, essere stati del tutto legittimamente acquisiti al processo e utilizzati ai fini della decisione, giusta la loro natura documentale ex art. 234 c.p.p. e la conseguente acquisibilità con una qualunque modalità atta alla raccolta del dato, inclusa la riproduzione fotografica

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